Cultura, il secondo pane

E se invece di lamentarci dei terribili effetti dell’incultura cominciassimo a nutrirci, e nutrire chi ci sta accanto, di cultura?
09 Settembre 2019 | di

C’è un’espressione, «l’uomo è ciò che mangia», tanto diffusa da diventare una piatta frase fatta da usare nei contesti più disparati, dal ristorante fino alla pubblicità di nuove diete, senza che ci si chieda da dove provenga la reale o presunta saggezza di queste parole. Vi risparmio la lunga e interessante storia di questo aforisma che compare per la prima volta nel 1862 in una recensione che il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach scrisse a proposito del Trattato dell’alimentazione per il popolo del medico e fisiologo olandese Jacob Moleschott. Posso ben capire che il grande pensatore tedesco si rivolterebbe nella tomba per essere ricordato soltanto per quell’espressione. Credo, invece, che possa star tranquillo: le innumerevoli volte che ripetiamo «l’uomo è ciò che mangia» lo facciamo di solito ignorando bellamente chi, per la prima volta, le scrisse.

Se qui ve ne parlo è perché ho tra le mani il fervido appello che la fondatrice e direttrice degli Amici della Scala, Anna Crespi, ha rivolto alla cultura italiana, verso la fine di giugnoL’antidoto contro l’imbarbarimento e l’ignoranza debordante consiste nel diffondere cultura ovunque, dai centri urbani alle periferie.

Se è vero che, come sostiene a ragione il compositore Giorgio Battistelli, «la cultura è un organismo vivente che dobbiamo nutrire tutti i santi giorni», è pur vero che di cultura dobbiamo imparare a nutrirci da quando veniamo al mondo, subito dopo che i bisogni fondamentali sono stati soddisfatti. Come dice un altro firmatario, il jazzista Paolo Fresu, non è vero che con la cultura non si mangia, perché il nutrimento che ci danno le arti e le scienze sono «un volano straordinario per l’economia». Il compositore Claudio Vacchi ricorda che il Mae­stro Claudio Abbado sosteneva che «la cultura non è spesa voluttuaria, ma è un investimento a lungo termine. La cultura crea ricchezza».

E allora ecco che l’espressione «l’uomo è ciò che mangia» si trasforma da luogo comune in un fertile invito a non «vivere come bruti».

Quando Gesù (Matteo, 4,4 e Luca, 4,4) diceva «non di solo pane vivrà l’uomo», sapeva bene che senza il pane, inteso come alimento, non c’è spazio per la cultura, ma una volta risolto l’obiettivo della sopravvivenza c’è necessità di vivere, cioè di realizzare la nostra umanità, nutrendoci del «secondo pane» che è appunto la cultura.

La ricerca del senso della nostra vita, la curiosità, la scoperta, lo studio, la sperimentazione, la riflessione, l’immaginazione, lo stupore, lo sviluppo morale, spirituale, estetico, rendono l’esistenza fertile e degna di essere vissuta.

Non limitiamoci a lamentarci dei terribili effetti che l’incultura provoca in noi e nelle nostre relazioni con i nostri simili e con la natura. Cominciamo noi a nutrirci bene e a condividere il «secondo pane» con chi ci sta attorno.

 

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Data di aggiornamento: 09 Settembre 2019
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