Depressione: malattia curabile Fuori dal buio

03 Novembre 1999 | di

Per lustri ritenuta un male oscuro, stigmatizzata come debolezza di carattere e mancanza di volontà , oggi la scienza ne ha svelato il vero volto: la depressione è una malattia del cervello, con importanti cause genetiche e biochimiche, che può colpire chiunque. La buona novella è che si tratta di un male curabile.

 «Quando diventa fatica di vivere, il dolore s'impossessa di ogni tua cellula, ti entra nella testa, divora i tuoi giorni e le tue notti. Il tempo scorre lento, nulla più ti interessa, il mondo è piatto, sei sull'orlo di un abisso». Francesca, 24 anni, studentessa di lettere, «due anni dall'alba», come dice lei. Proprio due anni fa, dopo mesi di depressione profonda, il medico di base la convinse a rivolgersi a uno specialista. «Non fu facile - racconta - . I miei consideravano la cosa come un tabù, 'in fondo non sei mica malata, non ti manca niente', diceva papà . Sono sicura che era in buona fede, ma la mia solitudine era infinita. I miei si comportavano come se io non avessi nulla. Poi vedevo gli occhi di mia madre, terrorizzati al pensiero che la sua unica bambina si fermasse così, per oscure ragioni. E mi sentivo in colpa per la mia debolezza, per quanto stavo facendo soffrire i miei, per gli esami che non riuscivo a dare, per il mio futuro che sembrava votato al fallimento. Spossata, chiusa, immobile. Una morta vivente». Francesca si tormentava, si chiedeva come avrebbe potuto sopravvivere con un nemico così subdolo, che non poteva vedere e toccare. E poi sarebbe tornata quella che era? E intanto non mangiava, non dormiva, non usciva, non parlava. In gabbia. «Persino la morte, di cui pure avevo una grande paura - confessa - sembrava meno atroce».
E i familiari non sanno che fare
Francesca, le altre e gli altri. Un esercito, quello dei depressi, che tra le reclute ha più donne (due volte in più degli uomini), ma arruola anche il «sesso forte», più restio, in verità , ad ammettere una tale «debolezza». Forse, dunque, lo scarto tra i due sessi non è quello che sembra. Stando ai dati, il 20 per cento degli italiani, almeno una volta nella vita, ha sofferto di depressione, ma solo il 25 per cento dei malati - perché di malattia si tratta - riceve diagnosi e cure adeguate. La notte dell'anima, ancora stigmatizzata dalla società  dell'efficienza, cade sulle famiglie come una doccia fredda. Da un giorno all'altro cambia il comportamento di uno dei loro cari e i congiunti non sanno che fare: «Ci sono madri - spiega Fiorenza Berto, medico chirurgo, psicologa e psicoterapeuta - che si disinteressano dei loro figli, coppie che si spaccano perché uno dei coniugi sembra non provare più alcun tipo di sentimento o di interesse per l'altro, professionisti incapaci di lavorare».
E non è tutto. La depressione, un tempo malattia della vecchiaia, avanza nelle nuove generazioni. Colpisce dal 7 al 14 per cento sotto i 15 anni. Per i genitori è un dramma. La mancanza di informazione fa il resto. Cosa sta succedendo? «Io credo che l'aumento dei casi sia dovuto alla maggiore capacità  di diagnosticare la malattia e all'aumento delle conoscenze che oggi fanno risalire all'infanzia o alla prima adolescenza i primi sintomi, un tempo ignorati», afferma Fabrizio Schifano, farmacologo e psichiatra. Anna, operatrice al telefono dell'associazione Idea, Istituto per la ricerca e la prevenzione della depressione e dell'ansia, di casi ne ha sentiti molti e suggerisce un'altra spiegazione: «Sono convinta che lo stress abbia un ruolo fondamentale nell'aumento dei casi. Oggi le famiglie non hanno più tempo per nulla, hanno perso la dimensione dello stare insieme e del gioco. Noi genitori (e in quel 'noi' traspare un accenno autobiografico) scandiamo la vita dei nostri figli con una serie di obblighi e appuntamenti. Si è perso il lato 'leggero', piacevole dell'esistenza. Siamo macchine per la produzione».
Non si può negare che l'ansia da prestazione e lo stress siano spesso fattori scatenanti: «Io ero la classica segretaria tuttofare - racconta Mara, 45 anni - , quella onnipresente che, all'occorrenza, lavora anche 10-12 ore al giorno. Perfetta in casa e fuori casa. Poi venne Giulio, mio figlio. Iniziarono i salti mortali per coniugare il ruolo di mamma con l'immagine di efficienza sul lavoro. Non esistevo che in funzione degli altri. Il mio disagio diventò notte e nulla».
Anche nella pratica psicoterapica, i fattori ambientali, cioè lo stress, la morte di un familiare, il licenziamento o altre gravi perdite sono una costante nel racconto dei pazienti: «Viviamo una vita troppo lontana dai ritmi naturali - riferisce Berto - a cui il nostro corpo fatica ad abituarsi. Una vita sempre più spesso senza figure e valori di riferimento sia familiari, sia ideologici».
È anche una malattia del corpo
Il fattore ambientale da solo non spiega altre stranezze del pianeta depressione: «Normalmente si ritiene che la depressione sia solo la conseguenza di un problema - puntualizza Schifano, lo psichiatra - , invece la malattia può sopraggiungere anche dopo un evento favorevole, una laurea, un lavoro nuovo, o addirittura senza alcun evento». Recenti ricerche rivalutano il ruolo della componente organica: «La depressione attraversa le famiglie - continua - . Studi sugli Amish, comunità  isolate che vivono negli Stati Uniti, dimostrano che i casi di depressione e suicidio ricorrono negli stessi ceppi familiari, confermando l'ipotesi che la depressione abbia anche una radice genetica. Ipotesi già  provata in medicina per altre malattie come il diabete o le malattie cardiovascolari. Insomma, il corpo umano non è perfetto; nel carico genetico di ognuno di noi ci sono almeno 3 o 4 problemi di tipo recessivo che potrebbero affiorare nel corso della nostra vita: la depressione potrebbe essere uno di questi».
A riprova che di malattia si tratta, c'è un'altra evidenza scientifica. Gli studi condotti dimostrano, infatti, che nel cervello dei depressi c'è un cattivo funzionamento di alcuni neurotrasmettitori (serotonina e noradrenalina soprattutto), molecole che regolano il tono dell'umore. Non si sa che cosa provochi l'alterazione, di fatto l'uso di farmaci che ristabiliscono i livelli normali di queste sostanze azzerano o riducono i sintomi depressivi.
Di depressione si guarisce
Insomma, la depressione non è solo un'impalpabile bestia nera che sceglie le sue vittime per oscure ragioni, è anche e soprattutto una malattia del cervello, con tanto di ragioni organiche. Non più appannaggio degli sfortunati e dei deboli, ma possibile compagna di tutti. La buona novella non è tanto il democratico colpire del male oscuro, quanto il fatto che la depressione è curabile. «Si guarisce nel 75 per cento dei casi al primo tentativo di cura e nel 90-95 per cento nei tentativi seguenti», conferma Schifano, malcelando la soddisfazione del medico che ha assistito già  a molti «risvegli».
L'importante è arrivare al più presto a una diagnosi corretta, che solo uno specialista può fare, e poi seguire la terapia con scrupolo. Temporeggiare vuol dire prolungare per mesi la sofferenza o addirittura cronicizzarla o peggiorarla. In questo la famiglia ha un ruolo determinante. «È inutile ignorare i sintomi o trovare sempre nuove scuse al disagio del proprio congiunto - avverte la psicoterapeuta Berto - . L'ascolto e la comprensione senza pregiudizi sono il primo passo verso la terapia. Al contrario, la tendenza a colpevolizzare l'ammalato, a ricordargli che non c'è alcun valido motivo che giustifichi il suo stato, peggiora la malattia. La depressione non è debolezza di carattere, né dipende dalla volontà . Anzi, non c'è malato che non vorrebbe guarirne. Chiederemmo a un paraplegico di alzarsi e camminare o a uno che ha il colesterolo alto di abbassarlo con la volontà ?».
Rivolgetevi allo specialista
Ma nonostante quanto oggi si sa sulla depressione, rivolgersi a uno specialista per curare una malattia dell'«anima» piuttosto che del corpo, per molti è ancora un tabù. «C'è la paura dello stigma sociale - spiega Anna - . C'è chi teme di perdere il lavoro, di non trovarlo o semplicemente di essere giudicato. Ci sono ragazzi che approdano dallo specialista dopo 5 o 6 anni di sofferenza». C'è in più una confusione sul tipo di cura: meglio lo psicoterapeuta o lo psichiatra? «L'uomo non è né solo biologia né solo psicologia - spiega Schifano - . Il farmaco è fondamentale, ma non può essere buttato nel vuoto. C'è prima l'ascolto. Il malato ha bisogno di raccontare quello che gli sta succedendo e lo specialista, a sua volta, ha bisogno di conoscerlo per stabilire una cura. Farmaco e psicoterapia quindi non si eliminano a vicenda, ma si completano. Il farmaco ristabilisce nel giro di 2-4 settimane l'equilibrio biochimico del cervello, togliendo il malessere, la psicoterapia dà  supporto e aiuta a rimuovere le cause. Una terapia in media dura 4-6 e più mesi dopo l'inizio dei miglioramenti».
A dissuadere famiglie e ammalati dal rivolgersi a uno specialista è spesso una radicata diffidenza verso i farmaci, si temono gli effetti collaterali e l'assuefazione. «I primi antidepressivi, i triciclici, tuttora in commercio - spiega ancora Schifano - hanno un costo basso e molti effetti collaterali. Da 10 anni a questa parte la farmacologia della depressione si è dotata di farmaci più efficaci, con un'accettabile quantità  di effetti collaterali. L'unico neo è che sono molto più costosi (da 350 mila lire in su al mese), quindi non alla portata di tutti. Fortunatamente, e la novità  è degli ultimi mesi, il servizio sanitario nazionale prevede l'uso di questi farmaci con il solo pagamento del ticket in caso ci siano patologie che rendano controindicato l'uso dei triciclici. Per quanto riguarda l'assuefazione, il fenomeno non si verifica con gli antidepressivi, ma con le benzodiazepine, i farmaci usati contro l'ansia. Il problema, dunque, per la depressione non esiste».
Familiari coterapeuti
Nel processo di cura la funzione della famiglia è importante. I depressi faticano a prendere decisioni e a risolvere i problemi. Non ne hanno la forza. Il consiglio del familiare è prezioso per spronarli a curarsi. Anzi spesso i familiari diventano coterapeuti collaborando con lo specialista, assistono con discrezione il congiunto, dosano i medicinali, prendono in seria considerazione i propositi di suicidio. In più sono un insostituibile supporto morale: «È necessario credere nella guarigione e trasmettere al malato questa fiducia - consiglia Berto - . Stimolarlo a riprendere attività  e contatti col mondo esterno senza insistere e, soprattutto, senza sostituirsi a lui nel fare le cose; rispettare i suoi ritmi di guarigione ed essere sempre sinceri e diretti nel rapporto. Se non si trovano le parole giuste è meglio tacere e limitarsi alla vicinanza fisica».
La depressione altera le relazioni familiari e in particolare incide sui bambini: I figli, specie se piccoli, si sentono rifiutati e non capiscono tale rifiuto. «Bisogna spiegare loro - aggiunge Berto - che si tratta di una malattia e che appena il genitore guarirà  tornerà  a dimostrare l'affetto di prima. Lo stesso sforzo di comprensione deve essere fatto dal coniuge del depresso, rafforzando la consapevolezza che l'atteggiamento del marito o della moglie è falsato dalla malattia».
Stare vicino a un depresso non è cosa semplice. Può essere frustrante e irritante: il depresso è lento a reagire, può essere logorroico o chiudersi nel mutismo; è bene prendersi degli spazi per sé, non annullarsi nella malattia dell'altro, tantomeno assumersi le responsabilità  di quanto sta succedendo, cosa assai frequente tra i familiari: «Di certo - continua la psicoterapeuta - non ci sentiremmo in colpa se un nostro congiunto avesse un cancro o una broncopolmonite. Anzi in questi casi tendiamo a farci forza, pensando che la nostra vicinanza può aiutarlo a guarire».
Ma non è solo buio
Insomma depressione, male meno oscuro, male guaribile, ma pur sempre male che annebbia l'esistenza, sconquassa i rapporti, scuote, prostra, interroga. Non si può negare la sua cifra esistenziale. E come spesso accade, ciò che ferisce a morte può anche far risorgere. Confessa Giorgio, 50 anni, imprenditore: «Ne avrei tranquillamente fatto a meno. Pensavo 'perché proprio a me?'. Solo dopo, nel tempo, ho capito che anche la depressione faceva parte della mia storia personale, mi aveva chiuso gli occhi per aprirmene altri. Quando sono uscito alla luce, ho capito ... mi sono stretto agli affetti, mi cercavo spazi di riposo e di riflessione, mi sforzavo di relativizzare i problemi, di godermi quello che avevo. Forse è la sindrome dello scampato? Non lo so. A volte penso che mi abbia reso più debole, a volte, invece, che mi abbia reso più consapevole del mio limite e aperto a nuove possibilità  di essere».

 

   
   
Un'Idea per uscire dal tunnel      

La fondazione Idea, Istituto per la ricerca e la prevenzione della depressione e dell'ansia, ente non-profit, nato nel 1993, è un punto di riferimento per chi soffre, per i familiari e per l'opinione pubblica. A disposizione dei malati e delle famiglie, la fondazione offre «Idea risponde», un servizio di informazione e solidarietà , tenuto da volontari specializzati, dove si può ricevere ascolto e conforto, ma anche indirizzi e indicazioni utili, controllate da un comitato scientifico.

I numeri telefonici sono: 02/654126 e 02/654132.     

Internet: http://web.tin.it/idea

 

   
   
S ei depresso? Ecco come saperlo      

Se da settimane soffrite tutti o di alcuni di questi sintomi e avete il sospetto che non si tratti di una semplice malinconia, ma di una grave spossatezza psicofisica che       compromette il lavoro e i rapporti sociali, rivolgetevi a un medico. CAMBIA LA PERCEZIONE DELLA REALTà€     

Non si fanno più volentieri le normali attività  della vita, non si prova alcun piacere e interesse, diminuisce il desiderio sessuale, la vita è senza speranza, senza sentimenti, tutto sembra inutile, la tristezza è pesante, il pianto non consola.

CADE LA STIMA DI Sà‰     

Ci si sente fuori dalla realtà , insicuri e inutili. Non si è capaci di decidere. Cala la considerazione di sé, incombe il senso di colpa. Si hanno idee di morte o di suicidio.

CAMBIANO I COMPORTAMENTI     

Tutto diventa faticoso e insormontabile e, soprattutto, noioso. Si è apatici, ci si trascura nell'aspetto, si tralasciano le responsabilità . Si ha difficoltà  a concentrarsi e a memorizzare. Il pensiero, la parola e i movimenti si rallentano. In altri casi, invece, c'è un'iperagitazione, non si riesce a star fermi e seduti.

COMPAIONO DISTURBI NEUROVEGETATIVI Cala l'appetito o aumenta a dismisura. Insorge l'insonnia o, al contrario, si dorme troppo. Compaiono disturbi psicosomatici: mal di       testa, di stomaco, di schiena, nausea...

 

   
   
D EPRESSIONE ON LINE      

I siti sulla depressione sono molti e non tutti verificabili. L'interesse per questa materia sulla rete è u'ulteriore dimostrazione che c'è una spinta dal basso per saperne di più e per venirne fuori. Ecco alcuni siti visitati per voi.      

È il sito del Sip, Società  italiana di psichiatria, associazione che riunisce i maggiori psichiatri italiani. Un sito completo, che va dalla spiegazione dei sintomi alle nuove terapie, dai centri di cura fino alle associazioni che si occupano della malattia. Una nota particolare meritano due servizi offerti dal sito sotto la voce «Parliamone» dell'home page. Il primo è un forum interattivo , attraverso il quale è possibile scambiarsi informazioni e opinioni. Nota di merito è che non verranno pubblicati quei messaggi contenenti riferimenti a prodotti e aziende farmaceutiche. Il secondo è un vero e       proprio servizio di aiuto psichiatrico dal titolo « Lo specialista  risponde »: compilando un questionario si possono richiedere consigli e informazioni a uno psichiatra, ricevendo una risposta privata sul proprio e-mail.      

È il sito del Pensiero scientifico editore, casa editrice che conta più di 50 anni, specializzata in testi professionali e divulgativi sulla medicina. Di particolare interesse è il titolo «Domande & risposte» dell'home page, clikando il quale appare una serie di       patologie fisiche e psichiche più comuni, trattate sotto forma di domande poste a uno specialista. Ovviamente, è anche una forma di pubblicità  perché su ogni tematica è presentato anche il libro da cui sono tratte le risposte. Tuttavia queste ultime sono date con   professionalità .

 

   
   
DA LEGGERE      

Dopo sei anni dalla pubblicazione del libro E liberaci dal male oscuro ( Ed. Longanesi), che ha fatto uscire dall'isolamento migliaia di depressi, l'autrice, Serena Zoli, sente di       dover dare ulteriori risposte alle tante richieste dei lettori.
Nasce con queste premesse, Storie di ordinaria Resurrezione (Ed. Rizzoli, lire 32.000), un libro che parla sì di depressione, ma non solo: passa in rassegna altre patologie, poco conosciute, ma molto diffuse come la schizofrenia, l'attacco di panico, la fobia sociale... compendiando il tutto con interventi di specialisti.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017