Dov'era Dio il 26 dicembre?
Faremo fatica a cancellare dalla memoria le immagini terribili di distruzione e di morte provocate da quella onda anomala che ha colpito rovinosamente le splendide coste del Golfo del Bengala, alcune bellissime, diventate negli ultimi tempi paradisi per vacanzieri di tutto il mondo. Case sventrate, persone a migliaia travolte dall'acqua. E gli scampati a guardare, impietriti dall'orrore e dall'angoscia, la fine di tutto quanto avevano. E i bambini. Tanti bambini che in pochi minuti hanno perso ogni affetto, ogni sostegno.
Le televisioni di tutto il mondo hanno giustamente dedicato tutto lo spazio possibile a una tragedia inattesa, immane nelle proporzioni e i cui effetti potremo valutare pienamente solo fra qualche anno. Telecamere impegnate a trasmettere immagini per informare, per documentare, per dare notizie a quanti, tra gli occidentali, avevano laggiù persone care che stavano trascorrendo le vacanze in quei paradisi diventati d'incanto inferno.
Succedeva tutto questo il giorno dopo Natale, quando stavamo facendo memoria della nascita di Gesù, la manifestazione più grande dell'amore di Dio per l'uomo. È venuto spontaneo a molti, vedendo tanto orrore, porsi l'eterna domanda di fronte a tragedie come quelle consumatesi nei campi di sterminio di Auschwitz, Birkenau, Dachau, Treblinka... Dov'era Dio? Dov'era, mentre con rara disumanità i nazisti finivano nei forni crematori, dopo averli sottoposti a inaudite sofferenze e umiliazioni, milioni di persone, ebrei anzitutto. Se Dio c'è e ci è Padre, perché non è intervenuto a impedire un tale odioso eccidio? E oggi: dov'era Dio mentre quell'onda anomala, sollevata da un gigantesco scotimento della terra, troncava vite umane, di bambini, soprattutto, che spesso rappresentano l'aspetto più dolente e inquietante di ogni tragedia? Allora qualcuno, rifacendosi agli interrogativi di Giobbe, rispose, ma ponendo un'altra domanda: Dov'era Dio? Dio era lì, in quella tragedia. Ma dove era l'uomo? Perché, nel caso della Shoà , come in altri, può essere un alibi facile addossare a Dio ciò che è solo responsabilità dell'uomo, che ha fatto un pessimo uso dell'intelligenza e della libertà che Dio gli ha concesso perché le usasse per realizzare un mondo segnato dalla fraternità , dalla concordia, dall'amore e non per seminare odio e morte.
Più difficile e complessa la risposta alla domanda di questi giorni, ma non impossibile. Giovanni Paolo II, interrogandosi lui stesso, così conclude una sua articolata riflessione (Il pianto degli innocenti): La risposta cristiana all'eterno interrogativo del dolore (soprattutto di quello innocente) è la fede silenziosa e adorante, fondata sulla certezza che Dio è Amore, che Dio è Padre e Madre degli uomini, e tutto quello che Egli compie ha come scopo finale la salvezza e la gioia dell'umanità e di ogni singola creatura. L'Amore di Dio è infinitamente più grande del male del mondo. È questa una delle verità più consolanti della fede cristiana. Assieme alla certezza che Dio sa ricavare dal male un bene maggiore. Lo abbiamo visto. Quella tragedia ha anche messo in moto un'ondata mondiale di solidarietà senza precedenti in aiuto a quell'area del mondo così disastrata. E anche una nuova corrente di fratellanza tra gente di religioni diverse che in quelle terre è divisa da rancori, odi e lotte fratricide. Indù, buddisti, musulmani e cristiani in India, Tailandia e Indonesia, hanno deciso di soccorrere insieme la loro gente senza badare a distinzioni di fede e di caste. Sono gesti che ci hanno fatto intravedere l'avvio di una ben promettetente solidarietà globale, possibile punto di partenza per un lento processo di guarigione dai mali e dalle ferite che segnano la terra; l'inizio di una nuova epoca.