Due Cappelle alla destra del Santo

A pochi metri dalla Basilica, sul lato destro del sagrato, si ergono due edifici che – un po’ per la loro storia, un po’ per la maestria degli artisti (su tutti Altichiero e Tiziano) che li decorarono – vale la pena riscoprire.
10 Gennaio 2016

Allineate lungo il lato destro del sagrato, minuscole rispetto alla Basilica che incombe su di esse con l’imponenza delle sue cupole e gli aerei slanci dei campanili, ecco due cappelle – l’Oratorio di San Giorgio e la Scoletta – sulle cui pareti splendono capolavori di pittura, che sarebbe un peccato ignorare. Ve le raccontiamo per invogliarvi a una, anche rapida, sosta.

Un Oratorio per san Giorgio Iniziamo dall’Oratorio di San Giorgio, un elegante edificio fatto edificare dal marchese Raimondo Lupi di Soragna come cappella funeraria per la propria famiglia. Già completato nella struttura muraria nel 1377, l’Oratorio fu portato a compimento da Bonifacio Lupi, che affidò ad Altichiero da Zevio il compito di affrescarne le pareti ancora odorose di calce. Altichiero, tra i massimi pittori della seconda metà del Trecento, coadiuvato da una schiera di allievi, tra cui il bravissimo Jacopo d’Avanzo, aveva da poco splendidamente dipinto sulle pareti e le volte di una cappella della Basilica una grandiosa e drammatica crocifissione ed episodi della vita dell’apostolo Giacomo, tratti dalla Legenda aurea di Jacopo da Varazze. Nella cappella funeraria dei marchesi di Soragna Altichiero lavorò all’altezza della sua fama e nel 1384 Bonifacio gli consegnava, soddisfatto, quanto pattuito per la realizzazione dell’opera. «La meravigliosa decorazione di questo tempietto – scriveva lo storico padovano Michele Savonarola nel 1445 – diletta talmente lo sguardo che i visitatori, una volta entrati, non ne vorrebbero più uscire».

Gli affreschi conservano quasi intatto l’antico fascino, nonostante le ferite a essi inferte dal tempo, dall’incuria e dalla stupidità degli uomini. Si pensi che le truppe di Napoleone, occupata Padova, destinarono l’Oratorio a carcere militare. Alla loro partenza, esso apparve ai frati del Santo in tale stato di degrado da convincerli ad abbandonarlo al suo destino. «Irrecuperabile!» avevano sentenziato. Non la pensava così un appassionato cultore d’arte tedesco, Ernest Förster, che nel 1837 provvedeva a un diligente e rispettoso restauro, riuscendo a ridonare agli affreschi di Altichiero e all’Oratorio gran parte del loro originario splendore.

Che cosa (nell’edificio) incantava i contemporanei dello storico Savonarola e, oggi, non lascia noi stessi indifferenti? Anzitutto, la Crocifissione affrescata sulla parete centrale: Gesù è inchiodato su un’altissima croce, che si staglia, con quelle dei due ladroni, su un cielo blu popolato di angioletti svolazzanti; ai piedi della croce, affrante pie donne sorreggono la Madre del Crocifisso, accasciata per il dolore, tra una folla di cavalieri e di curiosi nei cui sguardi pare di leggere sgomento e incredulità per quanto avvenuto. Nell’arcata sovrastante, colpisce una splendida Incoronazione di Maria, che si svolge in una cornice di angeli e santi. Sulle pareti laterali, ispirandosi sempre alla Legenda aurea, Altichiero ha raccontato episodi della vita dei santi protettori della famiglia committente: Giorgio, Lucia e Caterina d’Alessandria.

Sulla parete sinistra si snoda l’avventurosa vita di san Giorgio: l’intrepido cavaliere infilza un fiammeggiante drago, terrore di una città della Cappadocia. Diventato apostolo del Vangelo, il cavaliere incappa nelle misure persecutorie dell’imperatore Diocleziano, che lo fa decapitare. Una curiosità: alle spalle di san Giorgio che battezza re Servio, Altichiero ha ritratto Francesco Petrarca, il grande poeta, ospite e amico di Jacopo II da Carrara, signore di Padova. Altichiero ritrae il Petrarca anche nella scena dei funerali di santa Lucia e, in Basilica, nella Cappella di San Giacomo, nel riquadro che rappresenta il Consiglio della corona del re Ramiro. Ma torniamo all’Oratorio di San Giorgio.

Nella fascia superiore della parete opposta, quattro quadri narrano di Caterina d’Alessandria, versata in filosofia, che controbatte le obiezioni dei saggi suoi pari, riuscendo a convertirli al cristianesimo. Caterina, sottoposta a vari supplizi, tra cui quello della ruota, finisce decapitata, martire della fede in Cristo. Nella fascia sottostante scorrono gli ultimi giorni della vita di santa Lucia che, sottoposta a ogni tormento, si spegne pugnalata da uno scherano. Nella controfacciata, infine, Altichiero illustra l’infanzia di Gesù, uomo-Dio sulle strade degli uomini. In successione si ammira l’annuncio dell’angelo a Maria, il neo­nato Salvatore, adorato dai Magi e dai pastori, poi costretto a fuggire in Egitto e, infine, la sua presentazione al tempio.

Tiziano e la Scoletta A fianco dell’Oratorio di San Giorgio, ecco la Scoletta, un edificio composto da due ambienti sovrapposti. Quello al pianterreno, destinato alle celebrazioni liturgiche, è stato costruito a metà del XV secolo; quello superiore, invece, agli inizi del secolo successivo, è costituito da un’ampia sala per le adunanze dell’Arciconfraternita di sant’Antonio. Sulle pareti della sala priorale scorrono diciotto dipinti, nei quali, nei primi anni del Cinquecento, alcuni artisti hanno raccontato episodi della vita di sant’Antonio e i più noti miracoli da lui compiuti. Tra queste opere spiccano, per bellezza e vivacità di colori, tre affreschi di Tiziano Vecellio. In uno il pittore cadorino raffigura un marito geloso che pugnala la moglie e che poi, pentito, va dal Santo a impetrare l’aiuto e la misericordia di Dio. In un altro, protagonista è un marito turbato dal sospetto che non sia suo il bimbo che la moglie ha appena dato alla luce. Ma il neo­nato, invitato dal Santo, parla e racconta la verità.

Nel terzo affresco la scena si sviluppa attorno a un giovane che, reo di aver assestato un calcio alla propria madre, prende sul serio l’ammonimento del Santo confessore (il piede che percuote un genitore meriterebbe di essere tagliato!) tanto da recidersi l’arto incriminato. Ci penserà frate Antonio a riattaccarglielo, compiendo il cosiddetto «miracolo del piede».  

ZOOM Francesco Petrarca al Santo

  «Vergine bella, che di sol vestita, / coronata di stelle, al sommo Sole / piacesti sì, che ’n te Sua luce ascose, / amor mi spinge a dir di te parole…». Inizia così la Canzone alla Vergine con cui Francesco Petrarca (1304-1374) conclude il suo Canzoniere. Del poeta, nato ad Arezzo da genitori fiorentini, amico di Dante Alighieri, di cui subì la medesima sorte (cioè l’esilio), si conservano nel complesso basilicale tre ritratti dipinti da Altichiero da Zevio: due nell’Oratorio di San Giorgio e uno nella Cappella di San Giacomo, nel Santuario. Altichiero attualizza le vicende che narra inserendo nella scena protagonisti della vita politica e culturale del suo tempo. E il Petrarca, giunto a Padova dopo un lungo soggiorno ad Avignone, in Provenza, è uno di questi. Entrando nell’Oratorio padovano di San Giorgio, il visitatore è subito attratto, oltre che dall’affresco che ritrae la Crocifissione, dalla scena dell’Incoronazione della Vergine, verso la quale lo sguardo – che si fa preghiera – teneramente si innalza. Ammirando l’opera di Altichiero vengono alla mente le parole della canzone petrarchesca, che descrivono il conflitto esistenziale tra vita mondana ed elevazione spirituale. Nella Padova del XIV secolo (dominata dai Carraresi, che le diedero lustro ospitando personalità di spicco nel panorama culturale) Francesco Petrarca fu un personaggio influente. Del poeta aretino, che in gioventù aveva ricevuto gli ordini minori per essere poi annoverato tra i canonici del Duomo, si ricorda la presenza nella Basilica di Sant’Antonio in occasione della definitiva traslazione del corpo del Santo nell’attuale Cappella dell’Arca (officiata dall’allora legato papale, il cardinale Guido de Boulogne, il 15 febbraio 1350).

Anima nobile ma inquieta, il Petrarca esprime tutto il suo travaglio interiore in un’altra strofa della Canzone alla Vergine: «Vergine, quante lagrime ò già sparte, / quante lusinghe et quanti preghi indarno, / pur per mia pena et per mio grave danno! / Da poi ch’i’ nacqui in su la riva d’Arno, / cercando or questa et or quel’altra parte, / non è stata mia vita altro ch’affanno. / Mortal bellezza, atti et parole m’ànno / tutta ingombrata l’alma». Luci e ombre, contraddizioni e dissidi della Padova trecentesca emergono dai versi del Petrarca come anche dalla storia dei Carraresi, la cui ascesa fu spesso intrisa di sangue. Basti pensare a Jacopo II, diventato signore della città con un delitto e a sua volta assassinato da un nipote. Questo fatto colpì profondamente il Petrarca, legato al mecenate da una profonda amicizia. «La Fortuna, dopo aver mietuto intorno a me tanti amici e avermi privato di tanti conforti, mi ha rapito con improvvisa, orribile e veramente indegna morte il migliore, il più caro, il più dolce sostegno e decoro dei miei giorni» scriveva il poeta aretino in una lettera all’amico Giovanni Boccaccio.

Uscendo dall’Oratorio di San Giorgio, nella controfacciata incantano i «Misteri gaudiosi» narrati da Altichiero e oggetto di particolare contemplazione nel tempo natalizio. Qui lo sguardo è ancora attratto dalla Vergine glorificata, che riassume ogni «storia», sacra e profana, raccontata da Altichiero, e che il Petrarca prega così: «Vergine chiara et stabile in eterno, / di questo tempestoso mare stella… / Il dì s’appressa, et non pote esser lunge, / sì corre il tempo et vola, / Vergine unicaet sola, / e ’l cor or coscïentia or morte punge. / Raccomandami al tuo figliuol, verace / homo et verace Dio, / ch’accolga ’l mio spirto ultimo in pace».  

NOTIZIEIn Basilica

  • Venerdì 1 gennaio (Solennità di Maria Santissima Madre di Dio) alle ore 17.00: Santa Messa solenne animata dalla Cappella Musicale Antoniana. Al termine, canto del Veni Creator Spiritus per l’inizio del nuovo anno.
  • Mercoledì 6 gennaio (Epifania del Signore) alle ore 11.00 e 17.00: Sante Messe animate dalla Cappella Musicale Antoniana. Ore 14.30: arrivo dei Magi in Basilica e benedizione dei bambini.
  • Dal 18 al 25 gennaio, ore 17.00: Santa Messa e preghiera per l’unità dei cristiani.
  • Domenica 7 febbraio (Giornata per la Vita) alle ore 11.00: Santa Messa e benedizione dei fidanzati, delle coppie che desiderano avere figli e di quelle già in attesa.
  • Giovedì 11 febbraio, in occasione della Giornata mondiale del malato, sarà possibile seguire in streaming la Santa Messa delle ore 8.15 collegandosi al sito www.santantonio.org.Durante la celebrazione verranno portate alla Tomba del Santo le preghiere inviate dagli associati al «Messaggero di sant’Antonio».

Info: www.basilicadelsanto.org  

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017

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