Giovani e religione: credo come papà

14 Marzo 2001 | di
   
   
Q    uesto mese, la domanda di Alessandra ci induce a dare uno sguardo disincantato a due nodi cruciali della realtà  giovanile: il r  apporto con la religione e il bisogno di avere adulti che sappiano essere testimoni di vita.   Viene in aiuto una ricerca del sociologo Mario Pollo ( L' esperienza religiosa dei giovani  , Elle Di Ci, 1996), che non è recentissima ma è tra le più documentate sul tema.
                  Il 90,2 per cento dei giovani intervistati tra i 15 e i 26 anni dice di credere in Dio; solo 8,9 per cento si dichiara non credente. Tuttavia il 37,6 per cento dei giovani afferma di avere un rapporto personale con Dio che non sfocia in una pratica religiosa condivisa con altri. A che cosa è dovuta questa riduzione della fede a fatto personale? Circa un terzo dei giovani esprime accuse o lamentele nei confronti della Chiesa e dei religiosi. Nelle maggior parte dei casi, le critiche si basano più sul sentito dire che su esperienze personali. Altre volte, invece, l' esperienza personale è decisiva: una comunità  ecclesiale sentita come incoerente o un religioso che non ha saputo accogliere il giovane o ha tradito ciò che doveva testimoniare.
        Non solo le istituzioni religiose ma anche la famiglia e le relazioni sociali giocano un ruolo fondamentale. Lo stesso studio sottolinea che la famiglia più che trasmettere i contenuti della fede ha stimolato i figli alla pratica religiosa, delegando l' educazione all' istituzione ecclesiale, la quale non sempre risponde ai bisogni personali e di socializzazione dei giovani.
     Un altro sociologo, Enzo Pace, allarga la prospettiva dicendo che oggi si è spesso cattolici «senza» Chiesa ma non contro la Chiesa. Nel senso che ormai da tempo si è creata una divaricazione crescente tra una       generica appartenenza al cattolicesimo e l' identificazione piena e vitale alla Chiesa. Concezione che è stata trasmessa alle nuove generazioni. «I giovani della fascia di età  18-29 anni - scrive Pace ne La generazione       invisibile     , ed. Sole 24 ore, - hanno respirato un po' in famiglia e molto nelle parrocchie l' aria dello spirito religioso', salvo poi porre una relativa distanza fra quanto appreso religiosamente e le scelte di vita successive».
            Ma Pace allarga ulteriormente l' analisi alla società  tutta, dicendo che oggi siamo di fronte a una modernità  religiosa che finisce per incidere sui contenuti del credere: «Spesso si aderisce in modo casuale a un sistema di credenze, che si mostra attraente perché riesce a combinare arcaicità  e iper modernità , credenze antiche e forme di esprimerle coerenti con la comunicazione interattiva moderna». È la via aperta al sincretismo religioso, al relativismo o alle esperienze alternative tipo la New age.
            Quanto incide l' esempio degli adulti nella trasmissione della fede e dei valori? Lo studio di Pollo rileva che solo il 44,6 per cento dei giovani del campione ha incontrato nella propria vita adulti significativi. Ciò è segno di un disinvestimento educativo degli adulti verso i giovani. Gli adulti, afferma Pollo, «non percepiscono (i giovani) come il loro seme di futuro... sono al massimo dei contemporanei di età  differente di cui preoccuparsi solo nel momento che cadono vittime di qualche forma di disagio o di devianza».
Per quanto riguarda l' allontanamento dalla Chiesa, Pollo rileva che tra le ragioni di esso c' è anche un mancato incontro con adulti, religiosi o laici, all' interno dell' esperienza ecclesiale.
     Ragioni oggettive e soggettive, personali e culturali rendono difficile un' analisi unitaria dell' esperienza religiosa dei giovani. Resta vivo un vago ma diffuso sentire religioso che è pur sempre una fiammella, un radicato bisogno di trascendenza, un segnale da recepire. Sarà  questa una delle grandi sfide del terzo millennio?

Giovani e religione: credo come papà 


 
   
C    aro giovane, questo spazio è per te, per le tue domande e per i tuoi dubbi. Persino per contestarci, se ti serve. Ti risponderanno adulti che credono in te e combattono per i valori.      
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  «Rubrica GIOVANI-ADULTI: PROVE DI DIALOGO»
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Alessandra domanda

Quanti veri cristiani ci sono tra voi adulti?
A
pprezzo il vostro sforzo di vedere i lati positivi della gioventù di oggi. Ma non fatevi grandi illusioni. Ancora ancora tra quelli più grandi qualche straccio di ideale esiste, ma per gli altri c' è il quasi nulla. Ero in quarta superiore quando vedevo quelli di prima attaccarsi alla moda, ai telefonini e alle pastiglie. Non sono tuttora in grado di capire se sono adulti in miniatura o bambini cresciuti male. Non c' è neppure uno straccio di conflitto generazionale.
I soldi ci sono e la libertà  pure. Dunque, tutti d' accordo. Infatti, l' unico grande valore è guadagnare bene e sempre di più. A qualunque costo. Perché, dunque, farsi tante domande?
La maggior parte dei miei amici si fanno le canne. Ho provato anch' io, ma mi sento da cani, per cui ho smesso. Comunque, per me farsi le canne non è grave, come voi continuate a sostenere. Anzi, i miei amici non aspettano altro che proibizioni per osare ancora di più. Vedo, invece, molto gravi le pastiglie, i cartoni o il popper. Ti scoppiano tanti di quei neuroni da distruggerti il cervello. Glielo dicono, lo sanno, ma non c' è niente da fare. Dunque, mettetevelo bene in testa: è inutile proibire anche le droghe pesanti. Bisogna che ognuno ci arrivi da solo, altrimenti userà  le sostanze in ogni caso. Poi tutte quelle storie del gruppo che ti trascina nella droga sono vere fino a un certo punto. Se hai il carattere per cadere in qualche rete ci cadi, sia che si tratti di droga sia di qualcos' altro. Allora, ripeto, la mia domanda è: che senso ha proibire? Che ognuno si assuma le sue responsabilità . Come me la cavo io? Non ho un gruppo stabilito. Sto un po' con tutti. Dai centri sociali alle occupazioni, dall' organizzazione di concerti rock ai gruppi della piazza.
Quando mi invitano a prendere roba, rifiuto senza dare alla cosa troppa importanza. Dico che non mi interessa. Che se la uso sto male. Qualche compagnia ti rompe le ... ma, se tu sei sicuro di te stesso, non ti succede niente. E devo ammettere che riesco persino a divertirmi.
Certi ragazzi sono più simpatici da scoppiati che da normali. Però una cosa è vera, almeno da quanto io posso vedere tra i miei coetanei: non c' è divertimento senza strafare, insomma senza usare qualcosa. L' altro giorno un mio amico mi ha detto: «Quelli della compagnia bevono per divertirsi, io bevo perché sono divertito». È molto vero: a molti di noi non basta uscire insieme. Ci vuole sempre qualcosa di più. Vi chiederete se mi disturba tutto questo? È triste, lo so, ma io ho imparato a sopravvivere. Mi tengo le mie idee, sto con tutti, non giudico nessuno. In più ho problemi di lavoro e non ho più né voglia né tempo di pensare ai massimi sistemi. Non vedo sinceramente che altro potrei fare.

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Monsignor Sigalini risponde

Non di soli esempi si alimenta la fede
Carissima Alessandra, ho trovato tanti giovani che, invitati a dare una svolta più religiosa e più impegnata alla propria vita, si sono rifugiati dietro la scusa: gli adulti che vanno a messa sono peggio degli altri, vanno per farsi vedere; meglio non mescolarsi. Gli ideali della tua vita non li raggiungi sulla base della coerenza che vedi, ma sulla base delle convinzioni che ti fai. Se tu hai nel cuore qualcosa che ti brucia, stai a vedere come si comportano gli altri per incendiare con questo fuoco il mondo che ti circonda? Se ami alla follia qualcuno, stai a vedere che esiti ha l' amore in quelli che vedi attorno a te per buttarti alla conquista? Per andare a Tor Vergata sei andata a mendicare il parere positivo dai tuoi amici o avevi dentro di te qualcosa che non ti permetteva di startene tranquilla a casa? Nel mondo in cui viviamo, se stessimo a decidere della nostra vita in base alla condivisone da parte degli altri dei nostri ideali, staremmo sempre fermi, moriremmo di inedia, anzi continueremmo a regredire.
Impara quindi a resistere nella solitudine: questa è la condizione fondamentale del cristiano, questa era la cultura dei martiri; questo è il comportamento di Gesù. Mi sembri quel giovane che continua a lamentarsi di avere i genitori separati o divorziati, che continua a rifarsi alla sfortuna della sua vita, al non aver avuto l' amore di cui aveva bisogno... E allora? Sei deciso a buttare la vita perché qualcuno te l' ha intossicata, facendoti un torto sicuramente mostruoso e inammissibile? Te ne stai tutta la giovinezza a dichiarati sfortunato? Ma la vita è tua! Te la devi giocare tu. Non ti giova continuare a mettere in evidenza le vere colpe degli altri (attenzione! dico vere, non intendo sminuire la responsabilità  degli adulti). Oggi, che hai capito, ti dai da fare per costruire una famiglia superlativa e ne hai sicuramente la capacità  oltre che le difficoltà . Lo stesso direi di questa constatazione. Quanto servirà  a voi giovani perdere speranza dandone la colpa agli adulti che non ve l' hanno data, perdere la fede dandone la responsabilità  a chi non ve l' ha sostenuta?
Gli adulti, o i tuoi stessi genitori non sono il tuo dio, ma tutti, voi e loro, voi giovani e noi adulti siamo tutti giudicati dalla stesso Dio, tutti ci aiutiamo gli uni gli altri ad andare verso di Lui. Capiterà  anche a te prima o poi, soprattutto se fai l' educatrice, di non essere all' altezza del Vangelo che insegni. Che fai allora? Smetti di insegnarlo? Le cose che proponi della vita cristiana sono solo quelle che riesci a vivere? O sei chiamata a offrire la purezza del Vangelo, senza sconti, senza riduzioni, con la consapevolezza che anche tu devi farti aiutare dai più giovani a essergli fedele?
Se mi assicuri questo atteggiamento di fondo, allora puoi continuare la lettura di queste quattro righe, altrimenti il seguito è tempo perso.

 Ciò detto, ti do ragione riguardo a un tipico atteggiamento dell' adulto di fronte ai giovani che è quello di non stimarli mai abbastanza. Uno dei ritornelli che in questi mesi sto ripetendo in tutta Italia nei miei continui «pellegrinaggi» a incontrare i giovani di Tor Vergata, che come te non vogliono mollare, non vogliono ritornare nell' indifferenza, non vogliono lasciarsi spegnere quel fuoco che hanno ancora in corpo, è di scatenare fiducia nei vostri confronti: l' ho sempre pensato, ma l' ho appreso ancora di più dal Papa che vi ha detto: «Voi cari amici siete all' altezza delle generazioni che vi hanno preceduto». Altro che «ai miei tempi», frase disgraziata che traduce più l' invidia degli adulti nei confronti dei giovani, che un giudizio morale, anche se è una frase che ammazza ogni fiducia. Posso chiedere anche a te, ai tuoi amici, alle tue amiche di scatenare fiducia nei confronti dei giovani. E guarda che questa sfiducia, questa famosa frase «ai miei tempi» non la dicono appena i nonni nei confronti dei nipoti o i genitori verso i figli o i parroci ai giovani, ma, (dimmi se non è vero!?), la dice un quindicenne che per caso ha dovuto sostituire la catechista della terza media ai ragazzi che hanno appena due anni meno di lui! Non è che la dici anche tu verso i diciottenni? Ti pare? Occorre ribaltare questa guerra tra poveri, questo credere di avere l' esclusiva della bontà , della fede, questa convinzione che il mondo finisce con noi. Lo dico agli adulti, ma anche a tutti quei giovani che li imitano.
Quanto ai valori che, come tu affermi, i giovani possiedono come altre generazioni precedenti, ti dico che sono d' accordo. Non è assolutamente vero che voi giovani non avete valori. Forse quello che manca è la possibilità  o la capacità  di metterli in fila, di gerarchizzarli, di metterli in sequenza, di stabilirne una connessione, perché altrimenti se ne esalta uno a danno degli altri, se ne assolutizza uno togliendolo da un contesto necessario perché sia un valore autentico capace di dire tutta la bellezza della vita umana. Se esasperi la giustizia, compi grosse ingiustizie; se esasperi la castità  puoi nasconderci l' egoismo o la paura; se esasperi l' obbedienza, perdi la responsabilità ; se assolutizzi l' amicizia, dimentichi i poveri e gli antipatici; se esasperi il lavoro, vivi di banche e crei solitudini... Si potrebbe continuare e sono sicuro che ognuna di queste affermazioni ti può provocare perché esige una spiegazione più ampia di alcune battute.

Monsignor Domenico Sigalini è responsabile per il servizio della pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana.

Non è assolutamente vero che voi giovani non avete valori. Forse quello che manca è la possibilità  o la capacità  di gerarchizzarli perchè altrimenti se ne esalta uno a danno degli altri.

Nel mondo in cui viviamo, se stessimo a decidere della nostra vita in base alla condivisone da parte degli altri dei nostri ideali, staremmo sempre fermi, anzi continueremmo a regredire. Impara quindi a resistere nella solitudine: questa è la condizione fondamentale del cristiano.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017