Giovanni Paolo II, grande comunicatore

Oggi comunica con il linguaggio della testimonianza il significato del dolore e il valore di questa fase dell'esistenza, segnata dalla sofferenza, dalla fragilità e dall'impotenza.
29 Marzo 2005 | di

Giovanni Paolo II, attore in gioventù, ha sempre avuto grande fascino comunicativo. Lo ha dimostrato sin dalle prime battute del suo pontificato accendendo fuochi di ammirazione mai più estinti. Ora che l'età  e la malattia stanno limitando le sue possibilità  di comunicazione, egli ricorre ad altre forme, come il fugace e inatteso apparire benedicente dietro i vetri delle finestre dell'ospedale, non certo per apparire e non solo per rassicurare sulle condizioni di salute, ma per comunicare, con il linguaggio della testimonianza, il significato del dolore e il valore di questa fase della sua esistenza, segnata dalla fragilità  e dall'impotenza.
E mentre altri comunicatori per smorzare gli effetti delle loro affermazioni attaccano i giornalisti accusandoli di aver travisato ad arte il suo pensiero per montare un caso, Giovanni Paolo II ha avuto parole di riconoscenza e di stima per i tanti operatori della comunicazione che hanno sostato a lungo davanti all'ospedale Gemelli di Roma, dove era ricoverato, per poter informare sulla sua salute dimostrando così l'affettuosa universale preoccupazione che accompagna sempre i suoi momenti di difficoltà  e di disagio provocati dalla malattia.

Giovanni Paolo II ha sempre avuto grande fiducia nei potenti strumenti della comunicazione, che in un suo documento (Redemptoris missio) ha definito come il primo areopago del mondo moderno, per la loro capacità  di unificare l'umanità , rendendola un villaggio globale. E se ne è servito con sapienza ed equilibrio, per diffondere in tutto il mondo il Vangelo dell'amore di Dio.
Già  Paolo VI aveva affermato che la Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi. Giovanni Paolo II ne ha più volte rilanciato il concetto. Lo ha fatto anche lo scorso gennaio in occasione della festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, con una lettera apostolica rivolta ai responsabili delle comunicazioni sociali (cattolici ma non solo) suggerendo loro come fare perché non siano al servizio di qualcosa che non sia la giustizia e la verità .
Dopo aver ribadito che per la Chiesa l'uso delle tecniche e delle tecnologie della comunicazione contemporanea fa parte integrale della propria missione nel terzo millennio, egli afferma che i media possono e devono promuovere la giustizia e la solidarietà , riportando in modo accurato e veritiero gli eventi, analizzando compiutamente le situazioni e i problemi, dando voce alle diverse opinioni. I criteri supremi della verità  e della giustizia nell'esercizio maturo delle libertà  e delle responsabilità , costituiscono l'orizzonte entro cui si situa un'autentica deontologia nella fruizione dei potenti mezzi di comunicazione sociale (n. 3). 
  
Questo non solo per non creare imbarazzo o danni a qualcuno montando ad arte dei casi, ma per rispetto di chi legge o ascolta, di più ancora: del concetto stesso del comunicare, che per noi cristiani sta nella comunicazione di Dio con l'uomo, in varie forme, raccontata e documentata dalla storia della salvezza, dove nel Verbo che si fa carne l'evento comunicativo assume il suo massimo spessore salvifico.
Questo per dire a quali livelli alti si deve muovere la comunicazione. Per questo il Papa invita non solo gli addetti del settore ma l'intera Comunità  ecclesiale a una sorta di revisione pastorale e culturale così da essere in grado di affrontare in modo adeguato il passaggio epocale che stiamo vivendo, rivedendo i diversi ambiti dell'espressione della fede, dalla liturgia alla catechesi, tenendo conto che si rivolgono a persone che risentono dei linguaggi e della cultura contemporanei.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017