Il coraggio di cambiare
Giunto da poche settimane nella parrocchia di Santa Rosa a San Vicente, in Ecuador (nell’agosto del 2007) don Giovanni Battista Piccioli, sacerdote fidei donum della diocesi di Brescia, non ci mise molto a toccare con mano le tante miserie del suo nuovo gregge. «Un giorno – racconta don Piccioli – venne da me Elisabeth, una donna di 34 anni. Sulla spalla e sul collo aveva una vistosa ferita di machete, procuratale dal compagno. Non sapevo cosa fare, le diedi alcune pomate e qualche antidolorifico. Mi raccontò che tre mesi prima lei e la sua famiglia avevano subìto un incidente: due dei suoi figli erano morti, il compagno e i tre figli rimasti avevano riportato tutti delle conseguenze. La necessità di medici e farmaci aveva indebitato oltremisura la famiglia già poverissima e il compagno, violento di suo, era ormai diventato intrattabile. Piangendo mi chiedeva che cosa fare e io la spinsi a denunciarlo, un tabù per le donne della mia parrocchia. Lei vinse le sue resistenze e lo denunciò. Fu il primo segno di cambiamento a cui assistetti di persona, un cambiamento che ne portò molti altri».
Le svolte spesso cominciano da un tassello che cambia orientamento e trova finalmente il giusto incastro. Ma di tasselli fuori posto nella parrocchia di San Vicente ce ne erano e ce ne sono davvero molti, a cominciare dalla difficoltà di gestire una parrocchia di 715 chilometri quadrati, con tre grandi comunità sulla costa, Canoa, San Vicente e Los Perales, e settantatré piccole comunità nell’interno. Una preoccupazione particolare padre Juanito, come chiamano adesso don Piccioli da queste parti, la sente per la comunità di Los Perales, circa ottomila anime che vivono in estrema povertà in capanne di bambù senza acqua e fognature e con la corrente elettrica che va e che viene senza alcun controllo. Normalmente una famiglia media, che qui è composta da 7-8 persone, dispone al massimo di 3 o 4 dollari al giorno per mangiare. I bambini non vanno a scuola – non si può andare in classe senza quaderni e scarpe –, stanno a casa a curare i fratelli più piccoli, lavorano nei campi o fanno gli accattoni. Le loro madri hanno sulle spalle il mantenimento delle famiglie, mentre i padri spesso cedono al vizio del bere e diventano violenti. «I bambini sono i più esposti e i primi ad aver bisogno di aiuto – afferma don Piccioli –. Ma per aiutarli non basta accoglierli, bisogna arrivare alle famiglie, spesso composte da sole donne, sfruttate e maltrattate, che, in condizioni precarissime, devono badare anche alla loro educazione».
Per questa e per tante altre necessità educative e formative, alla parrocchia serviva un nucleo comunitario, un luogo d’incontro, un cuore pulsante, da cui far partire tutte le iniziative a favore delle famiglie e dei bambini. Esigenza che portò don Piccioli e la comunità a decidere di costruire tre aule polivalenti e di ristrutturarne altre tre già esistenti, ma ormai inutilizzabili.
Un’impresa che sembrava impossibile in un posto tanto povero e ormai affetto da un fatalismo atavico. Attraverso amici italiani e alcune iniziative parrocchiali, don Piccioli era riuscito a racimolare quasi 16 mila dei 31 mila euro necessari per la costruzione del nuovo edificio, poi qualcuno gli suggerì di rivolgersi a Caritas Antoniana e le porte si aprirono. La richiesta raggiunse l’istituzione caritativa negli ultimi mesi del 2008, i 10 mila euro approvati consentirono a don Piccioli di iniziare i lavori nel gennaio del 2009, e un anno dopo, nel gennaio del 2010, le aule erano completate e l’area intorno a esse fu delimitata da una recinzione a formare un cortile sicuro per il gioco dei bambini.
Oggi il nuovo centro polifunzionale della parrocchia è in piena attività: accoglie 150 bambini della scuola materna, ma ospita anche la formazione umana e professionale delle donne, le attività per i giovani così come la catechesi e gli incontri comunitari. «Tutti i bambini ricevono almeno un pasto al giorno, sono accuditi e amati dalle quattro suore Figlie povere della Visitazione di Maria, che mi affiancano nella missione di Los Perales. Le suore stesse non perdono mai occasione per far scoprire alle donne l’importanza del loro ruolo sociale e familiare e per spiegare quali sono i loro diritti e come tutelare la dignità anche per amore dei figli».
Cambiare mentalità, approccio, è difficile – la resistenza è fortissima – ma spesso produce effetti insperati, come è stato per Elisabeth, la donna ferita con il machete dal compagno: «Dopo la denuncia – racconta don Piccioli –, le autorità intimarono al compagno di cambiare atteggiamento, altrimenti lo avrebbero incarcerato, e gli concessero un certo tempo di riflessione. Seguii la coppia in diversi incontri e di giorno in giorno vedevo cambiare la loro relazione. A un certo punto del cammino di formazione mi chiesero di poter ricevere battesimo, confessione, comunione e cresima e di sposarsi con il sacramento del matrimonio. Chiedevano inoltre il battesimo per i loro figli. Celebrammo questi sacramenti alla presenza di tutta la comunità, in una solenne messa nella quale i novelli sposi raccontarono la loro storia. Oggi sono due catechisti impegnati che mi aiutano a visitare le comunità dell’interno e sono davvero una bella famiglia».
Una rondine non fa primavera, lo sa bene don Piccioli, ma sa anche che a piccoli passi si scalano le montagne: «Essere missionario tra questa gente significa annunciare Cristo e vivere di Cristo. Sono convinto che Cristo non è solo l’uomo nuovo per eccellenza, ma può rendere anche noi uomini nuovi, che danno vita a una comunità nuova e a una nuova società fondata sull’amore e sulla pace».
Il progetto in breve
Costruzione: 3 aule, Cucina, Refettorio,Servizi igienici, Cisterna
Tempi: gennaio 2009 - gennaio 2010
Costo totale: euro 31 mila
Contributo locale: euro 16 mila
Contributo Caritas Antoniana: euro 10 mila
Altri contributi: euro 5 mila