Imprenditrici con l'anima avanza la nuova Africa

Dalla povertà alla piccola impresa, senza lasciare indietro gli ultimi. Il capitalismo dal volto umano è africano ed è donna. Anche grazie al vostro aiuto.
24 Agosto 2004 | di

Asha Magandi non ci capiva niente. Aveva un banchetto di verdure in uno dei tanti mercati popolari di Dar Es Salam, la capitale della Tanzania. Qualche papaia, qualche banana e, se la fortuna la assisteva, un po' di mais o riso da vendere a bicchieri. Ore e ore, prima sotto il sole e poi con una lampada a petrolio fino a tarda sera. Il volto più vecchio di dieci anni.
Mi sembrava di vendere ma alla fine ero sempre senza soldi racconta Asha, ricordando i vecchi tempi. Coi pochi soldi che transitavano in quella cassa desolante, gli affari andavano a picco: Non potevo mandare i miei figli a scuola - continua - e spesso non arrivavo ad avere da mangiare. Una dei tanti nel tunnel della miseria a Dar Es Salam, città  in cui due terzi degli abitanti vivono al di sotto della soglia di povertà .
Accade sempre più spesso - spiega Simon, il responsabile del progettoche stiamo per raccontarvi - che donne e giovani provino a fare un po' di commercio per uscire dalla miseria ma non hanno gli strumenti fondamentali per farcela: le tecniche di gestione dell'attività  e la possibilità  di avere un prestito. Nessuna banca è disposta a scommettere su chi non ha neppure i soldi per mangiare.

Un progetto coraggioso

Per questo la Caritas di Dar Es Salam, molto attiva nella promozione dello sviluppo degli abitanti dei quartieri poveri, nel 1999 si inserisce nel circuito del microcredito internazionale, alternativo alle banche, nato apposta per prestare soldi alle donne povere e aiutarle ad avviare e gestire un'attività  familiare. Nasce il nucleo originale di quello che poi, con il supporto di Caritas antoniana, sarà  il progetto Mapato, che  in kiswahili significa reddito ed è l'acronimo per microcredito contro aids e povertà  a favore dei tanzaniani. Tra i beneficiari, infatti, ci sono anche sieropositivi e loro familiari.
Il mezzo è ormai collaudato: gli Scs, Savings and credit schemes, letteralmente schemi di risparmio e credito. Dopo un corso di alcune settimane, le donne si costituiscono in gruppi, ricevono un piccolo prestito, s'impegnano a restituirlo in un certo numero di rate e ad accantonare un piccolo risparmio. Se qualcuna viene meno ai suoi impegni, il gruppo deve rispondere.
Gli inizi sono duri. Molte donne abbandonano nella fase di preselezione, specie per la resistenza dei mariti. Però a distanza di pochi mesi dall'avvio del primo schema, l'80 per cento delle partecipanti ha nettamente migliorato le proprie condizioni di vita. E, cosa ancora più incredibile, il ritorno dei prestiti è pari al 98 per cento. Un successo che nessuna banca può vantare.
Le donne che chiedono di entrare negli Scs si moltiplicano, ma la Caritas di Dar es Salam non riesce a coprire più del 5 per cento delle richieste e così eroga poco più di 400 crediti nei primi quattro anni.
Un medico missionario, Leopoldo Salmaso , raccoglie il bisogno. Lui è un veterano del Cuamm-Medici con l'Africa e sta già  lavorando nella diocesi per il progetto Nascere senz'aids, pure finanziato dalla Caritas antoniana. Il tramite è fatto, il progetto è proposto ai lettori del Messaggero nel giugno del 2003. E i lettori rispondono: Grazie alla grande adesione - afferma padre Luciano Massarotto, direttore della Caritas antoniana - abbiamo potuto finanziare il fondo di Mapato con 200 mila euro, suddivisi in tre anni. La prima rata ha già  permesso ad oltre 700 donne di aderire agli Scs: Ma saranno quasi il triplo alla fine del nostro intervento, puntualizza padre Massarotto.

Asha, business con amore

Una di queste donne è proprio Asha Magandi. Dopo il corso, ottiene il primo credito di 175 mila scellini (circa 150 euro). Per la prima volta - racconta Simon - lei ha applicato al suo lavoro lo schema che aveva appena imparato. Ha segnato meticolosamente entrate e uscite e, soprattutto, ha separato la contabilità  familiare da quella del suo banchetto di verdure. Ogni settimana si incontrava col suo gruppo per restituire e accantonare le quote dovute.
Salda il debito in 21 settimane e risparmia 36 mila 750 scellini. Un miracolo. Allora torna a osare. Chiede un prestito più alto, 350 mila scellini. Lo ripaga in sedici settimane e risparmia 136 mila 500 scellini.
Asha inizia allora a comprare mais regolarmente dalle regioni dell'interno. Da piccola dettagliante diventa grossista. Oggi sta restituendo l'ultimo prestito di 1 milione 400 mila scellini - continua Simon - e il suo risparmio è ormai di 1 milione 234 mila 670 scellini. Gli affari vanno a gonfie vele. Ha una casa. Suo marito, prima disoccupato, lavora con lei e i suoi due figli vanno a scuola.
Quello che più colpisce di lei - nota Simon - non è il successo economico ma la sua voglia di trasmettere ad altre donne ciò che lei ha imparato. Ci tiene moltissimo che anche loro abbiano successo.
Asha non è più la donna stanca e sciatta, sotto il sole del mercatino di dar Es Salam, è un'imprenditrice di carattere, amata dalla sua famiglia e stimata dalla sua comunità .
Un esito che fa tirare un sospiro di sollievo proprio al promotore del progetto, il dottor Salmaso: Quando contattai Simon le prima volta, espressi subito, per conto mio e della Caritas antoniana, la preoccupazione che Mapato potesse instillare in queste donne il virus del capitalismo selvaggio. E invece Asha in ogni suo atteggiamento e nelle testimonianze dei clienti rivela un'etica professionalelontana dallo sfruttamento e solidale con i più deboli. Ne ho conosciute tante altre come lei. Noi occidentali abbiamo versato fiumi d'inchiostro su modelli teorici di Capitalismo dal volto umano. Le donne di Mapato semplicemente lo incarnano.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017