Infanzia felice, vita adulta più sana
A lanciare l’allarme non sono un’associazione di volontariato, un ente per la protezione dell’infanzia o una società scientifica che si occupano di pediatria o neuropsichiatria, bensì i cardiologi statunitensi riuniti nell’American Heart Association: le avversità subite durante l’infanzia hanno un forte impatto sulla salute cardiometabolica di cui si godrà da adulti.
«Per “avversità” intendiamo tutto ciò che il bambino può percepire soggettivamente come una minaccia per la sua integrità fisica, per la sua famiglia o la sua struttura sociale», precisa il documento pubblicato nella rivista «Circulation».
Si va dalle difficoltà insite al nucleo familiare alla violenza del quartiere in cui si è cresciuti, dagli abusi fisici, sessuali o emozionali agli episodi di bullismo, dall’indigenza a un lutto.
Dai dati più recenti raccolti nell’ambito del Sistema di Sorveglianza dei Fattori di Rischio Comportamentali (Behavioral Risk Factor Surveillance System), poco meno di sei adulti su dieci negli Stati Uniti hanno fatto esperienza da piccoli di almeno uno di questi eventi. D’altra parte non si parla solo di situazioni estreme, ma anche molto comuni, come il divorzio dei genitori.
Il gruppo di esperti ha quindi rivisto tutta la letteratura scientifica che negli anni ha collegato le difficoltà durante i primi anni di vita con l’insorgenza e la gravità di condizioni che contribuiscono in maniera sostanziale al carico di malattie che affliggono non solo gli Stati Uniti, ma ormai quasi ogni Paese del mondo: obesità, ipertensione, diabete mellito di tipo 2 e malattie cardiovascolari.
«Abbiamo riconosciuto almeno tre meccanismi con cui questi problemi possono influire sulla salute futura – spiegano gli esperti –, provocando comportamenti, disturbi mentali oppure direttamente tramite processi biologici». In contesti familiari disfunzionali, o come reazione a eventi traumatici, per esempio, è più comune fumare, abusare di alcol, dormire poco o male o avere un’alimentazione eccessiva o scorretta. Inoltre, disturbi d’ansia o del tono dell’umore, che sono comuni in questi casi, predispongono, direttamente e per effetto dei farmaci, a manifestazioni precoci di rischio cardiometabolico.
Ripercussioni su pressione arteriosa e ormoni dello stress Effetti diretti possono risultare infine dai legami tra sistema nervoso, endocrino e immunitario. In tutti e tre i casi ci possono essere ripercussioni sulla pressione arteriosa o sulla produzione di ormoni dello stress come il cortisolo che, a sua volta, aumenta il rischio cardiovascolare.
«Tuttavia, non tutti coloro che passano attraverso diversi tipi di difficoltà nella loro infanzia sviluppano precocemente malattie cardiovascolari o metaboliche», concludono i cardiologi statunitensi. È fondamentale, quindi, intraprendere nuovi studi per individuare i fattori che determinano in alcuni individui una maggiore resilienza e per capire quali potrebbero essere gli interventi più urgenti ed efficaci per bloccare all’origine, per quanto possibile, la catena di eventi che fa di un bambino infelice un adulto ammalato. O almeno limitarne i danni.