Io, bambina e prostituta

Ana, Julia,Tereza,Vanessa e tante altre sono cresciute troppo in fretta;si prostituiscono alla stazione della «Luz» sperando che,insieme ai pochi spiccioli,arrivi anche un po’ d’amore.Per strapparle alla strada, la Caritas antoniana appoggia un progetto
08 Gennaio 1997 | di

Iniziato il lavoro a San Paolo, le suore missionarie francescane di Assisi si accorgono che recuperare le adolescenti dalla strada è difficilissimo: ci sono poche strutture e il governo finge di non vedere il problema. Si accorgono anche che la loro non è l'unica congregazione a tentare l'impresa di restituire punti di riferimento e dignità  a prostitute bambine, abbandonate nella strada in tenera età  da genitori poveri, violenti e spesso alcolizzati. Da questa consapevolezza nasce nel marzo del 1995 un coordinamento di congregazioni religiose per svolgere meglio e insieme la difficile missione. Dopo attenti studi e riflessioni, si fissa il luogo di azione: la stazione ferroviaria, Estaà§ao da Luz, la zona più depressa, con il più alto tasso di prostituzione minorile di tutta l'America Latina.

«Per le ragazzine la prostituzione non è solo un modo per far soldi - commenta suor Bonaria, - ma anche un tentativo di coprire il grande vuoto affettivo ed esistenziale di cui soffrono». Questo vuoto è colmato anche da un'altra cattiva compagna: la droga. Le ragazzine sono tutte tossicodipendenti, molte sono sieropositive e malate. Come se non bastassero povertà , prostituzione, solitudine, droga e malattia queste bimbe cresciute troppo in fretta, si ritrovano a volte incinte già  a 12, 13 anni; partoriscono neonati con gravi carenze e spesso già  malati. È per seguire questi casi disperati che le suore di tutte le congregazioni impegnate nel progetto hanno chiesto aiuto agli amici del Santo attraverso la Caritas antoniana.

Progetto

Questa volta si tratta di aiutare le suore ad affrontare le spese del lavoro con le ragazze per i prossimi due anni. La cifra richiesta con una certa urgenza è di 25 milioni. La missione è complessa, richiede attenzione costante e competenza in diversi campi: psicologico, sanitario, burocratico, formativo, assistenziale.

Il primo contatto con le ragazzine è sempre molto cauto. All'inizio si cerca di attirare la loro attenzione e in seguito di stringere amicizia. Poi inizia il lento cammino verso il recupero della dignità : dalla ricerca dei documenti personali (alcune ragazze non sanno di preciso neppure quando sono nate), alla difesa dei loro diritti, dall'accesso alle medicine, all'accompagnamento all'ospedale, dall'assistenza alle neomamme, all'inserimento in strutture d'aiuto. Ma importante è anche ricollegarle alle famiglie di origine e insegnar loro a leggere e scrivere. Quasi tutte sono analfabete. Per le malate è fondamentale il supporto psicologico, la possibilità  di fare esami medici ed essere visitate da specialisti, ma soprattutto la certezza di non essere abbandonate a loro stesse. «Sappiamo che il nostro lavoro è come una goccia in un deserto di sofferenza - afferma suor Luirda Maria - , ma credere in un mondo migliore fa parte della nostra missione».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017