La buona battaglia

La si può incontrare negli «showroom» più prestigiosi, dove le sue ceramiche sono un grido alla vita e alla fantasia. Oggetti con un’anima strappata al passato per prometterla al futuro. Quel futuro che Valeria Tola si è conquistata con una dura lotta.
24 Luglio 2013 | di
«Quello che non ti uccide ti rende più forte». Conosco poche persone per le quali questo motto è vero come per Valeria Tola, una donna con una forza silenziosa che si esprime in ogni cenno, dall’allegria allusiva delle battute di spirito al gesto sapiente con cui dà forma alle sue famose ceramiche artistiche. Valeria ha 44 anni e gli ultimi otto li ha passati da sopravvissuta al tumore al seno. Il cancro non è una malattia speciale: tocca purtroppo la vita di chiunque, anche se con gradazioni diverse di confidenza e misericordia. Tra tutti i tipi di tumore quello al seno è però un tipo particolare, perché la sua minaccia non si declina solo sul piano della salute e della sopravvivenza, ma tocca anche l’immaginario di genere, il valore simbolico della femminilità, quell’essere donna che ci insegnano sin da piccole a considerare costituito anche (e per alcune, soprattutto) da un elemento estetico. Il seno in questo senso non è una parte del corpo neutra, ma il simbolo stesso dell’essenza di una donna e del suo potenziale seduttivo e generativo. Quando ha saputo di essere malata, Valeria era giovanissima e quella notizia ha sconvolto un equilibrio di vita di perfezione rara.

«Avevo una bellissima famiglia, un marito che mi amava e una meravigliosa bambina di 4 anni, dieci anni di matrimonio appena coronati tutti assieme con un bellissimo viaggio a Parigi, un lavoro che era la mia passione e che finalmente mi dava tante soddisfazioni e la possibilità di altri meravigliosi progetti. Però tutta questa felicità mi costringeva a convivere con il timore costante di perderla; avevo quasi paura di essere felice, non so spiegare perché, e quando ho avvertito quel leggero fastidio al seno ho deciso di dare ascolto a quella vocina che mi diceva che dovevo andare ad accertarmi di cosa si trattasse». Il giorno in cui le annunciano il tumore Valeria subisce un colpo fortissimo alle sue certezze, ma la decisione di rea­gire al presente minaccioso si trasforma in una più forte determinazione verso il futuro. È proprio allora che sceglie di comprare la sede del suo laboratorio di ceramica artistica, un impegno economico e professionale che esige tempi lunghi di realizzazione. A quel punto la sua produzione artigianale acquista quel carattere e quel colore che la renderanno inconfondibile, rubando le forme alla tradizione sarda per trasformarle in giocattoli fragili e vivaci dai mille usi: tazze, campanacci, decori, ciotole, anfore e gioielli insoliti illumineranno da quel momento una vetrina mai stata così ricca. Anche nel modo di affrontare la malattia questa donna vivace e sensuale ha dimostrato un coraggio che sfiora la temerarietà. «Potevo scegliere se curarmi con quella che era la chemioterapia ordinaria oppure con una procedura che era ancora in fase di studio. Il mio medico, quello che mi aveva diagnosticato il tumore, mi dava questa alternativa come potenzialmente più efficace e io decisi di correre il rischio e seguire il suo consiglio, facendo da pioniera».
 
La cura a cui si è sottoposta Valeria otto anni fa, grazie al coraggio di molte donne come lei che hanno accettato di sperimentarla, è diventata il protocollo che oggi si segue in Italia per la cura del cancro al seno. Durante la cura Valeria non solo guarisce, ma cambia profondamente. La lotta contro un nemico così forte e subdolo scaccia la timidezza che fino a quel momento era stata il suo tratto dominante. Si trucca e si veste in modo alternativo, facendo del suo aspetto fisico una dichiarazione di vita permanente, senza sconti. «Chi mi conosceva prima avrà notato che in quel momento è emersa la parte più brillante del mio carattere, la più combattiva, la più indipendente, la più determinata; dopo il cancro non c’è più molto che mi spaventi». Non dice nulla solo alla figlia, troppo piccola per capire, né alla madre, troppo ansiosa per accettare serenamente, ma agli altri che la circondano Valeria non nasconde la sua malattia, perché parlare con chi ci è passato e ne è uscito l’aiuta a sperare e lottare con più determinazione. È con questo stile che la sua vita è andata oltre la malattia, che ha lasciato in lei una traccia profonda e durevole. Il cancro è guarito, ma la sua assenza è un monito di cui Valeria, con pudore e semplicità, vuole ancora parlare. Spera sia di stimolo per altre persone che si sono ammalate o che in questo momento vivono una situazione difficile. Questa donna piena di vita oggi si dedica non più solo alla sua arte e alla sua famiglia felice, ma anche a difendere l’ambiente e le condizioni di vita del suo paese, perché le incidenze di malattie come la sua non aumentino a causa delle scelte spregiudicate di amministratori e speculatori. Valeria oggi la si trova non più solo tra le crete e gli smalti del suo laboratorio, ma anche in prima fila nella battaglia contro l’inceneritore di Macomer, dove si sforza di costruire – insieme con il comitato di resistenza all’inutile opera – un’alternativa che sia garante dell’ambiente, della salute e dei posti di lavoro. Magari la incontrerete sorridente negli showroom più prestigiosi o a una fiera dell’artigianato, dove le sue ceramiche sono un grido alla vita e alla fantasia, oggetti con un’anima strappata al passato per prometterla al futuro: ancora oggi sono tutte forme senza spigoli quelle che escono dalle mani di Valeria, levigate e curve come quelle di un seno. È un piacere tenerle tra le mani.
 
Data di aggiornamento: 03 Luglio 2017