La notte della luna e della carezza
Undici ottobre 1962. Una data di quarant`anni fa entrata nella storia (ma forse, come molte altre date, dimenticata); prendeva il via il Concilio ecumenico Vaticano II. Un undici anche allora, ma di un tempo molto diverso.
Molti di voi ricorderanno quell`evento trasmesso da una televisione in bianco e nero: la solenne processione dei vescovi che entravano in San Pietro. Mai così tanti, di tutte le etnie, segno dell`ecumenicità (universalità ) della Chiesa, erano confluiti a Roma.
Se la storia ricorda quella data, la memoria affettiva sollecita, invece, l`episodio avvenuto nella tarda serata di quel memorabile giorno: il famoso discorso di papa Giovanni XXIII, affacciatosi inaspettatamente, contro ogni protocollo, alla finestra dello studio, per salutare le migliaia di fedeli che, con candele accese, sostavano e vegliavano in quella serata che si stava inoltrando nella notte. Il Papa improvvisò il discorso facendo riferimento alla luna che illuminava la serata: una luce nella notte della speranza, una luce che voleva illuminare il cammino che si prospettava innanzi; una luce che, assieme alla carezza del Papa che ogni genitore, ritornato a casa, avrebbe dovuto fare ai propri figli, è rimasta memorabile. Un discorso non preparato, capace di rivelare l`umanità e la paternità di papa Giovanni.
Diceva il Papa:Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera, osservatela in alto, a guardare questo spettacolo. Gli è che noi chiudiamo una grande giornata di pace... La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato padre per la volontà di nostro Signore... Continuiamo dunque a volerci bene... guardandoci così nell`incontro: cogliere quello che ci unisce, lasciar da parte, se c`è qualche cosa che ci può tenere un pò in difficoltà ... Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del papa. Troverete qualche lacrima... da asciugare: dite una parola buona. Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell`amarezza.
E nel suo Diario annotava quel giorno:Ringrazio il Signore che mi abbia fatto non indegno dell`onore di aprire in nome suo questo inizio di grandi grazie per la sua chiesa santa. Egli dispose che la prima scintilla che preparò durante questi tre anni questo avvenimento uscisse dalla mia bocca e dal mio cuore.
Quarant`anni: il tempo di una vita matura. Quel Concilio rimane una tappa storica nel cammino della Chiesa, per tanti motivi; circa novant`anni erano passati dall`ultimo, il Vaticano I, e quanta acqua nel fluire della storia; un Concilio atteso per tanti motivi e per l`atmosfera di rinnovamento che si percepiva. Ma anche inaspettato in un pontificato che doveva essere di transizione, nell`attesa di un successore in grado di sostenere l`eredità di Pio XII. Un Concilio in cui la Chiesa ha avuto modo di ripensarsi nella sua funzione storica. I percorsi di questo ripensamento li abbiamo tracciati proprio quest`anno nei vari contributi della rivista che non ha voluto dimenticare l`evento conciliare.
Quarant`anni dopo troviamo chi sostiene che ci sarebbe bisogno di un nuovo Concilio, un Vaticano III; chi invece è convinto che lo stesso Vaticano II non sia stato del tutto digerito e applicato; mentre quei profeti di sventura denunciati dallo stesso Giovanni XXIII nell`aprire il Concilio, invocano un ritorno al Vaticano I. Fughe in avanti? Passi indietro? Rimane la necessità di vivere con consapevolezza il nostro essere cristiani oggi, accogliere in ogni momento il dono dello Spirito che sempre soffia.
Tra una conferenza di Johannesburg che sembra fallita, tra i prepotenti venti di guerra che sembrano non placarsi, come essere una luce in questa notte? Come essere sentinelle che scrutano nella notte in attesa dell`alba?
Undici ottobre 1962: una data per una memoria, per essere oggi quello che possiamo (e dovremo) essere.