La solidarietà nel nome del Santo
Quello di febbraio è un mese particolarmente caro alla devozione antoniana perché il giorno 15 viene solennemente rinnovata la memoria di un singolare evento: la traslazione del corpo del Santo dalla chiesetta dove era stato provvisoriamente riposto all'imponente santuario che i padovani gli stavano edificando. Succedeva l'8 aprile 1263: un fatto straordinario solennizzato dalla presenza del ministro generale dell'ordine francescano, san Bonaventura, il quale, nell'effettuare la ricognizione delle spoglie del Santo, rinveniva la sua lingua mirabilmente incorrotta. Dio voleva rendere così testimonianza al frate che aveva consumato la vita nell'annunciare a tutti la salvezza portata da Gesù e nel difendere, in nome del Vangelo, i diritti dei poveri e dei diseredati.
È per questo che ha preso da lui ispirazione e nome un modo moderno di organizzare la solidarietà , la Caritas antoniana appunto, ultimo anello di una catena di carità che il Santo stesso ha avviato e che nel corso dei secoli si è espressa nelle forme che le esigenze dei tempi richiedevano (il pane, la legna, i pasti caldi...), ma tutte intese a essere calda e concreta vicinanza con chi vive, nel nostro Paese come nel resto del mondo, il disagio della precarietà .
Caritas antoniana, dunque, pensata e animata dai confratelli del Santo, ma sostenuta in modo determinante dalla generosità dei lettori del Messaggero che ogni anno, rispondendo all'appello della rivista, si rendono corresponsabili dei progetti di solidarietà via via proposti.
Carità oggi vuol dire soprattutto aiutare i poveri a riacquistare dignità mettendoli nelle condizioni di essere loro stessi protagonisti del proprio riscatto e ideatori del proprio futuro nella linea delle culture e delle tradizioni di ognuno.
Negli ultimi progetti proposti - in Tanzania, Eritrea e Burundi, tre Paesi di un continente oppresso da miseria e malattie e apparentemente senza futuro - si è fatto leva soprattutto sulle donne, dimostratesi più dei maschi sensibili, attive e risolute nel lottare contro la miseria e la rassegnazione per cambiare le cose: se viene offerta loro anche una piccola possibilità , la sanno sfruttare al meglio avviando spesso circoli virtuosi che lasciano ben sperare. Piccole cose, se si vuole, in un oceano di difficoltà e di miseria. Ma anche grandi, perché, come è successo anche stavolta, il risultato ultimo dell'intervento sono state tante piccole vite sottratte alla malattia e alla morte.
Ancora una volta la generosità dei lettori è stata grande, sia pure segnata dalla difficoltà del momento: siamo ancora un Paese del Nord ricco e sprecone, ma sempre più segnato da una strisciante povertà che sta allargando la fascia di quanti fanno fatica a vivere, con stipendi un tempo dignitosi e ora corrosi dall'avvento dell'euro, come dice qualcuno, o più probabilmente dall'esosità di chi ne ha approfittato per ingrossare il proprio portafoglio, e certamente da una crisi generale che ha rallentato lo sviluppo un po' in tutto il mondo. Un momento difficile, che ci fa capire quanto sia da sempre esasperante la vita di chi nel disagio, e assai peggiore del nostro, ci sta da sempre e che dovrebbe indurci a una solidarietà più condivisa.
Come è doveroso, nello spirito di trasparenza che ci distingue, vi diamo conto in questo numero dell'ammontare delle offerte pervenute e di come esse siano state impiegate, corredando il tutto con fatti che danno luce e senso alla secchezza di tanti numeri. Tanto o poco? Certo, una piccola goccia nell'oceano della miseria e del disagio del mondo, ma di immenso significato se si pensa che salvare anche una sola vita umana è una conquista grandiosa. E di vite ne sono state salvate tante. Grazie a voi. Che sant'Antonio vi benedica e vi protegga.