L'artigianato delle meraviglie

Creatività, laboriosità e capacità di risorgere sono le caratteristiche che accomunano due progetti in favore delle donne, finanziati da Caritas Antoniana nello stato dell’Andra Pradesh, in collaborazione con piccole ong locali.
26 Febbraio 2007 | di

«Per quanto una madre possa amare i suoi figli, le è assolutamente impossibile occuparsi di loro in modo adeguato se lei stessa è povera e oppressa, ignorante e senza professionalità, anemica e malata», scriveva Vulimiri Ramalingaswami, noto nutrizionista e scienziato indiano, in un rapporto Unicef del 1996. Oggi, a oltre dieci anni di distanza, l’India, secondo Paese più popoloso al mondo, sta diventando una grande potenza economica, senza che questo abbia migliorato sensibilmente la qualità di vita della gente e in particolare quella delle donne, sulle cui spalle grava il peso maggiore del sostentamento familiare. Ancora oggi il 52 per cento delle donne indiane è analfabeta, il 50 per cento è anemico, mentre la maggioranza delle mamme ha dovuto sopportare la morte di un figlio. L’India è anche uno dei pochi Paesi al mondo in cui il numero dei maschi supera di molto quello delle femmine. La mortalità femminile è altissima: una donna su 48 muore di parto e una neonata su 4 non arriva ai quindici anni.
Molte le cause: le donne lavorano quasi tre volte di più degli uomini ma non hanno accesso a un lavoro riconosciuto, all’istruzione, alla proprietà. Fin dall’infanzia vengono nutrite e curate male; crescono senza consapevolezza dei loro diritti e della loro importanza sociale.
Non è facile cambiare questa realtà che ha concause sociali e culturali complesse, ma molto si può fare nelle piccole comunità, sia nei villaggi sperduti delle zone rurali, che negli slum, i quartieri degradati delle grandi città. Basta ascoltare la voce delle piccole associazioni di sviluppo locali, legate alla Chiesa o alla società civile, che hanno preso a cuore la sorte delle donne e dei bambini e, vivendo i problemi, sono in grado di individuare le soluzioni più efficaci.
Caritas Antoniana, grazie all’aiuto di voi lettori, accoglie queste voci e le trasforma in progetti concreti, piccoli, mirati e sostenibili, radicati nelle culture locali. Eccone due, realizzati in Andra Pradesh, nell’India del Sud.


I mille colori del riscatto


Poche cose come un sari impreziosito dai ricami trasformano una donna in una regina. Sarà per questo che nelle città indiane tessuti ricamati, spesso con tecniche tradizionali, sono molto richiesti e hanno creato una piccola economia. Perché non sfruttare questa domanda del mercato a favore delle donne degli slum? Se l’è chiesto un’associazione di volontariato della città di Cuddapah, nell’Andra Pradesh; si chiama Worth (Weaker sections organization for rural training and health) e si occupa da anni della formazione professionale e dell’avviamento di piccole attività da reddito per i più poveri. Negli slum ci sono moltissime donne con bambini, migrate dalla campagna in seguito alla perdita del raccolto per siccità o inondazione. «Vengono qui per disperazione, senza niente, ma non trovano né lavoro né cibo – spiega la signora Padma, responsabile dell’associazione –. Per alleviare tanta povertà, abbiamo creato per loro negli slum dei gruppi di auto-aiuto. È da uno di essi che ci è giunta la richiesta di corsi di arte zari (tecnica tradizionale di decorazione dei tessuti) e di patchwork».
Il progetto ha dapprima coinvolto una cinquantina di donne e si sta ora estendendo ad altre cinquanta. Il tutto con una donazione iniziale da parte di Caritas Antoniana di appena 3 mila euro. «Oltre alle tecniche di decorazione dei tessuti – continua Padma – le donne seguono corsi per gestire una piccola attività di vendita e per accedere al microcredito, cioè a un piccolo prestito per comprare attrezzature e materie prime». Chi ha frequentato i corsi, riesce poi a guadagnare dalle 800 alle 3 mila rupie al mese, cioè dai 14 ai 51 euro, che negli slum significano sopravvivenza e dignità. Le misere contadine di ieri, oggi ricamano fili colorati sulla propria vita.


La dignità sul piatto

C’è un vezzo tra gli indiani: chi vuole dimostrare il proprio benessere, alle cerimonie
non fa risparmio di piatti fatti con le foglie di una pianta rampicante che cresce nelle foreste delle popolazioni tribali dell’Andra Pradesh. La raccolta delle foglie è per i tribali una delle poche fonti di guadagno, ma è allo stesso tempo motivo di sfruttamento per un popolo già molto povero e oppresso.
Così l’Unione medico missionaria italiana (Ummi), che da anni opera in Andra Pradesh, ha lanciato nel 2004 un appello a Caritas Antoniana: «Aiutateci a fare in modo che questa risorsa produca reddito per i tribali e non sia più fonte di sfruttamento». La richiesta si basa sulla considerazione che vendere la materia prima rende molto meno che vendere il prodotto finito.
Il progetto, finanziato dalla Caritas Antoniana nel 2004 per un totale di 13.500 euro, consisteva nella creazione di tre unità di lavoro dove far convergere e trasformare le foglie provenienti da quattro villaggi sperduti dei distretti di Khammam e West Godavari. Il finanziamento ha reso possibile l’acquisto delle macchine e la copertura dei costi di avviamento dell’attività. A gestire il progetto in ogni sua fase è stata Seeds, una ong locale, da anni impegnata nella promozione umana e sociale della popolazione tribale.
I risultati? Eccezionali e non solo dal punto di vista economico. A distanza di due anni, il progetto si è diramato ad altri tre villaggi e attualmente coinvolge 50 famiglie. «L’attività di produzione è comunitaria e si basa sul principio di mutuo soccorso – ci riferiscono dall’Ummi –. I giovani, in maggioranza ragazze, partecipano con entusiasmo; ormai controllano ogni fase del lavoro e della commercializzaione. Oggi la fame non fa più paura. Nelle ragazze sedute alle macchine per cucire le foglie vedi tutto l’orgoglio di un popolo che risorge».

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017