Lui bussa alla nostra porta: apriamogli il mondo

Possiamo sfamarlo per un giorno o per un anno, possiamo regalargli molte cose ma perché accontentarsi? Diamogli un valore che nessuno potrà mai togliergli doniamogli la possibilità di conoscere, di difendere i propri diritti, di imparare un mestiere.
05 Giugno 1999 | di

Mandiamolo a scuola

Scuola: rapporto Unicef
Un diritto negato

Secondo l'Unicef, quasi un sesto della popolazione mondiale è analfabeta mentre oltre 130 milioni di bambini stanno crescendo senza un'istruzione di base. Investire nella scuola significa investire nel futuro dei popoli. Per questo motivo la Caritas antoniana dedica i progetti della campagna 13 giugno, lanciata, come di consueto, in occasione della festa di sant'Antonio, alla costruzione, ristrutturazione e mantenimento di otto scuole di ogni ordine e grado in tre paesi: India, Uganda e Brasile.
Vi chiediamo di aiutarci ancora una volta, sull'esempio del Santo, perché a tutti questi piccoli tocchi una sorte migliore.

Il rapporto Unicef sulla condizione dell'infanzia nel mondo 1999, rileva che 855 milioni di persone, quasi un sesto della popolazione mondiale, si affacceranno al terzo millennio senza saper leggere e scrivere e senza aver mai toccato un computer. Oltre 130 milioni di bambini in età  scolare cresceranno senza istruzione di base, mentre altri milioni riceveranno un'educazione scolastica scadente. Drammatica la situazione delle bambine: su tre bambini che non hanno accesso all'istruzione elementare, quasi due sono femminucce. Le conseguenze sono pesantissime.
Secondo l'Unicef, esiste una correlazione tra istruzione delle donne e tasso di mortalità  infantile: «Si calcola - specifica il rapporto - che un aumento di 10 punti percentuali del tasso d'iscrizione femminile alla scuola elementare porterebbe a una riduzione della mortalità  infantile di 4,1 per mille; un aumento analogo alla scuola secondaria porterebbe a un ulteriore calo del 5,6 per mille». Ma la mancanza di istruzione incide anche sulla capacità  delle persone di svolgere un lavoro produttivo e di proteggere se stessi e la propria famiglia; sapere per esempio che l'igiene e una corretta alimentazione sono fondamentali alla salute evita un notevole numero di decessi.
La negazione dell'istruzione è una minaccia anche per la democrazia e la pace: l'analfabetismo rende difficile farsi strada nella società , comprendere i meccanismi della parità  tra le culture e i sessi, rendersi promotori di significativi cambiamenti sociali.

Le cause

L'analfabetismo infantile ha diverse cause. La più importante è il lavoro, o meglio l'utilizzo di bambini per lavori svolti in condizioni di fatica, di pericolo e di sfruttamento. «Si calcola - riferisce il rapporto Unicef - che nei paesi in via di sviluppo vivano 250 milioni di bambini intrappolati nel mondo del lavoro minorile, molti dei quali privi di qualsiasi forma d'istruzione». Vi sono però altre cause: la mancanza di edifici scolastici (o la loro lontananza) e di insegnanti preparati; l'impossibilità  di pagare tasse e materiali scolastici.
Per le bambine c'è una ragione in più: il fattore culturale. In molti paesi, le famiglie non reputano necessario investire nell'educazione delle figlie, relegandole ai mestieri di sussistenza. Ci sono culture, come quella indiana, per cui nascere donna è quasi una disgrazia.
Una ricerca condotta a Bombay nel 1984 registrava che su 8 mila aborti 7999 riguardavano feti femmina e che tra le bambine la mortalità  era il 50 per cento superiore rispetto ai bambini perché peggio alimentate e curate. In questi casi, la stessa condizione d'inferiorità  ed emarginazione si ripresenta a scuola, cosa che sovente porta le bambine a lasciare gli studi.
L'abbandono scolastico, questa volta di entrambe i sessi, è anche dovuto alla scarsa qualità  degli insegnanti, dei programmi e dell'ambiente. Ci sono scuole in cui mancano persino le lavagne e in cui un solo insegnante può avere anche 90 alunni.
Inoltre, avendo a disposizione pochi strumenti didattici per attirare l'attenzione dei bambini, gli insegnanti praticano una disciplina molto rigida comprendente anche punizioni corporali.
L'Unicef calcola che per queste ragioni oltre 150 milioni di bambini nei paesi in via di sviluppo iniziano la scuola ma non raggiungono la quinta elementare.

   
   
NON DI SOLO PANE      

I progetti di solidarietà  proposti agli amici della grande e generosa Famiglia antoniana dal «Messaggero di sant'Antonio», in collaborazione con la Caritas antoniana, negli scorsi anni avevano avuto come fine la soluzione di problemi, per dire, materiali: il soddisfacimento cioè di quelle esigenze indispensabili a vivere (il pane, l'acqua, la salute, il lavoro, la casa...), che Gesù nel respingere le tentazioni del maligno (stava preparando con un severo digiuno l'avvio della vita pubblica), aveva sintetizzato nella parola «pane». Pur evidenziandone tutto il valore, Gesù riprende un'affermazione       della Scrittura (Dt 8,3) e dice: «Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Nella «parola» di Dio poi, è possibile far convergere tutte le esigenze dello spirito e dell'intelletto delle quali la scuola e l'istruzione rappresentano il punto insostituibile di partenza.
Nel commentare il brano evangelico, riferito da Matteo delle tentazioni diaboliche respinte da Gesù, sant'Antonio spiega: «La Parola di Dio è il Figlio, che è la Sapienza che procede dalla bocca del'Altissimo. La sapienza è chiamata così da 'sapore'. Quindi il pane dell'anima è il sapore della sapienza, con il quale assapora i doni del Signore e gusta quanto soave è il Signore stesso». Il Santo, uomo di grande cultura umana e teologica, aveva avuto modo di assaporare a fondo il gusto della parola di Dio e della sapienza, i quali hanno «ogni soave sapore, che rende insipido ogni piacere della gola». Ecco perché i progetti di quest'anno mirano a far sì che bambini, ragazzi e giovani di       paesi particolarmente poveri (India, Brasile e Uganda) possano gustare anche loro «il sapore della sapienza», altrimenti negato, accedendo all'istruzione, sia a quella preliminare di base sia a quella più avanzata (professionale e universitaria), per avere accessi più facili nel mondo del lavoro e per preparare i quadri in grado di gestire e far progredire la società . L'istruzione e la cultura costituiscono una pietra indispensabile allo sviluppo di una società  in difficoltà . Don Milani, l'indimenticato priore di Barbiana, per sollecitare gli alunni più recalcitranti della sua scuola, era solito gridare: «La differenza tra un padrone e un operaio sta nel fatto che il pa-drone conosce 1000 parole e l'operaio solo 100 e può in ogni momento metterlo in difficoltà ». Così la differenza tra paesi sviluppati e altri bloccati nel sottosviluppo, non sta nella mancanza di risorse effettive (molti paesi poveri in questo sono ricchissimi), ma nella possibilità  di sfruttarle, nella tecnologia, che si acquisisce solo attraverso l'istruzione e la cultura. Non solo, ma l'istruzione e la cultura accendono e sollecitano le esigenze di libertà , di democrazia, di tolleranza, di progresso. Investire nella scuola vuol dire investire nel futuro di un popolo . Tutto il contrario della politica di sfruttamento portata avanti da sempre dalle multinazionali, dai governi di paesi ricchi che nel sottosviluppo di altri fondano la loro       ricchezza, la loro egemonia.
Succedeva, in forme diverse, anche ai tempi di sant'Antonio. E il Santo, che conosceva il sapore della sapienza e della libertà , con tutto quel che ne seguiva, si batteva con la parola e l'esempio perché quel piacere fosse esteso al numero più grande possibile       di persone.
A noi, amici della Famiglia antoniana il compito di realizzare il suo progetto che continua a vivere nelle realizzazioni dei suoi confratelli cui ha consegnato il testimone della carità  e della solidarietà .

     

«Il pane dell'anima è il sapore della sapienza, con il quale assapora i doni del Signore e gusta quanto soave è il Signore stesso».

INDIA


con le piccole lavoratrici aborigene

Un'antica cultura tribale schiacciata dall'impatto con la civilizzazione, la storia di un popolo alla deriva che non sa più proteggere i propri figli. Lo scotto peggiore è sulla pelle delle bambine: piccole schiave, condannate all'ignoranza e all'incoscienza di sé. Per loro una formazione totale per autoproteggersi.

L'intervento della Caritas antoniana in India riguarderà  due zone tribali: le colline di Yelagiri e le colline di Jawadi, situate le prime lungo la costa a sud di Madras, le seconde nell'entroterra della stessa megalopoli. Nelle colline di Yelagiri ci sono 14 villaggi tribali per un totale di 30 mila persone, in quelle di Jawadi i villaggi sono 350. Il progetto è rivolto alle bambine perché più esposte alle violenze e allo sfruttamento: nell'estrema povertà , se avanza qualche risorsa viene comunque destinata al maschio, il quale più facilmente frequenta la scuola e ottiene lavoro. Per i bambini, inoltre, esistono altre strutture istituite dai salesiani. Tra le donne, invece, l'analfabetismo tocca punte del 95 per cento, perché nella durezza della loro vita la scuola è l'ultima delle preoccupazioni. Oltre alle faccende domestiche, che comprendono la faticosa ricerca dell'acqua potabile, le donne e le bambine lavorano nei campi e nelle miniere, fanno da manovali nei cantieri edili, tagliano il legno nelle colline e allevano animali. Le più «fortunate» vengono fatte sposare giovanissime e subiscono le violenze dei loro mariti spesso alcolizzati; molte vengono sottratte alle famiglie con la scusa di una vita migliore e finiscono schiave-bambine nelle città  o prostitute.
Migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle donne tribali è lo scopo del progetto, ideato dalle Figlie di Maria Ausiliatrice di Chennai (Tamil Na-du), il ramo femminile dell'ordine salesiano.
Per far questo, bisogna iniziare dall'educazione che in questo caso non può tradursi in un semplice «andare a scuola» ma una formazione totale che le suore chiamano «educazione non-formale»: recupero della dignità  e della coscienza di sé, cura per la salute, conoscenza dei propri diritti e delle regole sociali. Contemporaneamente imparano a leggere e a scrivere e iniziano la pratica di un mestiere come il cucito o il ricamo pregiato. Superato un primo stadio, le bambine sono pronte ad affrontare l'«educazione formale», cioè la scuola legalmente riconosciuta, fino ai gradi più alti.

Cosa farà  la Caritas antoniana

Per portare avanti questo programma, le suore salesiane chiedono alla Caritas antoniana la costruzione di due case di accoglienza per 200 bambine dai 7 ai 14 anni, una a Krupalaya nelle colline di Jawadi, l'altro a Mangalam Post nelle colline di Yelagiri.
Senza poter ospitare le bambine, la lontananza dei villaggi e le precarie vie di comunicazione non consentirebbero l'attuazione del progetto.
Ogni casa di accoglienza prevede la costruzione di tre edifici:
1) Una sala multifunzionale di circa 800 metri quadrati ospiterà  di giorno le attività  organizzate dalle suore e di notte diventerà  il dormitorio, dove ogni bambina srotolerà  la propria stuoia da notte. Un'area vicina sarà  riservata ai servizi igienici.
2) Il dormitorio delle suore.
3) La cucina-mensa.

   
   
UN POPOLO ALLA DERIVA      

La società  indiana tuttora mantiene la tradizionale divisione in caste secondo principi religiosi di purezza ma anche secondo l'influenza politica, la professione e il censo. Il 52 per cento della popolazione indù appartiene alle caste più basse e più povere; il 18 per cento, i Dalits , per le condizioni disperate in cui vivono, non sono degni di rientrare in alcuna casta e sono per questo chiamati i «senza casta o intoccabili», perché considerati «impuri». Ma esiste - e pochi lo sanno - anche un altro strato della popolazione indiana che è ancora più miserabile dei Dalits e che più di loro subisce emarginazione e abusi: sono i gruppi tribali o aborigeni.Discendenti degli originari abitanti dell'India, un tempo vivevano nelle foreste e avevano riti religiosi, rituali e meccanismi sociali in grado di mantenere un perfetto equilibrio tra l'uomo e la natura. Ogni risorsa usata veniva ripristinata e protetta, dall'ambiente ottenevano tutto ciò       che serviva per vivere, senza spreco e senza sfruttamento: cibo, riparo, medicine naturali.
Poi iniziarono le invasioni e il loro ambiente venne sempre più ristretto, fino all'ultimo attacco, quello della «civilizzazione». Il loro territorio, ricco di minerali e di acqua,       diventò terra di conquista per uomini d'affari e sfruttatori. La terra, che era sempre appartenuta a tutti, divenne proprietà  di pochi. Per i tribali, abitanti delle foreste, non rimase che la via dell'esilio nelle zone collinari, cercando un'improbabile sopravvivenza al genocidio culturale.
E siamo ai giorni nostri. Privati del loro ambiente, abituati a vivere usando le risorse naturali, oggi i tribali soffrono la fame. Per sopravvivere proprio loro, i cultori della foresta, sono costretti a tagliare gli alberi e vendere il legname. Muore la loro foresta e muore la loro cultura: con la civilizzazione arriva il germe della competizione e dell'individualismo, distruggendo la struttura sociale solidale e democratica che li caratterizzava. Competono per avere le briciole loro concesse dall'assistenza statale; oberati dai debiti, lavorano come schiavi nelle cave di pietra o al soldo di qualche       padrone.
La costituzione indiana li ha posti sotto speciale tutela, il governo ha lanciato programmi di assistenza e sviluppo: nessuna di queste iniziative ha messo al centro il loro disagio di popolo alla deriva, la loro non comprensione dei meccanismi che regolano la società  civile, i loro nuovi bisogni: riparo, lavoro, educazione, accesso all'acqua potabile e alla salute.

 

   
   

   

Superficie: 3.166.432 Km quadrati.
Abitanti:  967.612.804;
305,5 abitanti per Km 2
Capitale: Nuova Delhi.
Ordinamento: Repubblica    federale.
Prodotto interno lordo:
380       dollari Usa.
Speranza di vita:
62 anni.
Mortalità  infantile sotto i 5 anni:
108 su 1000.
Medici: 1 ogni 2173 abitanti.
     
               
         

         

         

       

         

         

         

         

       

         

         

       

         

         

         

         

       

         

         

    

       

         

         

         

         

       

         

         

         

       

         

         

         

       

         
ISTRUZIONE: INDIA ITALIA
Alfabetizzati:
Adulti:
           
Maschi 66% 99%
Femmine 38% 98%
* Tasso scolariz.
primaria             (lordo)
Maschi 110% 99%
Femmine 90% 98%
* Tasso scolariz.                    secondaria (lordo) Maschi 59% 87%
Femmine 38% 88%
Maestri
elementari
1             ogni
63 scolari
1            ogni
11 scolari
*  Il dato comprende anche i bambini di età  superiore  a quella richiesta per frequentare la scuola.

UGANDA

con i figli della guerra e dell'Aids

Il paese, devastato dalla guerriglia e da un numero spaventoso di sieropositivi, ha unìipoteca sul proprio futuro: un milione e centomila orfani senza affetti, senza scuola, senza accesso al lavoro. A loro favore finanzieremo cinque scuole, semi di speranza per un futuro migliore.

L'area interessata dal progetto della Caritas antoniana è la diocesi di Masaka, nell'Uganda del Sud, a 137 chilometri a sud ovest di Kampala, la capitale. Un territorio vasto, confinante a sud con la Tanzania, che comprende alcune isole del lago Vittoria, e si estende lungo la sponda ovest del lago fino ai distretti di Mpigi e Mubende. L'intervento della Caritas antoniana riguarderà  la costruzione di 5 scuole di vario ordine e grado, localizzate in diversi punti del territorio della diocesi. Il progetto nasce da un viaggio che padre Luciano Massarotto, segretario della Caritas antoniana, ha compiuto durante la scorsa estate, sfociato in accordi presi con il vescovo John B. Kaggwa, ora coordinatore del progetto.

I QUADRI DIRIGENTI

«St. Joseph's senior school» si trova nella parrocchia di Nkoni nel distretto di Masaka. È una scuola superiore dal glorioso passato. Nata nel 1965 per favorire l'accesso all'educazione ad alto livello delle ragazze, fornì fino al 1980 personale qualificato nel settore commerciale e impiegatizio.
Molte ragazze proseguirono con gli studi universitari, altre entrarono nell'amministrazione pubblica. Qualcuna divenne imprenditrice, creando nuovi posti di lavoro.
Poi iniziò un lento declino dovuto a ragioni economiche, di disciplina interna e di progressivo scadimento della qualità  dell'insegnamento. Le iscrizioni diminuirono, gli insegnanti iniziarono un part-time con altre scuole: un ciclo perverso che portò alla chiusura.
Con la «St. Joseph's senior school» svanì anche l'opportunità  per le nuove generazioni di essere protagoniste dello sviluppo del loro paese e, insieme, l'Uganda perse la possibilità  di avere personale altamente specializzato per i quadri medi dell'amministrazione.

Cosa farà  la Caritas antoniana

- La scuola sarà  riaperta sia alle ragazze che ai ragazzi di età  compresa tra i 13 e i 17 anni e darà  agli studenti sia la preparazione tradizionale, legalmente riconosciuta, sia una preparazione professionale adatta alle esigenze del paese. Verranno istituiti corsi per segretari d'azienda, sarti, artigiani, agricoltori, musicisti, ristoratori e nutrizionisti.
- in un secondo momento saranno avviati corsi professionali per l'uso dei computer, la produzione tessile, l'elettronica.
La Caritas antoniana finanzierà :
- la ristrutturazione degli edifici;
- i salari di 10 professori specializzati per un anno;
- il materiale didattico e le attrezzature per i laboratori professionali.
Il costo complessivo previsto sarà  di 110 milioni di lire.

OPERAI SPECIALIZZATI

«St. Sebastian Kyengerere catholic sub parish», è una grande parrocchia nel distretto di Masaka, divisa in 10 zone, con un gran numero di giovani disoccupati e che hanno abbandonato gli studi.
Scrive fra Francis Namuna parroco e cappellano di un'associazione studentesca che raccoglie 200 giovani: «I ragazzi, senza alcuna competenza professionale, si ostinano a cercare lavoro, mentre, in una realtà  come la nostra, dovrebbero essere creatori di lavoro».
È proprio fra Namuna a proporre alla Caritas antoniana il progetto per la costruzione di una scuola professionale aperta sia agli studenti della scuola secondaria - che potrebbero frequentarla durante le vacanze - sia ai disoccupati. La scuola dovrebbe preparare sarti, carpentieri, muratori, ristoratori, artigiani e segretari.

Cosa farà  la Caritas antoniana

L'idea è di costruire tre blocchi di aule. I ragazzi della parrocchia credono molto in questo progetto tanto che hanno già  preparato 45 mila mattoni che serviranno per la costruzione della scuola, sono disposti a ripulire la zona in cui sorgerà  l'edificio, a fare i manovali e a occuparsi dei lavoratori.
Alla Caritas antoniana chiedono di finanziare:
- l'acquisto dei materiali mancanti (ferro, cemento, pietre, porte, finestre ecc.);
- le paghe degli operai specializzati.
Costo previsto 30 milioni di lire.

TRE SCUOLE PRIMARIE

Nell'era dell'Aids, l'Uganda ha un triste primato: un sieropositivo ogni 10 persone nell'età  compresa tra i 15 e i 49 anni. Ciò significa che la generazione più attiva del paese sta subendo catastrofiche perdite, lasciandosi alle spalle circa 1 milione e 100 mila orfani. Il fenomeno sta minando la tradizionale «famiglia allargata», secondo cui un orfano era comunque accolto e allevato dai parenti più stretti.
Oggi un capo famiglia può arrivare a prendersi cura di oltre 50 bambini figli di parenti morti per Aids, e magari è anche lui sieropositivo.
Nell assenza totale dello stato, le diocesi stanno organizzando una rete di assistenza per gli orfani che ha alla base la scuola primaria. Queste scuole parrocchiali seguono i piccoli fino ai 13 anni, dando loro una formazione di base e un pasto al giorno.

Gli interventi della Caritas a favore delle scuole primarie saranno tre:
1) «St. Francis primary school». La scuola si trova a Kagoogwa, a 31 miglia da Masaka, in una zona particolarmente abbandonata. Il responsabile del progetto, fra Benedict Ssettuuma, così descrive gli abitanti della zona: «Vivono in condizioni subumane di povertà , ignoranza e malattia.
Molti gli orfani per l'Aids e non hanno modo di andare a scuola».
Di fronte a questa situazione disperata, un'associazione di genitori ha preso l'iniziativa di costruire la scuola primaria, che oggi è un edificio di fango con solo 4 aule per più di 400 bambini. L'associazione chiede di poter costruire un blocco centrale di 5 aule e, in un secondo momento, un altro blocco di due aule, una piccola biblioteca e un ufficio amministrativo. I genitori offrono una partita di 10 mila mattoni, un piccolo pezzo di terra, l'acqua necessaria e la pulizia del luogo in cui sorgerà  l'edificio.
La Caritas antoniana finanzierà :
- tutti i materiali di costruzione mancanti;
- i salari degli operai specializzati;
- l acquisto di un altro pezzo di terra.
Costo previsto: 25 milioni di lire.

2) «St. Benedict Kibuuka memorial primary school». Si trova nella sottoparrocchia di Kiwaawo, in una zona rurale del distretto di Masaka. La scuola sorse nel 1991 per iniziativa privata. Al suo esordio contava 97 allievi e due aule di fango con il tetto in paglia, oggi accoglie 347 alunni, ha 7 aule in muratura e 9 insegnanti. La scuola fatica a reggersi perché i poveri contadini della zona non sempre riescono a pagare le già  basse rette d'iscrizione. Per cui, impegnata a sopravvivere, la scuola non ha neppure potuto comprare i banchi per gli allievi: i piccoli arrivano a scuola con la stuoia sotto il braccio e scrivono alla meglio appoggiandosi sulle ginocchia.
La loro richiesta è molto semplice: vorrebbero essere aiutati nell'acquisto di 150 banchi.
Costo previsto: 7 milioni di lire.

3) «St. Joseph's multipurpose institute (SSS) Villa Maria». Si trova nella città  di Masaka, in una delle parrocchie più antiche dell'Uganda. La scuola, composta da due blocchi di aule con il tetto di lamiera, è una nostra vecchia conoscenza: un paio di anni fa sono stati inviati circa 10 milioni di lire per rifare il tetto di uno dei due edifici.
Le urgenze ora sono due: il rifacimento del tetto del secondo edificio e la costruzione di due cisterne per l'acqua.
Costo previsto: 43 milioni di lire.

   
   
Superficie: 241.133 Km quadrati.
Abitanti:
20.604.874.
Densità :
85,4 abitanti per Km quadrato.
Capitale:
Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017