Mucca pazza e dintorni
Da quando le hanno dato da mangiare i suoi simili, sia pure sbriciolati in farina, la mucca è impazzita mettendo nei guai un bel po' di gente: i consumatori terrorizzati per quello che si può annidare in quella che una volta era solo una succulenta bistecca (ma anche in altri cibi); i macellai dai cui banconi la carne è quasi sparita perché ormai sono in pochi a richiederla; gli allevatori che attendono con il cuore in gola i responsi delle analisi perché mucca malata vuol dire stalla massacrata: i politici che, non sapendo che pesci pigliare (anzi che mucca...), sono costretti a improvvisare leggi e decreti sulla cui efficacia neppure loro sono pronti a scommettere.
La vicenda ci ha sollecitato a fare qualche riflessione, semplice semplice, da uomini della strada, come voi. Per esempio. Il morbo le mucche non se lo sono procurate da sole. È quasi certo che a provocarlo siano stati i mangimi che contenevano, variamente trattati, carni e ossa di altre mucche, trasformandole da erbivore, come natura le aveva create, in carnivore. Mangimi da tempo vietati, che qualcuno ha continuato a produrre e altri, più o meno in buona fede, a servire nelle stalle.
Chi poi doveva vigilare non ha vigilato con la dovuta attenzione.
Mentre chi avrebbe dovuto da subito (è una decina d' anni che il morbo fa vittime, e non solo nelle stalle) mettere sull' avviso circa la gravità del caso e invitare a prendere provvedimenti, ha taciuto.
Ma la natura ha le sue leggi e quando le si viola clamorosamente, come in questo caso, si vendica.
E le conseguenze sono salatissime. In termine di salute e di soldi. L' innocenza che tutti ostentano, a qualcuno di certo non si addice.
Non è la prima volta che ci tocca piangere amaramente (lacrime di coccodrillo) sulle nefaste conseguenze della nostra stolidità : inondazioni più ricorrenti del solito, stagioni impazzite, ozono perforato, deserti che avanzano, ghiacciai in liquefazione con il rischio che, facendo sollevare il livello degli oceani, provochino immani catastrofi e altro ancora... sono il risultato di un uso dissennato della natura e delle sue risorse, stupidamente convinti che sull' altare del profitto tutto possa essere immolato. Già , il profitto, di certo non estraneo anche nella vicenda della mucca pazza.
E allora, che fare? Nel concreto, la gente, a suo modo, una risposta l' ha data, facendo aumentare del 40 per cento il consumo della carne biologica, cioè di mucche allevate come Dio comanda, senza innaturali pastoni. È solo un' indicazione, ma da non sottovalutare. Il problema, però, è più ampio: La tecnologia consente oggi alla scienza ricerche sulla natura, e conseguenti applicazioni sul campo, che ci lasciano con il fiato sospeso per l'ammirazione, per le enormi positive ricadute che possono avere sulla medicina a vantaggio dell' uomo; ma anche sgomenti perché non sappiamo, ad esempio, che cosa celino nei loro geni modificati alcuni prodotti destinati a diventare di largo consumo. Quei pomodorini tutti belli, tutti uguali che si mantengono sani e sodi al di là di tempi una volta neppure immaginati, sono solo una riserva di vitamine o un qualcosa che a lungo andare può produrre effetti tipo mucca pazza? Non lo sappiamo.
Molti scienziati giurano che male finora non ne hanno fatto e mai ne faranno. Sarà , ma in noi, uomini della strada, resta il dubbio che dietro a questo ci sia ancora la molla del profitto.
E allora? Bloccare ogni ricerca scientifica o porvi dei limiti? Certo che no. Sappiamo quanto di utile per l' umanità è venuto e può venire dalla ricerca scientifica, anche se non dobbiamo dimenticare che in tempi recenti un impiego deteriore di essa ha scritto pagine assai buie.
Si tratta di ribadire - come ha fatto anche di recente Giovanni Paolo II - che il profitto, l' efficienza economica o altro non possono essere i soli fini.
È vero, ad esempio, che con le biotecnologie si può produrre il doppio rispetto al passato, però questo ha senso se produce salute, benessere materiale e spirituale, senza altre nefaste conseguenze.
Perché ogni attività umana deve essere orientata al bene e al rispetto dell' uomo, nei fini come nei mezzi e nelle conseguenze. Se prescinde da questo, non è degna dell' uomo.
Un criterio rispondente a questi principi è dunque produrre bene, nel rispetto della natura e dei consumatori. Insomma, occorre passare a un' economia per l' uomo e non contro di lui, passando francescanamente dalla cultura della conquista e dello sfruttamento a quella della vita e dell' ambiente.
Per il bene di tutti. Non vediamo altre alternative serie.