Nessun viaggio è inutile
«La speranza è l’attesa dei beni futuri, che genera un sentimento di umiltà e una pronta disponibilità di servizio. La speranza è detta in latino spes, quasi pes, piede, passo di avanzamento» (Sant’Antonio, Purificazione della Beata Vergine Maria – II)
Padova 17 marzo 1231. È un Lunedì Santo. Grande notizia: il Comune ha deciso che, su istanza di frate Antonio, non ci sarà più prigione e pubblica umiliazione per chi, senza propria colpa, precipiti nell’incapacità di onorare i debiti. Fu, questo, uno degli effetti concreti della predicazione del Santo nella Quaresima di quell’anno, nella quale egli era riuscito, per grazia di Dio, a rovesciare l’anima dei padovani e a riportarli tutti al Vangelo. Una città cambiata, insomma, ma non libera da gravi problemi sui quali il Santo portoghese doveva ancora chinarsi con misericordioso ardimento.
Padova «guelfa», vicina, cioè, al papato, era antagonista del fronte «ghibellino» devoto invece all’imperatore Federico II che aveva in Italia un proprio feroce vicario nel torvo figuro Ezzelino da Romano, il quale andava devastando e sottomettendo a sé, una a una, le città padane.
Anche Padova era in questa minaccia mortale, e già alcuni nobili che avevano tentato una resistenza armata contro il «Nerone» del tempo, languivano in durissima prigione a Verona, nel covo del tiranno.
Il Santo ne conosce la sinistra fama e così lo descrive: «Un certo tiranno di questo tempo, avvelenato dal tossico dell’iracondia, come il basilisco, stermina le erbe con il soffio della sua cattiveria, opprime cioè i poveri; fa morire le piante, cioè le popolazioni; contamina perfino l’aria; leva la sua bocca fino al cielo, e il suo sibilo fa inorridire perfino gli altri rettili».
Che cosa spinse frate Antonio, già stanco e molto malato (morì un mese dopo), a partire per Verona per intercedere presso Ezzelino la liberazione degli ostaggi? Egli provava viva compassione per un popolo che aveva saputo fare penitenza, e allora «obbedì» alla città che amava. Nel cuore gli risuonavano, e gli bastavano, le parole della fede: «Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la bontà, camminare umilmente con il tuo Dio» (Mic 6,8).
Il «basilisco» e il Santo si incontrarono: Ezzelino non accondiscese subito alla domanda di scarcerazione, ma non infierì sul povero frate come ci si sarebbe potuto aspettare; restò quel che era, ma da quel giorno fu «meno feroce», e i prigionieri un anno dopo riebbero la loro libertà, quando Antonio era già santo canonizzato.
Ha senso mettere a repentaglio la propria vita per la vita degli altri? Antonio, con quel pellegrinaggio faticosissimo e dalle incertissime prospettive, chiuse il cerchio della propria donazione a Dio e ai fratelli.
Padova-Verona: tragitto simbolico di quei «passi inutili» che l’Amore non lascia mai senza effetto.