Occhi che ci guardano e chiedono perché
L'avevano chiamato Iacopo, quel bambino appena nato, ritrovato, abbandonato in un giardino della città di Modena. Le notizie sulle sue condizioni di salute facevano parte del telegiornale della sera. Lo avevamo adottato in tanti. Con proposte concrete, con una forte partecipazione emotiva. Non ce l'ha fatta a resistere. Pochi giorni di vita, giusto il tempo per fare capolino in questo mondo e accorgersi che forse non valeva proprio la pena di continuare.
Due occhi grandi di bambino. È il tema della copertina della rivista di questo mese di giugno, festa di sant'Antonio. Due occhi di un volto spaurito, aggrappato alla madre. Sono tutti uguali i volti dei bambini spauriti; sono tutti uguali gli abbracci delle madri. Può variare il colore della pelle. Non varia la tenerezza, la preoccupazione per quel volto, per quelle domande espresse dagli occhi. Sono un bambino e una madre iracheni, ma non sarebbe stato diverso se l'immagine fosse giunta dall'Africa, magari dal Darfur, una regione del Sudan devastata da una violenza che non fa notizia, presi come siamo dalla nostra guerra, oppure dai più vicini Balcani, o anche dalla nostra Italia. Magari con gli occhi di Iacopo, se avesse avuto il tempo di aprirli, orfani comunque dell'amore e dell'abbraccio della mamma.
L'appuntamento con sant'Antonio, nel giorno della sua festa, significa ritrovare una figura che ci è cara. Come accenno nell'apertura della rubrica delle lettere, siamo ancora colpiti dall'intensità e dall'ampiezza dell'adesione con cui avete risposto alla proposta di un cammino di condivisione. Tanta risposta ci interpella nel nostro compito di essere trasparenti in quello che diciamo e compiamo.
È un'eredità , la figura e la memoria di Antonio, che abbiamo ricevuto, che è stata capace di traghettare il tempo per un così lungo periodo e continua a essere compagnia e sostegno nella strada che stiamo percorrendo. Sant'Antonio con il Libro sacro ci interroga e ci induce a riflettere su quello che annunciamo, anche per noi Parola ricevuta; il sant'Antonio del pane solidale su quanto, a nome vostro, facciamo per chi si trova nel disagio e nella necessità .
È per questo che ogni anno, utilizziamo l'appuntamento con la festa del Santo, per presentare le campagne di solidarietà , proposte e seguite dalla Caritas antoniana, l'organismo del Messaggero che segue direttamente i Progetti e le richieste di aiuto.
I progetti di quest'anno sono rivolti ai bambini dell'Iraq. I contatti li abbiamo stabiliti soprattutto con le comunità cristiane, da sempre presenti e radicate in quella terra. Pur avendo in quelle comunità cristiane degli interlocutori diretti, sappiamo che quanto si potrà realizzare coinvolgerà indistintamente tutti coloro che sono nel bisogno. La fame e la necessità non hanno né colore né religione di appartenenza.
I contatti sono stati avviati già l'anno scorso. Pensavamo di poter intervenire in Iraq, con la speranza che la guerra alle sospette armi chimiche e a Saddam fosse già risolta lasciando il suo strascico di difficoltà alle spalle. Chi poteva supporre l'evolversi, il reciproco imbarbarimento di cui siamo venuti a conoscenza? Avremmo voluto che la parola fine già fosse stata posta per far rinascere la speranza e la solidarietà . Questo orizzonte sembra essere, invece, ancora lontano.
Comprendo le eventuali reazioni che questi argomenti possono suscitare: reazioni di fronte alle crudeltà fatte vedere, di fronte a una cultura che si pone in modo ostile nei nostri confronti. Ne siamo stanchi e ne abbiamo paura. In questo momento posso solo dirvi che, oltre le nostre stanchezze e paure, ci sono le necessità e le domande di aiuto che troverete descritte nella rivista.
Soprattutto ci sono quegli occhi che ci guardano e chiedono il perché.