Perché a te Antonio?

01 Giugno 2000 | di

Dire giugno per noi significa ritrovarsi all`€™appuntamento della festa con la memoria di sant`€™Antonio e della solidarietà  in suo nome proposta dalla Caritas antoniana.
C`€™è un bellissimo testo del poeta scrittore padre David Maria Turoldo dal titolo Perché a te Antonio? Uscito nel 1983, utilizza la stessa espressione che frate Leone, compagno di san Francesco, rivolgeva a questi, stupito di quanta gente restasse ammaliata dalla persona fisicamente insignificante, fragile, malata del santo uomo di Assisi. C`€™è evidentemente una bellezza interiore che nessuna «bruttezza» esteriore può deturpare, che non abbisogna di trucchi o di interventi ricostruttivi!
Perché a te Antonio? Potremmo anche dire «Perché a te padre Pio?», tanto è sorprendente la quantità  di gente che affluisce al santuario che conserva le spoglie di questo piccolo frate cappuccino, dall`€™aspetto arcigno e dal carattere a volte scostante. All`€™indomani della recente beatificazione dei ragazzi di Fatima, la domanda continua a porsi: «Perché a voi Giacinta e Francisco?», nello stupore dell`€™innocenza e della semplicità  visitata dal segreto di Dio.
Perché a te Antonio? Rimane stupita la nostra domanda a distanza di otto secoli. Domanda cui teologi, sociologi, storici hanno dato risposte. Belle. Convincenti. Ma che non hanno comunque spento la forza del nostro «perché?». Una domanda rivolta a te, Fernando di Lisbona, canonico nel reale monastero di Coimbra.Perché hai voluto divenire il semplice frate Antonio seguace della «poverella brigata» di frate Francesco?
Una scelta, la tua, che ha il sapore di un disagio esistenziale. In quell`€™ansia missionaria mossa dall`€™entusiasmo di un sogno che vuole farsi realtà  nella terra di Marocco. Una accelerata confusione di realtà  e sogno: sogno di un martirio per amore di Cristo, realtà  della malattia che ferisce, blocca, limita. E ancora la tempesta che fa approdare sui lidi di Sicilia così lontani e diversi da quelli noti della madre patria. E dopo il passaggio per Assisi, per te, Antonio ci fu il silenzio di Montepaolo, lassù nell`€™Appennino emiliano.
Non è facile abitare il silenzio. La sua nudità  è sempre tentata di rivestirsi di vesti sgargianti. Ma quando riesci a entrare nella sua essenzialità  si fa allora grembo capace di generare parole cariche di vita. So che li amavi questi luoghi, frate Antonio. Li amavi e ci tornavi di frequente: Montepaolo, Brive, in terra di Francia, Camposampiero. Erano i luoghi in cui prendeva vita l`€™annuncio della tua parola fremente contro l`€™ingiustizia; carica di passione per Dio perché conoscevi la fragilità  dell`€™uomo e compassionevole per l`€™uomo dopo aver parlato con Dio.
Eri proprio stanco nell`€™ultimo periodo della tua vita, dopo la grande predicazione padovana del 1231. Ti eri ritirato a Camposampiero, vicino a Padova. Gli amici ti erano vicini, trepidanti per la tua debolezza. C`€™era la premura del conte Tiso che ti aveva costruito una cella in mezzo alle fronde di un noce per trovare ossigeno ai tuoi sfiancati polmoni. Una cella che ti poneva già  sopra la terra, più vicino al cielo. Collocata, però, in un albero dalle profonde radici che affondavano nella madre terra.
C`€™erano frate Luca e frate Ruggero a vigilare preoccupati sul tuo faticoso riposo. Furono loro ad accompagnarti nell`€™ultimo viaggio, quello che avresti voluto finire a Santa Maria Mater Domini, la chiesetta che ti era cara, fuori dalle mura di Padova. Non ci arrivasti. Ritornavi invece alla casa del Padre, ospite nella piccola Cella delle discepole di madre Chiara, circondato dalla loro premura femminile. Bellezza e grandezza della femminilità  nel far venire alla vita e nell`€™accompagnare oltre questa vita, nell`€™incontrare l`€™eterno. A Santa Maria ci sei arrivato dopo morto, Antonio, in quel luogo oggi a te dedicato che conserva le tue spoglie.
Lo stupore scaturisce non tanto dalla bellezza artistica di questa grande chiesa che ti hanno edificato, ma più ancor dalla vitalità  con cui continuano a vivere il tuo messaggio, la tua passione, la tua memoria. Intercessore per tante domande che salgono dalla fatica del vivere, compagno di tante esistenze ferite, santo capace di rendere solidale la nostra vita con quella di meno fortunati di noi. Perché a te Antonio?
Una domanda che non finisce, ma che forse qui trova parte di risposta.

fra Luciano Bertazzo
direttore editoriale

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017