Perché un dossier sull'islam?

Necessità di conoscere per poter convivere, non trascurando i rischi, gli equivoci di confronto che deve avvenire nella chiarezza e nella reciprocità.
27 Ottobre 2004 | di

Perché un dossier sui musulmani in Italia? Anzitutto per informare, che è il compito di ogni giornale. I musulmani rappresentano nel nostro Paese una realtà  consistente: li incrociamo per strada, lavorano nelle nostre fabbriche, i loro figli siedono sui banchi di scuola con i nostri, hanno centri di cultura e di culto... Sono un'entità  con la quale ci dobbiamo inevitabilmente confrontare e ci sembra dunque giusto conoscerla per poterla valutare e giudicare.
L'islam non è una realtà  monolitica, ma frammentata in una miriade di fazioni, alcune anche bellicosamente contrapposte. Basta vedere quello che succede in Pakistan tra sciiti e sunniti con un seguito tragico di morti. Esemplificando ancora: gli islamici algerini sono diversi da quelli iraniani e i marocchini sono altra cosa dagli afgani. Ci sono poi islamici fondamentalisti, di un fanatismo crudele che non conosce limiti di pietà  e di umanità , e un islam moderato, soprattutto dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, al cui moderatismo sta contribuendo il mondo femminile.

Islam moderato che tuttavia deve compiere ancora molti passi in avanti sulla strada della laicità , con il quale però diventa necessario dialogare per coinvolgerlo in un processo di pace e di giustizia che neutralizzi il terrorismo fondamentalista e scongiuri quello scontro di civiltà  - mondo occidentale contro islam - che sarebbe con ogni probabilità  esiziale per il mondo intero. È il pensiero più volte manifestato dal presidente Carlo Azeglio Ciampi, da Giovanni Paolo II e da personalità  sia del mondo occidentale che dell'islam.
Non ci nascondiamo però la difficoltà  di questo cammino, i rischi e gli equivoci in esso racchiusi, che nel dossier sono solo accennati. Il dialogo, ad esempio: per farlo bisogna essere in due e non sempre la controparte islamica, pur dichiarandosi moderata, è disposta a farlo, manca in essa quell'apertura mentale, quella capacità  di mettersi in discussione, di ascoltare e di accettare nella sua vita soluzioni diverse, imposte dalla modernità ... ingredienti indispensabili per non fare del dialogo uno sterile e inutile monologo. È per questo che molti chiedono agli imam di casa nostra qualcosa di più di dichiarazioni contro il terrorismo praticato da alcuni loro correligionari.

C'è poi il problema grossissimo della reciprocità . I musulmani in Italia chiedono, esigono, luoghi di culto, possibilità  di vivere liberamente e di manifestare pubblicamente la loro fede e la loro religiosità . Cosa da noi puntualmente concessa in nome di una libertà  di culto che fa parte della nostra Costituzione, anzi del nostro Dna di uomini liberi e democratici. Ma non avviene altrettanto nei Paesi islamici, anche in quelli moderati - salvo pochissime eccezioni - nei quali a un cristiano non è concesso di avere luoghi di culto o di vivere pubblicamente la sua fede. Ci aspetteremmo, allora, dagli imam moderati che chiedono per sé moschee, una pressione analoga presso i rispettivi governi perché sia concesso altrettanto ai cristiani che colà  vivono.
Non ci risulta che ciò avvenga. Non va trascurata la costante vigilanza perché siano neutralizzati (questo spetta al governo e alle forze dell'ordine) quanti tramutano i luoghi di culto in cellule di formazione e di addestramento di aspiranti terroristi.

Il problema, come si vede, è complesso e le soluzioni non facili. Comunque tra una tolleranza doppio zero, brandita dal vicesindaco di una città  veneta come gli antichi turchi la scimitarra, e un'indifferenza che sa di cedimento, una via di mezzo bisognerà  trovarla per favorire un'integrazione che renda possibile la convivenza. Molti individuano nella scuola - i nostri e i loro figli assieme - il luogo perché ciò avvenga: è la cartina di tornasole per misurare il moderatismo dei musulmani che sono tra noi.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017