Piccoli progetti, grandi speranze

Spesso per ottenere grandi risultati non occorrono cifre elevate, ma buona volontà e la capacità di ascoltare i poveri e rispettare il loro modo di immaginare lo sviluppo.
07 Maggio 2001 | di

Una caratteristica fondamentale della Caritas antoniana è di finanziare decine di microprogetti, organizzati da missionari, gruppi e organismi locali. Il fine è duplice: raggiungere il cuore delle piccole comunità  e offrire quello di cui hanno veramente bisogno per avviare un processo di autosviluppo. Vi facciamo l' esempio di tre microprogetti, appena realizzati in Africa a favore dei bambini di strada e degli orfani dell' aids.

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BURUNDI - 26 milioni

Un progetto per 576 orfani

Il curatore del progetto, Jean Bosco Nintunze, economo generale di Bururi, in Burundi, ci ha chiesto, nel dicembre del 1999, un aiuto per gli orfani della guerra civile e dell' aids. Quest' ultima piaga ha ormai contagiato il 30 per cento della popolazione nelle città  e il 10 nelle campagne. Il numero, già  enorme, degli orfani, è destinato ad aumentare. Come prete e come uomo, Nintunze sente una grande responsabilità  per tutti questi piccoli e ha chiesto alla Caritas antoniana di aiutare l'Ampedo, un' associazione parrocchiale che si prende cura di 576 orfani, nella cittadina di Rumeza.
Con appena 26 milioni di lire, offerti dai lettori del «Messaggero», Nintunze ha fatto un piccolo miracolo:

- ha dato la possibilità  all' Ampedo di coltivare un ettaro di terra con mezzi e tecniche più moderne. In questo modo, ha assicurato agli orfani un buon approvvigionamento di cibo, in un paese che soffre di carestia endemica;
- ha affidato all' Ampedo il compito di avviare un allevamento di 33 maiali. Il ricavato dell' attività  servirà  a migliorare le condizioni di vita degli orfani e a organizzare corsi professionali;
- è riuscito a trovare in locazione una porcilaia per l' allevamento dei maiali, evitando di costruirne una. Con il denaro risparmiato ha edificato una scuola elementare a Horenzo, un villaggio vicino, dove vivono 80 orfani totalmente abbandonati.

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TANZANIA - 16 milioni

La Casa della consolazione

Padre Giuseppe Inverardi, appena eletto superiore regionale dei missionari della Consolata in Tanzania nell' agosto del 1999, ha ripreso, con il nuovo incarico, il suo impegno per i giovani. L' aids e la povertà  aumentavano di giorno in giorno il numero degli orfani abbandonati. Bisognava non solo accoglierli, ma anche aiutarli a costruirsi un futuro.
Per questo, gli stava particolarmente a cuore un istituto per bambini e ragazzi di strada, sorto a Iringa, quattro anni prima. La Faraja House, cioè la Casa della «consolazione», in lingua kiswahili, era un punto di riferimento. Accoglieva una cinquantina di bambini di strada e ne seguiva molti di esterni, affidati a famiglie. Annesso alla casa, c' era un centro professionale che formava in falegnameria, calzoleria, meccanica e agricoltura i ragazzi più grandi, ormai vicini ad affrontare la vita da soli.
La richiesta era molto semplice: dotare i nuovi diplomati di una cassetta di attrezzi, che permettesse loro di intraprendere la libera professione o di formare cooperative di lavoro. A marzo del 2000, la Caritas antoniana ha mandato 16 milioni di lire per comprare 27 cassette di attrezzi per i diplomati di quell' anno. I ragazzi hanno risposto con lettere piene di entusiasmo: «Ci avete donato una grande speranza. Non vi conosciamo, ma questi strumenti saranno sempre un ricordo della vostra generosità ».

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BENIN 12 milioni

Un orfanotrofio senza mezzi

Sempre rivolta agli orfani è l' attenzione di suor Maria Santos, responsabile dell' Orfanotrofio del «Sacro cuore di Gesù e di Maria» a Igolo, nel Benin. Questa volta l' aiuto richiesto era più di natura assistenziale, dunque al di fuori delle linee di azione della Caritas antoniana. Eppure, come ignorare una richiesta di aiuto per bambini orfani o abbandonati dai 5 agli 11 anni? L' istituto ne accoglieva 183, cercando di assicurare loro, oltre al vitto e all' alloggio, anche la scuola e la salute. Sforzo enorme per chi vive di carità . Suor Maria aveva fatto e rifatto i conti per ridimensionare la richiesta, ma i bisogni erano davvero tanti.
Innanzitutto, mancavano le medicine, specie quelle per la malaria, molto diffusa nella zona. Ma c' era bisogno anche di antibiotici, bende, polivitaminici e, persino, di aspirine. La dieta di molti bambini era carente per cui l' orfanotrofio doveva acquistare 2 mila 200 bottiglie di latte concentrato, 250 chilogrammi di zucchero, 1000 chilogrammi di farina e 500 chilogrammi di riso. Altra preoccupazione era il tetto dell' edificio, ormai fatiscente. Ripararlo alla meglio aveva un costo proibitivo per le suore: quasi 800 dollari (circa 1 milione e 600 mila lire).
Alla Caritas antoniana hanno rifatto i conti, scoprendo che questa lunga lista, presentata con tanta cautela, necessitava di un contributo di appena 12 milioni di lire. Non era il caso di pensarci su molto. Qualche mese dopo, una lettera piena di gioia annunciava il ricevimento della cifra.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017