RTFF, un Festival per le differenze
Parlare di differenze; mettere a confronto culture, fedi, linguaggi e stili diversi in vista di un mutuo arricchimento. Il tutto col supporto di un collante d’eccezione come la cinepresa. Si fonda su queste priorità il Religion Today Film Festival (RTFF) che dal 1997 (è una «creatura» dell’associazione Bianconero) porta a Trento storie e tematiche per accendere il dialogo tra popoli e culture. Non fa eccezione l’edizione 2017 in cui la kermesse – per festeggiare il suo anniversario – si propone di rileggere questi ultimi vent’anni alla luce degli eventi che hanno cambiato il mondo, nel contesto della post-secolarizzazione e del cosiddetto «ritorno del sacro». Per una decina di giorni, dunque, dal 13 al 22 ottobre, Trento si trasformerà in un crocevia di esperienze e sguardi, un punto di riferimento per cineasti, ma anche semplici appassionati di cinema e di viaggi.
Sì perché, anche se solo con immagini e parole, si viaggerà davvero parecchio al RTFF. Basta dare un’occhiata al ricco cartellone per rendersene conto: non solo proiezioni di film in gara (selezionati tra oltre 420 pellicole giunte da tutti i continenti), ma anche incontri (in primis la Conferenza dei direttori di festival cinematografici interreligiosi), seminari, attività per le scuole e spettacoli dal vivo. Con cinque giurie all’opera (internazionale; Signis; del Forum Trentino per la pace e i diritti umani; del Comune di Arco e di Cinoformi) e alcuni ospiti illustri – su tutti il cineasta polacco Kryzstof Zanussi e il critico cinematografico Virgilio Fantuzzi –, il XX RTFF si preannuncia all’altezza del precedente, che ha richiamato oltre cinquemila presenze. In attesa di conoscere i numeri di questa nuova edizione, ci siamo fatti raccontare da Katia Malatesta, direttrice artistica del Religion Today Film Festival, che cosa si nasconde dietro un’iniziativa tanto di nicchia quanto «di ampio respiro». Un’iniziativa preziosa non soltanto per il nostro Paese, ma per il mondo intero, i popoli e le culture che lo abitano.
Msa. Vent’anni di Religion Today Film Festival: come è cambiato nel tempo?
Malatesta. Il Festival è nato come impresa pionieristica. Fin da subito i fondatori, in particolare la regista Lia Giovanazzi Beltrami, decisero di affiancare a una ricerca di tipo scientifico-culturale (su come sia possibile trasferire la pluralità dei fenomeni religiosi sul grande schermo) un impegno più concreto, finalizzato alla convivenza. Su questo doppio binario, in vent’anni il Festival ha testimoniato grandi sfide, proprio come uno specchio dell’attualità (non a caso quel «Today» nel nome). Se all’inizio il sottotitolo della manifestazione «sotto un unico cielo» rimandava a una ricerca di elementi comuni tra le diverse tradizioni religiose, oggi il Festival è un «viaggio nelle differenze». In questi primi anni del terzo millennio, gli anni della superdiversità, gli studi di sociologia delle religioni hanno preso coscienza di quanto la varietà religiosa si contamini e si intrecci con le tante altre forme socio-economiche e di genere che caratterizzano la nostra società. E tutto questo l’abbiamo toccato con mano edizione dopo edizione.
Quali novità porta con sé il ventesimo anniversario?
Quest’anno il Festival è dedicato agli ultimi vent’anni che hanno cambiato il mondo. Si affronteranno le sfide dell’oggi con l’occhio del passato in cui esse si radicano. Attenzione puntata, dunque, sui conflitti di matrice etnico-religiosa, sul terrorismo, ma anche su molti altri aspetti e tentativi di convivenza. Tra le novità: una retrospettiva di film epocali usciti negli ultimi vent’anni, che in Italia sono stati visti poco o affatto, ma che risultano importantissimi per le cinematografie di riferimento. Le selezioni sono affidate a una giuria di esperti internazionali. Stiamo collezionando titoli veramente interessanti, che rendono l’idea di come sono cambiati il mondo e il cinema nelle diverse aree e negli anni. In questa rosa (al momento dell’intervista i titoli definitivi non sono stati scelti, ndr) comparirà sicuramente un’opera del regista serbo Goran Radovanovic (tra l’altro presente nella giuria internazionale del Festival). Senza scordare anche piccole produzioni scovate in festival africani e sudamericani. La regola per la selezione è una sola: pochi titoli ma buoni, cercando di puntare sulla varietà geografica.
Per quanto di matrice religiosa, il RTFF è diventato negli anni un appuntamento trasversale. Come mai?
Sin da subito il Festival, in quanto interreligioso, si è proposto l’obiettivo di raggiungere le diverse comunità presenti sul nostro territorio, le stesse che magari sono cresciute nel corso del tempo. Recentemente abbiamo moltiplicato gli sforzi per caratterizzare il RTFF come un evento che non si rivolge soltanto ai credenti di qualsiasi fede. La religione nei tempi della post secolarizzazione, del cosiddetto «ritorno del sacro», è emersa potentemente all’attenzione pubblica. Non si può fare a meno di parlarne. E questo vale anche per persone che non vivono direttamente un’esperienza di fede. Negli ultimi anni, dunque, si è cercato di creare occasioni di scambio e di confronto tra credenti e non credenti. E la cosa, spesso, ha portato a dibattere di pace, nella consapevolezza che il dialogo non mira necessariamente al consenso, ma al reciproco progresso.
Il resto dell'intervista nel numero di settembre del «Messaggero di sant'Antonio» e nell'edizione digitale della rivista.