Sanità sempre più in crisi
Nel 2023, 4,48 milioni di italiani hanno rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici importanti per la loro salute per tre fondamentali motivi: le lunghe liste d’attesa, le difficoltà di accesso alle cure come per esempio la lontananza della struttura sanitaria o la mancanza di mezzi di trasporto, e le difficoltà economiche. È quanto emerge dal 7° Rapporto Gimbe sulla Sanità pubblica, grazie ad elaborazioni dei dati Istat. A farne le spese, le fasce più povere e deboli della popolazione: persone in difficoltà economiche, anziani, persone con disabilità. Chi i soldi in qualche modo è riuscito ad averli paga prezzi sempre più salati. L’aumento della spesa sanitaria del 2023 rispetto al 2022, ovvero 4.286 milioni di euro in più, è stata interamente coperta dalle famiglie.
Il quadro che ne emerge è drammatico, perché il de-finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale, ormai in corso da 15 anni, mette in crisi un pilastro fondamentale della nostra società: «La tenuta del SSN è prossima al punto di non ritorno – denuncia Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe –, i principi di universalismo, equità, uguaglianza sono stati ormai traditi e si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute». Le previsioni per il futuro non promettono nulla di buono, nonostante i proclami dei politici.
Sempre secondo il rapporto Gimbe, il Piano strutturale di Bilancio, deliberato lo scorso 27 settembre in Consiglio dei Ministri, attesta che il rapporto spesa sanitaria Pil si riduce ulteriormente al 6,3% nel 2024-2025 e al 6,2% nel 2026-2027; la differenza già oggi con la spesa sanitaria media pro capite dei Paesi Ocse è di meno 889 euro per l’Italia. Come mai questa crisi è così pesante proprio nel nostro Paese? «I vari governi hanno sempre visto nella spesa sanitaria un costo da tagliare e non una priorità su cui investire – continua Cartabellota –: hanno scelto di ridurre il perimetro della tutela pubblica per aumentare i sussidi individuali, con l’obiettivo di mantenere il consenso elettorale, ignorando deliberatamente che quella decina di euro in più in busta paga non compensano certo le centinaia di euro da sborsare per un accertamento diagnostico o una visita specialistica».