Se manca il lavoro
«Cara Lorena, quest’anno l’azienda di mio marito è entrata in cassa integrazione. La disponibilità economica in famiglia si è, quindi, ridotta e abbiamo dovuto rinunciare alle consuete vacanze al mare. Da un lato, vedo Andrea abbattuto e mi dispiace; dall’altro, però, provo tanta rabbia. Poteva pensarci prima, magari impegnandosi a trovare un altro lavoro (è un ingegnere elettronico con fior fior di master). Sarebbe bastato così poco. Lui dice che sta bene dove sta, che non vuole rinunciare alle sue comodità (l’azienda è attaccata a casa) e si rifiuta di fare il pendolare. Io lavoro già otto ore al giorno (e altrettante in casa), più di così non posso fare. Come lo convinco a “darsi una mossa”?».Emma - Genova
Cara Emma, stravolgere le abitudini non è né facile né immediato. Non si tratta del motore di una macchina, che avvii semplicemente girando una chiave. Ognuno di noi, lo scatto, lo deve fare interiormente. Purtroppo non sempre quello che abbiamo dentro è visibile agli occhi, tanto meno quando si è preoccupati o, come in questo caso, abbattuti.
Non tutti siamo uguali, ciascuno ha la sua specificità. Capisco la tua reazione, legittima, giusta e, addirittura, potenzialmente funzionale a far reagire tuo marito. Non conosco la tua dolce metà, ma se fino a ora è stato un uomo responsabile, capace di applicarsi con responsabilità alla famiglia e al lavoro, non credo sia di punto in bianco impazzito.
Può essere che non riesca interiormente ad accettare la realtà e che reagisca in modo passivo perché incapace di gestire uno stravolgimento. L’appellarsi alle comodità può essere un modo per non caricarsi di una fatica psicologica che, in questo momento della sua vita, non riesce a sopportare.
A tutto ciò, aggiungiamo anche che tuo marito può essere disilluso da una società che di certo non spiana la strada alle persone in difficoltà. Sappiamo bene quanto sia difficile trovare un lavoro stabile e dignitoso.
I dati relativi alla disoccupazione in Italia non confortano. In più l’avanzare dell’età può creare ulteriori insicurezze: veder crollare gli anni e, con essi, impegno e sacrifici svolti nell’azienda dalla quale percepiva lo stipendio, e per la quale magari nutriva anche stima, attaccamento e soddisfazione, è un «lutto» che si deve elaborare.
Che cosa fare? Non ho verità in tasca: quello che mi sento di consigliarti è di provare a parlargli dolcemente, a chiedergli spiegazioni circa la sua inerzia. Nonostante le difficoltà prova a trasmettergli positività, a sottolineare che è solo un tempo di passaggio.
Perché, cara Emma, alla fine la vita è così, ha una legge che nessuno può cambiare: dopo la notte c’è sempre il giorno, dopo il buio la luce e dopo le tempeste il sereno.
Non so se ti sono stata utile, ma confido nella tua forza, perché le donne, in genere, sono sempre generatrici di amore e di speranza. Un abbraccio forte.