Settembre, tempo di migrare...
Padre Luciano Bertazzo, nel lasciare la direzione del Messaggero di sant'Antonio, diretto per sei anni, rivolge a lettori e collaboratori, un grazie sentito, e dà il benvenuto a padre Agostino che lo sostituisce nel ruolo di direttore generale.
Ricordo un editoriale di alcuni anni fa nel quale, citando reminiscenze poetiche, mi veniva in mente la nota espressione «settembre, tempo di migrare». Allora parlavo della ripresa delle attività dopo la pausa estiva. Mi ispiro ancora una volta a quell'espressione per stendere questo mio ultimo editoriale, uno spazio che ho sempre considerato come un'occasione di dialogo con voi lettori. Credo che questo editoriale lo sia particolarmente.
Il capitolo provinciale, cioè il radunarsi dei frati ogni quattro anni per fare il punto della situazione della comunità religiosa e per rinnovare gli incarichi in seno ad essa, ha eletto, al compito di direttore generale del «Messaggero di sant'Antonio» fra Agostino Gardin, affidando a me compiti diversi, in altro luogo. A fra Agostino do il mio fraterno benvenuto con l'augurio di buono e proficuo lavoro.
Noi frati chiamiamo questi spostamenti con il termine di itineranza. Non vuole essere un eufemismo. La parola significa essere in itinere , cioè in viaggio, pellegrini, capaci ogni giorno di rimettersi in movimento, disponibili a non piantare tende definitive, ma ad andare dove la necessità richiede, con l'animo più libero e sereno possibile. Non sempre è facile, dato che non siamo dei «pacchi», ma persone che tessono rapporti, amicizie, condivisioni. All'orizzonte di questa disponibilità c'è quel valore evangelico espresso nella seconda lettera di Pietro, e che era molto caro a san Francesco, allorché scriveva che come cristiani «siamo esuli e pellegrini».
Il mio compito al «Messaggero di sant'Antonio» si è protratto per sei anni: sono una «porzione» di tempo significativa nella vita di una persona. Sono stati sei anni sinceramente «belli», spesi nel pensare e nel migliorare la rivista: «belli» nell'esperienza di costruire uno strumento di comunicazione del tutto particolare quale è la nostra rivista che, dall'epicentro della basilica di sant' Antonio, vuole non solo informare ma anche proporre percorsi di vita e di riflessione, costruire ponti, tessere rapporti.
Per me è stata l'esperienza intensa di un «grande laboratorio» di umanità , dove domande, riflessioni, opinioni diverse si sono incrociate, a volte anche scontrate, con le opinioni dei lettori, ma nella convinzione che la diversità , quando è espressa con il reciproco rispetto, si traduce solo in vicendevole ricchezza.
Un grazie sento di rivolgerlo a tutti voi che avete partecipato, in vario modo, anche solo con il seguirci, a questo «laboratorio». Un grazie intenso lo esprimo agli stretti collaboratori della redazione: con loro ho condiviso tanta passione e ricchezza umana e professionale; un grazie lo rivolgo ai collaboratori esterni, che si sono sempre sentiti onorati di scrivere per la nostra rivista.
Sei anni fa, quando mi fu comunicato il compito della direzione della rivista, mi trovavo nell'eremo di Montepaolo, il luogo che accolse l'esperienza intima di Antonio con Dio e che lo lanciò poi come annunciatore e predicatore della parola di Dio. Ho avuto modo di vivere questo passaggio del compito della direzione, trascorrendo del tempo nel santuario francescano della Verna. Lì fu Francesco, a vivere la sua esperienza con il mistero di Dio, fino a portarne i segni nella propria carne. Due luoghi particolarmente significativi non solo nella memoria di ogni francescano, ma per ogni persona che in quei posti rivive la «grazia del luogo».
«Settembre, tempo di migrare»: ripartiamo allora, non vagabondi ma pellegrini; non soli ma in compagnia di tante persone incontrate; ripartiamo con il cuore leggero sapendo che la ricompensa viene dal Signore e che siamo solo dei semplici lavoratori nella sua vigna. Consapevoli del nostro limite, speriamo, tuttavia, non del tutto inutili!
E a tutti voi il saluto che fu rivelato a san Francesco: il Signore vi dia pace.