Sia pace a Gerusalemme

Per noi tutti questi morti hanno un solo nome: uomini. Una sola è la verità, ed è che da quelle parti la pietà è morta.
01 Maggio 2002 | di

Di fronte agli avvenimenti di questi giorni con il loro funereo carico di vittime e di rovine nella Terra Santa di Gesù, una domanda viene spontanea: che senso ha e che realtà  trasmette l`€™informazione? Perché solo quello che appare sembra acquistare crisma di verità , solo quello che viene detto, che «fa notizia», in un incalzare di fatti e informazioni. Mi riferisco particolarmente alla guerra tra palestinesi e israeliani: che cos`€™altro è ormai quello che contrappone da mesi in modo cosi violento due popoli discendenti dallo stesso padre, Abramo, se non una guerra? Un diluvio di informazioni, accompagnate da pareri personali, da pubbliche dichiarazioni... ci ha consentito di farci un`€™opinione personale su quanto sta avvenendo. Ma dov`€™è la verità ? Ascoltiamo le ragioni degli uni, e sono il contrario delle ragioni degli altri. Ragioni di tutti e di nessuno.

Ricordo la fitta e accorata corrispondenza intessuta con un nostro amico lettore di religione ebraica, lo scorso anno: si riduceva a un reciproco rintuzzare motivi, spiegazioni, ragioni. Anche vere, dialettiche. Ma in questi giorni, di fronte ai morti quotidiani dell`€™una e dell`€™altra parte in conflitto `€“ una spirale crescente e tragica di vite spezzate che raggiunge il massimo di raccapriccio quando giovani palestinesi si fanno saltare in aria uccidendo coetanei ebrei `€“ ecco alcune domande cruciali: la morte ha forse un colore? O ha, per tutti, un solo volto spettrale e crudele, quello della morte, e basta! La morte di un palestinese è diversa da quella di un israeliano? Quella delle incolpevoli vittime israeliane falciate dal terrorismo ha un volto diverso da quella dei palestinesi finiti a Jenin sotto i bulldozer e i carrarmati con la stella di David? Per noi tutti questi morti, che i quotidiani reportages dalla guerra ogni giorno portano nelle nostre case, hanno solo un nome: uomini. Una sola è la verità , ed è che da quelle parti la pietà  è morta. E quando le ragioni della pietà  non riescono a travolgere quelle dell`€™odio e della vendetta, è un brutto segno. Vuol dire che la storia, con le sue tante, immani e ancor fresche tragedie, una volta di più non ha insegnato nulla. Allora non ci resta che pregare il Dio della pace. E piangere.

Lasciateci piangere davanti al Muro che è di tutti, quel muro che oggi sembra una barriera insormontabile per una pace possibile, ma che può diventare simbolo della pietà  rinata. Ancora una volta sentiamo la precarietà  delle parole, la stanca forza di alcuni gesti, che pur ci vogliono. La parola è relazione e il gesto è simbolo. E di relazioni riconciliate e di simboli significanti, solo Dio sa quanto abbiamo bisogno.

Ma lasciateci anche sperare, contro l`€™evidenza. Solo la speranza ha mosso e continua a sollecitare ovunque gesti e parole significativi. Ricordo il «gesto» vissuto nella notte tra il 6 e il 7 aprile scorso, presso la tomba di san Francesco in Assisi, da un folto gruppo di persone che hanno vegliato per invocare la pace, convinti che come ogni notte ha la sua alba, anche su questa «notte della ragione», spunterà  l`€™alba della pietà  e della pace. Ricordo anche l`€™ora di adorazione e di preghiera di ogni primo giovedì del mese nell`€™oratorio di San Giorgio, vicino alla basilica del Santo. Gesti e parole. E tra le tante parole ho presenti quelle rivolte dalla comunità  francescana della basilica del Santo ai confratelli di Betlemme in segno di condivisione: «Abbiamo certezza che la vostra resistenza pacifica avrà  un esito positivo; che ogni violenza e guerra sono inutili e illegittime; un fratricidio, un oltraggio a Dio e all`€™uomo; che il terrorismo non finirà  con l`€™annientamento delle case e dei focolai sovversivi, ma con la mansuetudine e la remissione dei `€œmiti e umili di cuore`€, come insegna il Vangelo». Vorremmo formare con voi una cordata di fraternità  ideale e reale, per dirvi che il vostro attuale sacrificio è anche nostro. Che la vostra angoscia è raccolta dai nostri cuori e la trasformiamo in preghiera accorata al Signore della pace. Ci prodigheremo, per quanto ci è permesso, a rendere questi momenti occasione di riflessione sulle autentiche tracce per progetti di pace e di convivenza tra popoli, con pari diritti e doveri.

Noi terremo le braccia alzate finché Dio ci darà  la consolazione di sapervi tutti salvi». Sia, dunque, pace a Gerusalemme e in tutto il mondo.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017