Sol Levante «Mon Amour»
È nata nella caotica Roma, eppure ama il silenzio e la linearità. Ha studiato Lettere a La Sapienza, ma ora insegna lingua italiana a Tokyo. Laura Imai Messina è la prova che volere è potere e che il destino, per quanto intricato, trova sempre una via. Classe 1981, cresciuta in una rigorosa famiglia di magistrati, Laura si avvicina alla cultura giapponese per caso: «Il mio fidanzato era appassionato di manga. Mi parve una buona idea fare un corso di lingua giapponese e, in seguito, frequentare lezioni all’università. Come regalo di laurea, chiesi ai miei dodici mesi di studio all’International christian university di Tokyo». Due master dopo (uno in culture comparate e un PhD), oggi Laura lavora in vari atenei giapponesi, tra cui la prestigiosa Tokyo university of foreign studies. Con l’Italia ha oramai pochi contatti. Fatta salva la collaborazione con l’Università per stranieri di Siena e l’attività di scrittrice (due i romanzi editi da Piemme. L’ultimo, Non oso dire la gioia, è uscito lo scorso febbraio).
La sua esistenza è legata a doppio filo al Giappone, dove ha incontrato il marito Ryōsuke e dove sta crescendo i figli Sōsuke ed Emilio. «Qui vivo la vita che ho sempre desiderato» assicura. Merito di quella «cultura dell’armonia» che è, a sua detta, il punto di forza della società giapponese. «In quindici anni non ho mai visto nessuno litigare per strada. Non c’è spazio per nervosismi e scortesie. Le persone sono garbate e vige una netta distinzione tra la sfera pubblica e privata – continua Laura –. Quanto al lavoro, i percorsi sono lineari e prevedibili, ma proprio per questo incoraggianti. Se faccio a e b, prima o poi otterrò c. Questione di equilibrio e merito. Alla faccia delle raccomandazioni».
Parla per esperienza Laura che, al suo arrivo in Giappone, ha dovuto compilare moduli, spedire documenti e sostenere colloqui. La fatica, però, è stata ben ripagata. Oggi la prof si divide tra le sue cattedre, i libri e un blog dal titolo «Giappone Mon Amour». «Nel 2011, in pieno allarme tsunami, molti giornalisti italiani riportarono notizie assurde su quanto stava accadendo in Giappone. Provai una forte rabbia mista al bisogno di raccontare la verità, di difendere ciò che amavo – ricorda Laura –. Da qui la nascita del blog, uno spazio dove mostrare gli aspetti migliori della cultura giapponese». Dalle riflessioni più profonde ai consigli pratici, il diario web di Messina rispecchia la sua capacità di mettersi in discussione, l’umiltà di una giovane mamma sempre in movimento (abita in un grazioso quartiere verde a un’ora di treno da Tokyo).
«Comportatevi bene in questo Paese – scrive nel blog –, siate eventualmente voi a far notare ad altri turisti che stanno sbagliando, date fiducia a questo popolo mite, non credete di avere sempre ragione, non dubitate neppure un momento vi stiano ingannando, perché la possibilità d’esser derubati o raggirati è vicina allo zero». Magari la pensassero tutti così gli oltre 4 mila italiani iscritti all’AIRE in Giappone (fonte: Rapporto italiani nel mondo 2017 - Fondazione Migrantes). «Tra molti miei connazionali a Tokyo serpeggiano invidia e competizione, spesso innescate da una sensazione di rifiuto. Io stessa ho impiegato molto tempo a integrarmi, ma ora quasi tutti i miei amici sono autoctoni» racconta Laura.
Le differenze culturali d’altra parte sono indubbie. «Se noi italiani tendiamo a scherzare e a dare confidenza, i giapponesi prendono tutto seriamente e condividono solo cose positive. In questo senso, il Giappone ha cambiato il mio modo di pensare e mi ha migliorato tanto». Inevitabile, dunque, che il prossimo progetto di Laura sia un omaggio al Sol Levante: «Il 25 ottobre uscirà un nuovo libro edito da Vallardi: non solo una summa dei contenuti del blog, ma una raccolta di parole, 72 come le stagioni dell’antico calendario giapponese». E non finisce qui. Tra un lavoro top secret e qualche sogno nel cassetto, Laura non scorda le priorità. «Vorrei riuscire a essere una brava madre. Inoltre, mi piacerebbe mostrare l’Italia ai miei figli». Di trasferirsi, però, non se ne parla. «Amo il mio Paese natale, ma preferisco viverlo da turista. In Giappone sto troppo bene!».