Stop al commercio di armi
Secondo una ricerca del Sipri (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace, di Stoccolma), pubblicato nel marzo 2019, sono una settantina i Paesi produttori ed esportatori di armi nel mondo, cinque dei quali – Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Cina – collezionano tre quarti del mercato internazionale. Tra i maggiori importatori al mondo figurano Arabia Saudita e India. Mentre i 28 Paesi aderenti all’Ue risultano il secondo esportatore mondiale. Tra questi, si trova anche l’Italia.
In Italia è la legge 185/90 che regola la vendita di armi all’estero e che prevede che ogni anno venga presentata una «Relazione al Parlamento» che include le attività relative all’anno precedente in materia di importazione ed esportazione dei sistemi di armamento da e per l’Italia. Proibendo, tra l’altro, la vendita di armi a Paesi in stato di conflitto e introducendo un rigido sistema di autorizzazioni e controlli.
A metà maggio 2019, il governo italiano ha presentato la relazione annuale ed è risultato che gran parte della produzione finisce in regioni calde del mondo, come Africa e Medio Oriente. In Medio Oriente in particolare il nostro export è cresciuto del 75 per cento nel periodo 2014-18 rispetto al 2009-13 (Sipri 3/2019). Uno spiraglio di speranza si è aperto lo scorso luglio, quando è stato comunicato dal governo l’effettivo stop all’esportazione di armi in Yemen, e lo scorso ottobre, quando è stato annunciato il decreto ministeriale sullo stop alle armi in Turchia «per tutto quello che riguarda il futuro dei prossimi contratti.
Un ampio articolo sul tema del commercio delle armi (firmato da Camilla Zaza e realizzato nello stile del graphic journalism), compare sul Messaggero di sant'Antonio di gennaio. Leggilo anche nella versione digitale.