Tempo di crisi: ecco chi ti dà una mano
Siamo tutti più poveri. No, è un'impressione. L'italiano medio, suo malgrado, è bombardato dalle opposte tesi che infervorano i dibattiti televisivi e le pagine dei giornali. Stupito che tutti di-squisiscano sulle sue tasche, senza risolvergli il problema che da un po' di tempo lo assilla: quello di riuscire ad arrivare a fine mese. Vuoi che le famiglie relativamente povere siano quasi l'11 per cento dell'intera popolazione - come dice l'Istat - vuoi che le famiglie povere o quasi povere siano circa il 22 per cento - come dice l'Eurispes - la sensazione d'essere in bilico, pronti a entrare nel cono d'ombra degli indigenti è largamente condivisa. Poveri immaginari e magari un po' paranoici? Un osservatorio sulle povertà della Caritas italiana, fatto sui dati delle persone che si rivolgono ai servizi delle 222 Caritas diocesane, segnala come sempre più spesso gli utenti siano persone normali, che hanno perso il lavoro o lavorano con contratti precari, che non riescono più a far quadrare i conti, a pagare le bollette o le rette scolastiche, o sono alle strette per la malattia di un familiare. L'Eurispes parla di una povertà in giacca e cravatta, che si nasconde sotto visi ben sbarbati e gonne alla moda. Persone che si vergognano della nuova condizione. C'è qualcuno che non si nasconde dietro le cifre e raccoglie il disagio silenzioso di migliaia di italiani? Abbiamo provato a verificarlo sul campo.
Microcredito a chi è senza garanzie
Dare un prestito a persone che nessuna banca accetterebbe come debitori. È questo il fine delle iniziative di microcredito: piccoli prestiti a tasso agevolato per persone che possono offrire scarse o nulle garanzie. L'idea centrale è che il credito non sia un privilegio di pochi, ma un diritto di tutti. E che le uniche garanzie non siano solo quelle bancarie ma quelle legate alla persona. Il microcredito è nato in Bangladesh nel 1976. Il fondatore, Muhammad Yunus, professore di economia, l'aveva pensato come mezzo per finanziare le piccole imprese familiari. La Grameen Bank, nata da questa esperienza, ha fatto scuola in tutto il mondo, tanto che oggi il microcredito è ritenuto il metodo più innovativo per promuovere sviluppo. Non è un caso che le Nazioni unite abbiano proclamato il 2005, Anno internazionale del microcredito.
Tutte le esperienze di microcredito in Italia sono recenti e diversificate. I prestiti vanno in media dai 2 mila euro a un massimo di 25 mila, restituibili dai tre ai cinque anni. Riguardano soprattutto il Centro-Nord, dove è molto più diffusa la finanza etica, ma si stanno diffondendo anche al Sud. Due i tipi di intervento: la creazione o il sostegno delle piccole imprese e il credito di solidarietà per le fasce più deboli. In quest'ultimo caso, si aiutano le famiglie in difficoltà a far fronte alle spese eccezionali: dall'acquisto di mobili agli affitti arretrati.
Il fenomeno è in netta crescita, tanto che ormai si può parlare di un nuovo movimento di proposta economica. Il principale ostacolo alla sua diffusione sono i costi di gestione, ma c'è un grande punto a favore: il tasso di perdita, cioè la mancata restituzione del prestito, che è equivalente, se non più basso, rispetto a un prestito convenzionale.
Gli enti promotori sono diversificati, fanno capo sia alla finanza etica, sia alla finanza tradizionale. I progetti sono realizzati in collaborazione con gli enti locali e le associazioni no profit, che hanno in genere il compito di selezionare e seguire i richiedenti e di fare da garanti per la restituzione del prestito. È a questi enti, quindi, che bisogna rivolgersi per richiedere un microcredito.
I primi promotori nell'ambito della finanza etica sono le Mag (Mutua autogestione), il punto di riferimento locale del risparmio autogestito, sorte alla fine degli anni '70. La Mag di Milano si è specializzata nel microcredito alle piccole imprese, in collaborazione con alcuni comuni. Nel prossimo giugno, Mag Venezia e Mag Verona lanceranno, insieme ai rispettivi comuni, un progetto di microcredito al consumo: I prestiti saranno fino ai 5 mila euro - spiega Giorgio Fiorese di Mag Venezia -. Gli interessi saranno pagati dai comuni. La Mag Reggio Emilia ha fornito supporto per un'interessante esperienza nata nel quartiere Le Piagge di Firenze, dove è stato istituito un fondo di microcredito per i suoi abitanti grazie a un grande lavoro di comunità , che molti guardano con interesse.
Tra le iniziative più nuove e promettenti in seno alla finanza etica, c'è quella concordata da Banca etica con le Caritas diocesane o i comuni. Caritas e comuni, che hanno il contatto con i casi di bisogno, selezionano e seguono i richiedenti e istituiscono un fondo di garanzia. Banca etica, tramite Etica-Sgr - la sua società di gestione del risparmio - ha a sua volta creato un fondo, chiedendo ai suoi investitori di devolvere un euro ogni mille investiti, spiega Laura Callegaro, ufficio studi di Banca etica. Al momento hanno aderito quattro Caritas diocesane del Centro-Sud: Andria (Bari), Mazara del Vallo (Trapani), Assisi e Città di Castello (Perugia). I microcrediti arrivano fino ai 5 mila euro, rimborsabili in tre anni. Il tasso d'interesse fisso è del 3 per cento. Le iniziative di microcredito hanno ormai contaminato il sistema bancario tradizionale, inaugurando una svolta in senso sociale.
Tra le esperienze più consolidate, c'è quella del Monte dei Paschi di Siena, che ha iniziato il microcredito sociale nel 1996 in stretta collaborazione con l'Arciconfraternita della Misericordia e Istituzioni Riu-nite di Siena. Oggi ha tre linee d'intervento. I prestiti antiusura, dati a persone in difficoltà , con difficile accesso al credito pur avendo alcune capacità economiche. Fino ai 26 mila euro. I prestiti di solidarietà , dati a famiglie in difficoltà per perdita di lavoro o spese straordinarie, come mezzi per lavorare o spese mediche. Fino ai 7 mila 500 euro.
Prestiti contro i fallimenti, per famiglie che hanno acquistato casa da una ditta che è poi fallita, che hanno bisogno di soldi per riacquistare la casa all'asta. Fino a 100 mila euro, rimborsabile in vent'anni. Dall'inizio dell'esperienza, 446 sono le persone che hanno ottenuto un microcredito, per un totale di circa 6 milioni e mezzo di euro. L'esperienza riguarda per ora la Toscana, ma si sta pensando ad allargarla fanno sapere quelli del Monte dei Paschi di Siena.
L'esperienza più recente è il Microcredito sociale della Compagnia di San Paolo, una Fondazione ex bancaria, azionista al 15 per cento del San- paolo-Imi. Finanzia soprattutto le microimprese e la riqualificazione professionale. Quattro le zone d'intervento: Genova, Roma, Napoli e Torino. Sono coinvolti quattro enti partner sul territorio, l'Arcidiocesi di Torino (attraverso l'associazione Dieci Talenti) e tre fondazioni (Fondazione antiusura Santa Maria del Soccorso onlus, di Genova; Fondazione Risorsa Donna di Roma; Fondazione San Giuseppe Moscati onlus, di Napoli) che hanno il compito di selezionare e accompagnare i richiedenti. Per il microcredito la compagnia ha stanziato 1 milione 600 mila euro, ma la Sanpaolo e il Banco di Napoli hanno deciso di raddoppiare il fondo, assumendosi parte del rischio d'insolvenza. L'importo varia dai mille ai 35 mila euro, restituibili in diciotto-sessanta mesi. A un anno dal lancio, sono stati erogati 74 microcrediti. La fascia più affollata dei richiedenti va dai 30 ai 49 anni. Attività finanziate: soprattutto il commercio e i servizi.
Una casa per tutte le tasche
La crisi del ceto medio non risparmia neppure il settore casa. Un affitto, oggi, può arrivare ad assorbire fino al 50 per cento e oltre del reddito di un nucleo familiare. L'edilizia pubblica, che in passato copriva il 7-8 per cento della domanda complessiva di affitti, sta languendo per mancanza di finanziamenti. E non se la passa meglio chi decide di acquistare la prima casa. Perché è vero che i tassi dei mutui sono molto bassi, ma i prezzi delle case sono lievitati. Così, oggi, un mutuo per l'acquisto della prima casa impegna fino al 40 per cento del reddito familiare (contro il 15 di qualche anno fa), per una durata di vent'anni (in passato, la durata era mediamente inferiore). L'orizzonte si fa ancora più buio quando ad acquistare una casa sono anziani o lavoratori precari che non riescono quasi mai ad avere accesso ai mutui agevolati. Che fare, allora? Qualcosa di nuovo, anche in questo campo sta nascendo. È il caso, per esempio, del mutuo prima casa che la Banca di Roma ha predisposto per i giovani fino ai 35 anni, titolari di un contratto di lavoro atipico. Si tratta di un mutuo molto flessibile: se il mutuatario dovesse rimanere per un periodo senza lavoro e non riuscisse a far fronte alle scadenze di pagamento, potrebbe, in accordo con la banca, ridurre l'importo della rata del mutuo o dilazionarne la scadenza. Dopo un periodo di prova - spiega Giulia Bonanni, di Capitalia - dal primo marzo il mutuo è entrato a far parte in modo permanente del catalogo Banca di Roma, proprio per il successo ottenuto. E dopo Banca di Roma anche Banca Toscana e Banca Woolwich hanno studiato prodotti analoghi.
Accanto al sistema bancario, nel quale facciamo rientrare anche i fondi per l'housing sociale, cioè l'accesso alla casa delle fasce socialmente più deboli, di molte fondazioni, si stanno muovendo pure gli enti locali. La regione Lombardia - afferma Stefano Landoni della direzione opere pubbliche - di recente ha stanziato, in due bandi differenti, 3 milioni e 800 mila euro per la costruzione di circa 250 case che verranno affittate a canone agevolato e potranno poi essere riscattate.
Con un piccolo particolare. Le case in questione saranno costruite dagli stessi futuri proprietari.
È l'autocostruzione, una nuova forma di accesso alla casa per fasce economicamente svantaggiate, nata in Gran Bretagna nella seconda metà dell'800. In Italia, l'autocostruzione è stata introdotta dall'organizzazione non governativa Alisei. Il progetto è nato nel 2001, sulla base di un protocollo d'intesa con la Regione Umbria e i comuni di Terni, Perugia e Marsciano (e in seguito anche con la Regione Emilia Romagna e il comune di Ravenna e sta per partire in Friuli e in Veneto). Il percorso - informa l'architetto Ottavio Tozzo, presidente di Alisei - prende il via da un accordo con l'amministrazione pubblica. Un gruppo di persone in possesso dei criteri per accedere alla graduatoria per le case popolari, si costituisce in cooperativa edilizia, acquista, con la mediazione del comune, un terreno, lo lottizza e vi edifica con le proprie mani una casa, assistito nell'opera di costruzione da tecnici specializzati (architetti, ingegneri, operatori di cantiere), forniti dalla nostra organizzazione. In genere, ci vuole un paio d'anni per costruire un alloggio.
I vantaggi sono notevoli. Innanzitutto, il costo di acquisto - conferma Tozzo - che si abbatte fino al 65 per cento: in alcune zone, una villetta di 130 metri quadri può arrivare a costare, tutto compreso, 70 mila euro. E poi il fatto che gli autocostruttori iniziano a pagare il mutuo (con rate che non possono superare i 400 euro mensili) solo a casa finita: tutti i costi sono anticipati dalle banche e questo grazie a un accordo nazionale stretto di recente con Banca etica. Quindici i cantieri finora aperti e circa 1100 gli alloggi in fase di realizzazione. E Alisei sta già pensando alla costituzione di una vera e propria immobiliare etica che compri appartamenti per affittarli, poi, a prezzi accessibili.
La Regione Veneto ha invece da poco aderito alla Fondazione La Casa onlus anch'essa impegnata nell'housing sociale. Nata come cooperativa, dal marzo 2001 è diventata Fondazione. Oggi vi aderiscono anche Camera di Commercio e Acli di Padova, Banca popolare etica, le province di Padova, Rovigo e Venezia, alcuni comuni e la diocesi di Padova. Due i nostri obiettivi fondamentali - sottolinea il direttore della Fondazione, Maurizio Trabuio -, recuperare patrimoni immobiliari affinché ne possano usufruire persone in difficoltà e creare una relazione con le persone che entreranno a far parte del nostro progetto abitativo. Un esempio? Il comune di Camposampiero, nella cintura patavina, ha ceduto in usufrutto alla Fondazione sei appartamenti di cui ha mantenuto, però, la nuda proprietà . La Casa, dopo aver provveduto alla ristrutturazione degli immobili, li ha dati in affitto a un canone sociale a persone in stato di necessità , scelte dalla Fondazione stessa su segnalazione del comune.