UNA VITA PER MILLE LIRE
Catapecchie in bilico l'una sull'altra, improvvisate con i materiali che la povertà consente: lamiere, cartoni, qualche pezzo di legno. Assenza di strade, luce, acqua e servizi. Stuoli di bambini colorati e vocianti, vestiti di stracci. Sono gli squatters, le baraccopoli di Novaliches, città di 300 mila abitanti, vicino a Manila, Filippine. Anche qui la povertà ha colori diversi, ma la sostanza è quella di sempre: gente fuggita dalla campagna con la speranza di trovare un lavoro e una vita più degna. Il miraggio della città s'infrange dopo pochi giorni. La povertà diventa miseria.
Non rimane che andare negli squatters, terra di nessuno, dove comunque qualcuno si sente in diritto di pretendere un pizzo di 400 pesos al mese, 30 mila lire, per uno spicchio di terra della baraccopoli. Cifra altissima perché una donna squatters, lavando piatti e biancheria per i ricchi, guadagna 1200 pesos mensili, il corrispettivo di 90 mila lire. Poi capita che arrivano le multinazionali e pretendono la terra: bisogna abbandonare anche quel brandello di sicurezza e spostarsi altrove. La fame c'è, ma è lenita da madre natura, che non fa mancare un pugno di riso, erbe e banane. Il vero dramma sono le malattie, contro le quali il povero è inerme.
«Ho visto morire vecchi e bambini, e anche adulti, per non avere venti o trenta pesos (mille-duemila lire) per le medicine o per andare dal medico. Qui nessuno fa sconti...», afferma con un filo di amarezza padre Leonardo Mollica, che mesi fa ha chiesto aiuto alla Caritas antoniana per portare avanti un progetto sanitario, vitale per questa gente.
Fino a cinque anni fa la missione dei frati minori conventuali aveva finalità soprattutto pastorali. Presto i frati si accorsero che predicare il Vangelo non bastava, bisognava incarnarlo nella realtà , rispondendo ai bisogni dei poveri. «Nel 1992 - racconta padre Mollica - abbiamo iniziato un progetto per arricchire la dieta di 350 persone, soprattutto bambini. Ma ci siamo accorti che la malattia era la vera emergenza, perché spesso si rivelava una condanna a morte». Nel 1993 i frati, aiutati da un gruppo di giovani medici e volontari, avviarono un progetto di salute chiamato «sant'Antonio». «Abbiamo iniziato con entusiasmo - afferma padre Mollica - , usando attrezzature e strutture da campo, con la provvisorietà tipica della missione. In un grande stanzone si provvedeva a tutto: visite, medicamenti, estrazioni e cura di denti, piccoli interventi di chirurgia. Assistevamo già allora più di mille persone e le richieste crescevano. Ma non potevamo continuare così: la gente aveva bisogno di una struttura su cui fare affidamento».
Padre Mollica non sa spiegare i disegni della provvidenza, ma nel 1994 riuscirono a raccogliere i soldi necessari per la costruzione di una piccola clinica; in tutto: una sala d'aspetto, tre ambulatori, uno studio dentistico, un laboratorio di analisi e una toilette. Mancavano, però, molte attrezzature e le risorse sembravano esaurite. Fu proprio in quel frangente che i frati del Santo si trovavano nelle Filippine per il pellegrinaggio delle reliquie di sant'Antonio. Attraverso di loro la richiesta arrivò alla Caritas antoniana e diventò aiuto concreto.
Padre Mollica ci ha scritto pochi giorni fa, partecipandoci la gratitudine sua e della sua gente. Ha inserito nel plico alcune foto di medicine e attrezzature mediche, e una lettera che tradiva l'entusiasmo: «Grazie al vostro aiuto abbiamo potuto completare gli attrezzi per lo studio dentistico e il laboratorio di analisi (compreso un frigorifero), comprare una cospicua scorta di medicinali e una sedia a rotelle per un piccolo paziente. Il resto del denaro verrà impiegato per pagare lo stipendio annuale del primo personale assunto dalla clinica Sant'Antonio: un medico, un infermiere e un analista. Stiamo facendo i salti mortali per garantire a tutti il diritto alla vita; questo vostro aiuto ci incoraggia».
La piccola clinica attualmente assiste oltre settecento famiglie di campi squatters, per un totale di circa seimila persone.