Quello che so di Castelluccio di Norcia
Mi raccontarono che, in inverno, nei giorni di tempesta, la campana di Castelluccio non doveva mai smettere di suonare per dare aiuto ai viandanti smarriti. Quando mi arrampicai fino a questo paese bellissimo e solitario per scrivere un articolo, vi abitavano tutto l’anno appena dodici persone. Sorrisi incredulo quando mi dissero come si chiamavano: Scopinello (allora aveva oltre ottanta inverni addosso e abitava in via della Bufera), Avelina, Fenicio, Frango, Caio, Adorno, Vespina, Ulissina. E ancora: Milano, Parigi, Artibano o Alcina. Non sto scherzando: i nomi di battesimo di chi era nato a Castelluccio sono da opera verdiana, da libro di geografia o di mitologia. Un paese lontano, isolato, quasi disabitato, è stato capace di diventare celebre nel mondo.
Mi dissero con severità: «Non provarti a scrivere lenticchie. Noi qui si coltiva, si mangia e si vende la lenticchia». E non erano possibili obiezioni, valeva (e vale) solo il singolare. La lenticchia, legume saggio e antico come la storia dell’agricoltura: mi spiegarono che per farne un chilo, ne occorrono almeno 35mila. E dovevano essere pulite «a dito» da ogni impurità: una brava «pulitrice» ne fa scorrere trenta al secondo sotto l’indice. E poi, nella tarda primavera, le sfolgoranti fioriture: il giallo della colza, il rosso dei papaveri, il blu elettrico dei fiordalisi, tutte piante infestanti rispetto alla lenticchia, quasi timida con i suoi piccoli fiori bianchi.
Qui gli orizzonti sono infiniti. Il Pian Grande, il Pian Piccolo, il Pian Perduto, ottanta chilometri quadrati di praterie a mille e cinquecento metri di quota, sono una Mongolia italiana, un Tibet appenninico. Sì, Castelluccio di Norcia è fra i luoghi più belli del mondo.
Facciamo così: ci diamo un appuntamento dopo la prima luna di primavera. Allora i contadini ostinati di questa Umbria semineranno nuovamente la lenticchia. Risaliremo ai piani assieme ai pastori transumanti. La campana degli inverni suonerà per la buona stagione, si potrà passeggiare ancora una volta in via della Bufera o nello stradello del Rompicollo. A sera, ci offriranno una zuppa calda.Gli abitanti di Castelluccio diranno al terremoto: «Te la facciamo vedere noi…».