
Volontariato batte individualismo
In un’epoca che sembra dare grande spazio agli individualisti e ai cinici, l’ultima indagine Istat sul volontariato in Italia può fornire interessanti indicazioni sullo stato di salute del capitale sociale del nostro Paese, ovvero di quelle forze della società civile che contribuiscono non solo all’aiuto dei più bisognosi ma anche al benessere dell’intera comunità. Il noi che si contrappone all’io, da sempre marcia in più del nostro Paese.
La ricerca, parte dell’indagine multiscopo «Uso del tempo 2023», fatta a distanza di 10 anni dalla precedente, ma appena pubblicata, dà un quadro a luci e ombre. Il primo dato è che in generale diminuiscono i volontari e le volontarie, oggi sono 4 milioni e 700 mila, il 9,1 % della popolazione al di sopra dei 15 anni, rispetto al 12,7 del 2013. Ma se da un lato si abbassa il numero complessivo, dall’altro chi aderisce al volontariato lo fa su più fronti e con motivazioni molto solide.
Guardando ai dati, il 6,2% della popolazione svolge il volontariato attraverso associazioni, gruppi, organizzazioni, mentre il 4,9 % in modo non organizzato, aiutando persone esterne alla famiglia o agendo a favore dell’ambiente e della comunità. Il dato nuovo è che il 21,7 % dei volontari si impegna in entrambe queste modalità, + 13,3 % rispetto al 2013, circa 1 milione di persone in tutto. Segno che si preferisce una modalità più flessibile, ma aperta su più fronti. Come a dire meno volontari ma più attivi.
Il volontariato organizzato è aumentato soprattutto nel settore ricreativo e culturale, nell’assistenza sociale e protezione civile e ambiente mentre è diminuito nel settore religioso, sportivo e sanitario. Per quanto riguarda l’aiuto diretto è notevolmente diminuito quello a persone conosciute mentre è aumentato quello rivolto alla comunità, all’ambiente e al territorio. Secondo Istat tale cambiamento è dovuto all’esperienza del covid. Infatti le principali motivazioni che spingono ad agire per il volontariato organizzato sono più classiche: gli ideali condivisi e il bene comune, mentre nel volontariato informale a prevalere sono le motivazioni legate alle emergenze e all’assistenza a persone in difficoltà, ovvero ciò che è stato vitale durante il covid.
Anche nell’aderire al volontariato c’è un forte divario nord-sud: per esempio il volontariato strutturato coinvolge l’8,2 % di volontari a Nord, il 5,8 % al centro e il 3,6 al Sud. Il volontario tipo è più spesso laureato, e ha un’età compresa fra i 45 e i 64 anni. A calare di più è il numero dei giovani coinvolti, soprattutto tra gli studenti, ma Istat rileva che i pochi che aderiscono al volontariato sono anche quelli più attivi e più motivati.
Ancora una volta il capitale sociale dell’Italia batte il cinismo.