Con occhi nuovi
Nel suo incontro con i giovani a Genova nel mese di maggio papa Francesco ha fatto una affettuosa raccomandazione, che possiamo prendere tutti come «compito delle vacanze» per questa estate ormai esplosa: imparare a guardare con occhi nuovi.
Imparare a guardare la città, la nostra vita, la nostra famiglia, tutto quello che è attorno a noi con attenzione, partecipazione, meraviglia. Anche se restiamo nei nostri soliti luoghi, reimpariamo a guardarli. Per non essere «turisti della vita».
Il turista, scriveva Bauman, è chi si sposta nello spazio senza lasciarsi cambiare, senza incontrare davvero. Colleziona esperienze, souvenir, foto che poi finiscono in una scatola che si copre di polvere. Una piccola distrazione, per lasciare tutto com’è.
La cosa peggiore è che rischiamo di vivere la nostra stessa vita come se fossimo turisti che partecipano a un viaggio organizzato da altri. Una vita immortalata nei selfie e nei post sui social, per dare a noi stessi per primi l’illusione di una consistenza che fatichiamo a sentire.
Le foto, gli schermi, sono superfici di mediazione, diaframmi tra noi e gli altri. Vanno benissimo, ma se non fanno da velo o, peggio, da sostituto dell’incontro. Guardare con occhi nuovi è invece prima di tutto accogliere: la meraviglia dei luoghi, la natura e la storia, il mistero dell’altro.
Avvicinarsi senza voler possedere, nella gioia di una vicinanza che proprio perché mai trasparente conserva una promessa di futuro, di comunione sempre nuova.
Come ha detto Francesco, «guardare con occhi nuovi ci avvicina al cuore di tante persone, e questa è una cosa bellissima, è una cosa bellissima!».