Europa, piccole buone pratiche

Fondi europei, c'è anche chi ne fa buon uso. Riuscendo a tenere in vita una piccola scuola o un antico mestiere come quello del pescatore. 
22 Marzo 2019 | di

Fondi europei mai utilizzati o, peggio ancora, dirottati verso attività ben diverse rispetto a quelle per le quali sono stati autorizzati. Ma c’è anche chi fa buon uso dei finanziamenti messi a disposizione dall’Unione Europea.

Tanti i progetti che si potrebbero elencare. Ne abbiamo scelti due: il primo riguarda le piccole scuole, quelle che si trovano, ad esempio, in luoghi sperduti in montagna oppure nelle piccole isole; il secondo, quello che si occupa di rilanciare, preservare e valorizzare un mestiere antico come quello del pescatore e della piccola pesca.

Partiamo dalle piccole scuole. Tra queste quella di Urbe, 701 abitanti, provincia di Savona. Fa parte del comprensivo di Sassello. Ventisette gli alunni: 9 alla scuola dell’infanzia, 10 alle elementari, 8 alle medie, tutti in pluriclassi. Primaria, elementare e media ci sono anche a Sassello e Stella; a Pontinvrea (835 abitanti) infanzia e primaria; a Mioglia (538 abitanti) primaria e media.

«Salvare queste realtà significa salvare un territorio, la sua identità, la sua gente – spiega Lia Zunino, nata e cresciuta tra queste montagne, una vita dedicata alla scuola. –.Nel comprensorio sassellese ogni anno ci sono 50 abitanti in meno, più anziani e meno giovani (età media 51 anni). La scuola a distanza, e-schooling, è l’unica via di riscatto. Sfruttando la banda larga, i ragazzi apprendono, tramite video-lezioni, connettendosi con altri alunni e insegnanti. In pratica, se una maestra spiega ai bambini di terza, come si intrattengono quelli di quinta? Basta essere in rete con un’altra docente, distante chilometri, che nello stesso momento fa lezione ai più grandi».

Urbe è una delle 1.699 «Piccole Scuole», 900 mila studenti, del Programma Operativo Nazionale «per istituti in territori marginali e isolati caratterizzati da un basso numero di studenti». Scuole che rivendicano il ruolo di comunità di memoria e di apprendimento. Tanto da unirsi in un Manifesto, promosso da Indire, che prende il nome della capofila Favignana. 

«Il plesso più piccolo è a  Marettimo: 3 bambini in una pluriclasse elementare (nella foto). Tutti i nostri alunni sono seguiti con cura: metodi e tecnologie di apprendimento tra i più avanzati, grazie ai fondi europei – spiega la professoressa Linda Guarino –. Abbiamo trasformato le difficoltà in risorsa, ponendoci in costante connessione col mondo esterno. Un esempio di rete è proprio con Sassello. Più di mille km di distanza, eppure qualcosa ci accomuna: il vento di scirocco. A partire da questo elemento, abbiamo avviato il progetto “Mar @ Monti”: coniuga didattica a distanza  e, col gemellaggio elettronico di eTwinning, opportunità in chiave digitale». 

La seconda «buona pratica» riguarda un progetto transnazionale con fondi europei a difesa delle piccole flotte e del comparto «artigianale» delle attività ittiche nell’Alto Adriatico.

Domenico Rossi vive a Burano, isola della laguna di Venezia. Pescatore "artigiano", è uno degli ultimi moecanti della laguna. «Siamo una ventina, io sono tra i più giovani. Ci si fregia di pesca sostenibile? Quella delle moeche lo è davvero». Domenico, che ha ereditato il mestiere dal padre Bruno, cattura con le reti i granchi. Ne seleziona a mano gli spiantani, quelli che stanno per fare la muta. Persa la corazza dura e maturati in acqua, diventano moeche.

Rossi è uno dei tanti pescatori dell’Alto Adriatico. Mestiere antico, garanzia di basso impatto e sostenibilità della risorsa marina. Ma di pesca si deve anche vivere. A difesa di questo comparto è operativo Smartfish, progetto transnazionale.

Obiettivo: obiettivo la difesa del mare e  dell’occupazione, promuovendo le attività delle piccole imbarcazioni (lunghe non più di 12 metri), la sicurezza alimentare del pescato e la sostenibilità ambientale, economica e sociale di un settore che nel Mediterraneo conta circa 40 mila pescherecci, pari all’80 per cento dell’intero contingente di imbarcazioni dei Paesi che si affacciano sullo specchio mediterraneo.

Un «patto» transfrontaliero a cui partecipano le Regioni litoranee dell’Alto Adriatico: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna e Marche e, sul versante balcanico, la Regione istriana, la Contea Litoraneo Montana, la Contea di Zara, il ministero dell’Agricoltura della Repubblica di Croazia. Partner scientifici: Università Ca’ Foscari di Venezia e Istituto di Oceanografia e pesca di Spalato.

«La piccola pesca costiera rappresenta il nostro “oro blu” da difendere e promuovere, perché unisce storia e tradizione, reddito e occupazione  – afferma Giuseppe Pan, assessore alla Pesca del Veneto –. Solo in Veneto abbiamo 150 km di costa, un comparto ittico di oltre 650 pescherecci, 7.500 occupati e 3.700 imprese tra pesca, acquacoltura e attività di trasformazione e commercio.

Lo sviluppo dell’attività dei piccoli pescherecci, spesso a conduzione familiare, è garanzia di tutela del mare e delle coste, di vivificazione dei porti e dei borghi di mare, di sostenibilità economica e di promozione turistica. Solo un approccio integrato e condiviso tra le due sponde dell’Adriatico può promuovere sviluppo e innovazione di un’attività tradizionale, tutelando insieme posti di lavoro e rispetto dell’ambiente marino».

 

Il dossier completo dedicato al voto europeo è pubblicato sul numero di Marzo 2019 del «Messaggero di sant’Antonio» e nella corrispondente versione digitale.

Data di aggiornamento: 22 Marzo 2019
Lascia un commento che verrà pubblicato