Francesco d'Assisi, un cammino di libertà
È incredibile come, a distanza di otto secoli dalla sua morte e con decine di film, pieces teatrali, musical a lui dedicati, Francesco d’Assisi sappia ancora ispirare pagine d’arte nuove e originali. Come quelle scritte (a quattro mani con Simona Orlando), dirette e recitate da Simone Cristicchi per il suo ultimo spettacolo: Franciscus. Il folle che parlava agli uccelli, una produzione Centro Teatrale Bresciano e Accademia Perduta Romagna Teatri, che ha debuttato in prima nazionale lo scorso 7 novembre proprio al Sociale di Brescia ed è in queste settimane in tournée nei teatri italiani, registrando praticamente ovunque il tutto esaurito. Merito di Cristicchi, certo, artista poliedrico e intelligente che sa interloquire con i suoi spettatori usando una pluralità di registri (recitazione, musica, canto: a proposito, bellissime le canzoni inedite scritte per lo spettacolo con la cantautrice Amara), ma merito anche di un santo straordinariamente attuale, il cui sguardo profetico sul mondo ha saputo attraversare indenne i secoli. Intervistato, Cristicchi ha infatti ammesso che è stata proprio questa domanda a innescare il suo desiderio di portare sulle scene lo spettacolo sull’Assisiate – come fa un santo vissuto otto secoli prima di noi a parlarci ancora oggi? Che cos’ha da dire agli uomini e alle donne del nostro tempo? – , domanda a cui risponde nelle due ore di spettacolo, nel corso del quale, solitario sul palco, con una scenografia scarna (curata da Giacomo Andrico) fatta solo di pochi oggetti, un carro, degli stracci, sa far pensare, sorridere, commuovere, indignare, stupire i suoi spettatori, scatenando a più riprese fragorosi applausi.
In scena Cristicchi è Cencio, un cenciaiolo contemporaneo di Francesco, che racconta, dapprima guardingo e disincantato e poi sempre più coinvolto, la storia del suo illustre concittadino. Cencio vede inizialmente Francesco solo come il figlio viziato di un ricco commerciante di Assisi, che può permettersi di essere capriccioso e di assumere atteggiamenti originali e folli. Ma poi il suo sguardo cambia: man mano che, nello scorrere delle scene, la sua vita diviene più complessa anche lo sguardo si fa più profondo ed essenziale, fino a giungere a vedere il nocciolo dell’esperienza di Francesco e ad aprirsi all’imponderabile.
Franciscus utilizza un registro laico: il Poverello è presentato come un uomo del suo tempo, alla ricerca della vita «vera», intento a percorrere una parabola esistenziale che sente essere l’unica possibile per chi voglia vivere il Vangelo. E Cencio, piano piano, comprenderà quelle sue scelte, ma lo farà solo dopo aver sperimentato la fatica del vivere, il successo, l’illusione, il fallimento, la povertà. Perché è quando tutto attorno e dentro crolla che rimangono i punti fermi, il cuore dell’esistenza umana. Quella di Francesco, ci ricorda Cristicchi, è una rivoluzione, sì, ma lontanissima dal significato retorico che noi spesso attribuiamo al termine: qui non c’è un sovvertitore dell’ordine prestabilito, ma uomo in cammino, che ha saputo mutare il proprio punto di vista sul mondo, sulle cose, sugli esseri umani. Ha «ruotato» attorno a un asse stabile, il Vangelo, ponendosi in una posizione nuova che gli ha aperto gli occhi, conducendolo verso una disappropriazione totale da tutto, beni, relazioni, volontà. Solo così, esistenzialmente nudo, può abbracciare l’autentica libertà, quella di chi può essere se stesso fino in fondo perché non ha più nulla da proteggere e celare e può accostare nella verità ogni essere vivente. La parabola di Francesco, ci dice Simone Cristicchi, è un cammino di liberazione e di libertà che non ha il sapore amaro della rinuncia, ma della scelta di ciò che conta davvero.
Prossimi appuntamenti: Camerino, presso l'Auditorium Benedetto XIII, il 20 marzo e Montegranaro (FM) presso il Teatro La Perla, il 21 marzo.
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