Religione a scuola?
C’è tempo dal 18 gennaio al 10 febbraio per iscriversi o iscrivere i propri figli a un nuovo ciclo scolastico (scuola materna, prima elementare, prima media e prima superiore) e, contestualmente, decidere se avvalersi o meno dell’Irc, cioè dell’Insegnamento della religione cattolica, quella che fino a poco tempo fa era chiamata semplicemente «ora di religione». Per tale motivo, lo scorso 16 gennaio, la Presidenza della Conferenza episcopale italiana (Cei) ha diffuso una lettera che si rivolge sia ai genitori che agli studenti che saranno chiamati a compiere tale scelta: «Sono trascorsi quasi quarant’anni – si legge nel documento – da quando, con l’Accordo di revisione del Concordato del 1984 e la successiva Legge di ratifica del 1985, l’insegnamento della religione ha assunto il profilo attuale: quello di una disciplina scolastica aperta, aggiornata dal punto di vista pedagogico e didattico, adeguata all’oggi, attenta ai bisogni educativi delle persone e condotta nel rispetto più assoluto della libertà di coscienza di ognuno».
I dati dell’Irc sono ancora incoraggianti: anche nello scorso anno scolastico 2022/2023, infatti, il numero di studenti che hanno scelto di frequentare l’ora di religione è rimasto sostanzialmente stabile, con una media nazionale pari all’84,05%, confermando così l’interesse per una proposta intelligente, ad alto contenuto valoriale, capace di porre sempre al centro il valore della persona.
Bene ha fatto, però, la Cei a sgomberare il campo da eventuali incomprensioni, perché ancora in troppi pensano che l’insegnamento scolastico della religione cattolica coincida con una sorta di catechesi o, peggio ancora, con una forma di indottrinamento sottilmente velato. Nulla di più lontano dalla realtà. Perché nell’«ora di religione» si parla, certo, di religione ma si indagano anche le grandi questioni etiche ed esistenziali del nostro tempo, che nella scuola e in generale nella nostra società trovano sempre meno spazi di approfondimento
L’Irc è dunque a tutti gli effetti un’esperienza culturale e di apertura, che permette non solo di (ri)scoprire le nostre radici (che il cristianesimo abbia influenzato tutta la cultura occidentale dovrebbe essere ormai assodato), ma di comprendere a fondo anche materie come la storia dell’arte, la letteratura, la geografia, la musica, la filosofia, ecc. E di andare a recuperare quei valori universali come la tolleranza, l’uguaglianza, la solidarietà, la tutela dei più deboli, da sempre portati avanti dal cristianesimo e che hanno inciso profondamente nel nostro tessuto sociale (basti pensare ai sistemi di welfare o ai sistemi sanitari nazionali gratuiti e universali che sono stati ispirati da questi stessi principi) e prendere familiarità con temi complessi come le grandi problematiche etiche ed esistenziali, aprendo domande sul senso della vita o sul proprio futuro. L’Irc, in definitiva, è uno spazio di libero confronto che garantisce ai ragazzi e alle ragazze, credenti o non credenti, cristiani o di altre religioni, di riflettere insieme sui temi che formano una persona nella sua pienezza.
Non a caso la Lettera della Presidenza Cei si conclude con un appello agli stessi giovani: «Cari ragazzi, ci rivolgiamo a voi attingendo alle parole rivolte da papa Francesco a migliaia di vostri coetanei l’estate scorsa durante la Giornata mondiale della gioventù a Lisbona. Voi, cari studenti, “pellegrini del sapere”, cosa volete vedere realizzato nella vostra vita e nel mondo? Quali cambiamenti, quali trasformazioni? E in che modo l’esperienza che fate a scuola può contribuirvi? Cercate e rischiate! Abbiate il coraggio di sostituire le paure con i sogni! Noi abbiamo fiducia in voi».
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