Missione speranza
È un binomio inscindibile. A Possagno, terra natale del celeberrimo scultore Antonio Canova, maestro del Neoclassicismo, i padri Cavanis da più di un secolo e mezzo sono presenti con la scuola paritaria che va dalla primaria ai licei («dal ciuccio alla patente», secondo la simpatica e azzeccatissima definizione di un insegnante), ma anche con la casa di spiritualità «Sacro Cuore», posto ideale per fermarsi a pregare o a restare in silenzio davanti a Dio, lontani dal frastuono della quotidianità. Ecco perché dire Possagno significa dire Cavanis, e viceversa. Una storia lunga, che guarda lontano.
La Congregazione delle Scuole di Carità, questa l’esatta denominazione, venne fondata a Venezia nel 1803, dunque 220 anni fa, dai fratelli Antonio e Marco Cavanis, le cui spoglie riposano dal 1923 nella chiesa di Sant’Agnese. All’epoca i due fratelli ebbero l’intuizione di mettere in piedi una scuola popolare, gratuita per tutti e aperta a tutti, in primis ai poveri, dando all’istruzione una forte impronta cristiana. Da allora la presenza dei padri Cavanis negli anni si è moltiplicata, estendendosi a 10 Paesi del mondo: Italia, Romania, Congo, Mozambico, Filippine, Timor est, Ecuador, Colombia, Brasile e Bolivia. Tanti giovani hanno fatto questa scelta di vita, impegnandosi nelle scuole, in strutture di accoglienza, nelle parrocchie: «I padri vogliono essere confidenti discreti e pazienti, gli animatori ottimisti, il segno della speranza anche quando è difficile sperare, per condurli al Padre per mezzo di Gesù Cristo». Con loro collaborano suore e laici, impegnati insieme nell’istruzione, nella catechesi e nelle missioni.
Valorizzare i «talenti»
A Possagno, paese di 2mila abitanti sulla Pedemontana trevigiana, svetta imponente e irresistibile il tempio del Canova, suo omaggio alla propria terra natale, un mix del Pantheon romano, nella forma circolare, del Partenone ateniese, per il frontone, e delle chiese tipicamente cristiane, per l’abside del presbiterio, che attira turisti e curiosi da ogni dove, tutti i giorni.
A pochi passi dal tempio, dal 1857 i Cavanis fanno scuola per i bambini e per i ragazzi: c’è la primaria, la media – chiamata «dei talenti» –, cinque licei: a indirizzo classico, scientifico, economico-sociale, linguistico, economico-sociale e scienze applicate. Una cittadella scolastica che ogni giorno si anima di 300 studenti, provenienti da tutti i comuni del circondario, 34 docenti, tanti collaboratori. Una scuola che porta avanti l’intuizione di monsignor Giovanni Battista Sartori, fratello proprio del Canova, che volle aprire l’istituto e volle affidarlo alla cura dei Cavanis che, sempre a Possagno, hanno anche la casa dei padri anziani e, poco distante, a Fietta di Paderno del Grappa, il noviziato con cinque giovani in formazione. Tutto il complesso scolastico è ora oggetto di un importante restauro condotto senza che l’attività didattica sia stata minimamente interrotta. Oltre alle aule per le lezioni, ci sono la mensa, i laboratori, gli spazi ricreativi, un centro sportivo all’avanguardia – con palestra, campi da calcio, basket, pallavolo, tennis, pista d’atletica –, per il quale sono in essere delle convenzioni con l’amministrazione comunale e l’Associazione sportiva locale.
Il direttore della comunità è padre Diego Spadotto. Il preside, Ivo Cunial. «Il carisma dei padri Cavanis – spiega quest’ultimo – resta attualissimo anche nella società odierna. Il nostro grande desiderio è prenderci cura della persona a tutto tondo: un’umanità integrale, affrontando la sfida educativa con i valori cristiani. Viviamo tempi di crisi sotto tanti aspetti. Gli educatori devono tornare a interessarsi della mente e dei cuori dei ragazzi a loro affidati.
Questa è una scuola cattolica paritaria, aperta a tutti: ci sono ragazzi musulmani che fanno l’ora di religione, che non è dottrina, ma confronto di pensiero. E molta attenzione la prestiamo all’educazione civica, perché, oltre l’apprendimento delle materie, desideriamo crescere cittadini consapevoli. Così come all’ascolto: i nostri insegnanti sono sempre disponibili anche a colloqui individuali per affrontare qualsiasi tipo di problema. Oltre allo studio dei contenuti e all’apprendimento di conoscenze, qui si lavora alla valorizzazione dei talenti e delle passioni individuali, facendo pure attività di orientamento per scegliere le superiori». Certo, per le famiglie è un impegno, anche economico: purtroppo finché la parità non sarà effettivamente tale, la scuola bisogna pagarla due volte, con le tasse e con la retta.
Tra i padri che più hanno lasciato il segno a Possagno, c’è Basilio Martinelli, classe 1872, docente, confessore e direttore spirituale, morto all’età di 90 anni e dal 2010 proclamato venerabile: punto di riferimento per generazioni di ragazzi, anche nell’ultima parte della vita quando pure aveva perso la vista: «Non li vedo più, ma loro vedono me». Esempio di quella cura della spiritualità che nel paese del Canova vede i Cavanis all’opera anche nella casa «Sacro Cuore», a 600 metri di altitudine sulle pendici del Col Draga, praticamente alle spalle del tempio, da dove si può godere di una vista spettacolare sulla pianura. È casa di preghiera e secondo centro di spiritualità del Triveneto per anno di fondazione.
Casa «Sacro Cuore»
Luogo di ritiri e incontri di preghiera, la casa «Sacro Cuore» è un’oasi di pace, immersa nella natura, con una chiesa bellissima, tutta da scoprire. A seguirla sono tre padri; il responsabile è padre Luciano Bisquola. «Le persone che vengono qui tornano a Dio – afferma padre Jeremie Mundele, origini africane, una miniera di forza ed entusiasmo nei tanti impegni di ogni giorno –. I nostri fondatori ci hanno insegnato l’importanza del ritagliarsi spazio e tempo per riflettere sulla vita e sulla propria persona: ecco, questa struttura vuole offrire occasioni di pausa a una società che va sempre di corsa, ostaggio dei ritmi frenetici, preda dell’efficientismo».
Durante l’anno salgono al «Sacro Cuore» ragazzi, adulti, gruppi parrocchiali, scout, membri dei movimenti e delle associazioni laicali, singole persone in cerca di se stesse o di una svolta: «Qui ci si riscopre figli di Dio, e quindi creature anche con i propri limiti e i propri difetti. Fa molto bene. In un certo senso, ci si ridimensiona da qualche esagerato senso di onnipotenza che caratterizza l’uomo di questi tempi. Così, non poche volte questo è anche un luogo di conversione. Penso, per esempio, alla famiglia che viene tutte le domeniche solo perché sente la necessità di essere fisicamente e spiritualmente qui e non da un’altra parte dove non si sente di stare per quello che sta attraversando. A chi ha bisogno di fermarsi e pensare, noi diciamo: venite e ci troverete. Insieme possiamo fare un cammino. Si vive bene quando la distanza tra cuore e mente si annulla».
Provare per credere: «Viviamo sempre di corsa e spesso rischiamo di rivolgerci a Dio solo quando abbiamo bisogno – conclude padre Jeremie –. La fede rischia di diventare opportunistica. Poi, magari quando l’emergenza è passata, Lui non ci serve più. Ecco, qui al “Sacro Cuore” cerchiamo di riprendere la strada giusta, fatta prima di tutto di gratitudine infinita nei confronti di un Padre che è Signore della storia e di ogni esistenza umana».
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