Il Messaggero di sant'Antonio a Sant’Igne
Ci sono i viaggi aziendali, le trasferte di lavoro e magari pure i viaggi premio. Di certo, però, non si vede spesso un’azienda che porta i propri dipendenti in pellegrinaggio. Ma il «Messaggero di sant’Antonio» è un’azienda particolare, dove operano fianco a fianco laici e frati. E dunque ci sta che a un certo punto tutti insieme sentano il bisogno di andare alle radici della loro opera, cioè vadano a riscoprire il senso di quanto stanno facendo nel nome di sant’Antonio.
Per tale motivo in questi giorni (20 e 21 ottobre per la precisione) stanno vivendo insieme un pellegrinaggio che li porta sulle tracce di Francesco d'Assisi e Antonio di Padova.
Il pellegrinaggio prende il via da Sant’Igne (nella foto), un piccolo convento nella campagna fuori le mura di San Leo (RN), che risale al 1.300 ca, costruito sul luogo in cui si narra vi fu una manifestazione luminosa che indicò la via a Francesco d’Assisi, qui di passaggio.
Dopo Sant’Igne, frati e loro collaboratori visitano San Leo, anch’esso luogo legato al Poverello che vi sostò nel 1213 e dove ottenne in regalo, dal conte Orlando Catani di Chiusi, La Verna perché vi si potesse ritirare in preghiera.
Infine, ultima tappa del pellegrinaggio a Rimini, cittadina legata invece alla vicenda terrena di sant’Antonio. Proprio qui, infatti, tradizione vuole si siano verificati due dei miracoli più conosciuti attribuiti a sant’Antonio e legati alla sua «lotta» pacifica contro gli eretici del tempo: il miracolo della mula (una mula, lasciata a digiuno per più giorni, posta dinanzi all’eucaristia e a un mucchio di biada, invece che scaraventarsi sul cibo si inginocchiò dinanzi all’ostensorio che Antonio reggeva in mano) e quello della predica ai pesci (visto che nessuno in città lo ascoltava, Antonio si recò in riva al mare e cominciò a predicare ai pesci i quali corsero a riva per sentirlo).