L’epoca dei cretini intelligenti

Una nuova categoria di persone si sta imponendo nella società, quella dei «cretini intelligenti», che credono di pensare con la propria testa e sono invece pensati dal potere, che dicono «io» e sono di fatto massa, che pontificano e non studiano.
26 Novembre 2016 | di

Da tempo mi ronza nelle orecchie una battuta di Leonardo Sciascia, uno scrittore per il quale ho una reverenza crescente perché è tra quelli che meglio ha capito chi siamo noi italiani e cosa stavamo diventando, e ha tentato (come Pasolini, Calvino, Fortini, Morante, Ortese, Silone, Chiaromonte, Zanzotto e tanti altri) una messa in guardia che, come quella di altri grandi intellettuali di ieri non è servita a niente. Ha vinto la mediocrità delle mode, o meglio la manipolazione che l’industria culturale, trovando ben poca resistenza, ha attuato su noi tutti, stimolando e imponendo una cultura che addormenta le coscienze invece di liberarle.

Diceva Sciascia, se ben ricordo, che una nuova categoria di persone – e pensava anzitutto agli intellettuali – si era imposta nella società: quella dei «cretini intelligenti». Sarebbe riduttivo parlare dei «cretini laureati», ma in fondo, credo, i cretini intelligenti non sono altro che la parte più attiva e prepotente dei cretini laureati: coloro che credono di pensare con la propria testa e sono invece pensati dal potere, che dicono ossessivamente «io» e sono di fatto massa, che pontificano e non studiano e, quando studiano, è solo per poter pontificare meglio, per dare pezze d’appoggio al loro narcisismo.

I cretini di Sciascia non sono ignoranti in fatto di libri, lo sono in fatto di realtà. Discettano sulla base di povere esperienze di vita ma di tante esperienze di lettura dei libri (o dell’ascolto di quel che se ne dice a Fahrenheit) e visione dei film sponsorizzati dagli opinionisti alla moda, dai dottoroni e dottorini di cui più si parla,e dalle chiacchiere scambiate con amici simili a loro, dal turismo intelligente e low cost, dalle passerelle di nomi dette festival, dalla accanita presenza in salottini «esclusivi» e in chiassose pizzerie magari vegane. Poco essi si mischiano con los de abajo, come si dice in America Latina, ma molti di loro amano «fare inchieste», studiare il prossimo tenendosi però ben a distanza dalle esperienze che il prossimo più amaro è costretto a fare. Non vale neanche più l’avvertimento, meno cinico di quel che possa sembrare, di Fortini: se gli si vuol bene, bisogna augurar loro una grande disgrazia; sulla loro sensibilità incidono solo le disgrazie vicinissime e non quelle di cui si racconta sui giornali o alle quali si guarda da lontano, quelle di cui si parlerà per sentirsi oltre che intelligenti anche buoni.

I cretini intelligenti peraltro scrivono molto, soprattutto romanzi. Hanno ben poco da raccontare, ma siccome i loro lettori sono ipocriti quanto loro, un pubblico lo trovano sempre, piccolo se non si spingono oltre la nobilitazione di una quotidianità attraente o commovente, più vasto se azzardano interpretazioni filosofanti. Scrivono e parlano molto, e vivono al contrario assai poco, privi affatto di curiosità verso le verità del mondo, che sono sempre troppo sconsolanti inquietanti preoccupanti e che, soprattutto!, potrebbero mettere in forse le loro facili convinzioni, le loro idee autogratificanti.

Ah, com’erano più interessanti i cretini di una volta! diceva Sciascia e forse citava Savinio e le sue osservazioni sul fascino della stupidità quand’essa è perfetta, piena, rotonda, naturale, non intellettuale…

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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