L’ultimo segreto di Marco Polo
Forse nemmeno Marco Polo avrebbe potuto immaginare che la rilettura contemporanea del suo testamento da parte di studiosi europei e asiatici avrebbe risvegliato e corroborato la rinata passione di Occidente e Oriente per la vecchia – e nuova – Via della Seta che, proprio su impulso del presidente cinese Xi Jinping, Pechino sta rispolverando con gli scambi culturali e commerciali.
Fin dal Medioevo, Marco Polo è sicuramente l’italiano, e l’europeo, più famoso e amato in Cina. Nonostante le secolari insinuazioni sulla possibile non veridicità dei suoi mirabolanti viaggi, narrati nel «Milione» grazie all’operosa lungimiranza di Rustichello da Pisa, «prigioniero» con Polo dei genovesi, proprio l’analisi del suo testamento ha definitivamente fugato ogni dubbio.
Marco Polo viaggiò per molti anni nell’ultimo quarto del Duecento: prima da Venezia all’Oriente, e poi, in lungo e in largo nell’antico Catai, con la benedizione di Kublai Khan. E le merci esotiche riportate dai suoi viaggi, citate nel suo testamento, vergato dal prete-notaio Giovanni Giustinian, insieme all’ingente patrimonio personale – ereditato in gran parte dalla moglie Donata Badoer e dalle figlie Fantina, Bellela e Moreta – sono compatibili con l’epoca in cui egli visse e con i luoghi che egli visitò.
Di Polo altro non abbiamo perché la sua casa vicino a San Giovanni Grisostomo, a Venezia, fu distrutta nel 1596 da un incendio, e della sua presenza rimane oggi solo la Corte del Milion; mentre la sua tomba nella chiesa a San Lorenzo è andata perduta. Di lui non esistono nemmeno monumenti né ritratti ufficiali.
Difficile regalare al solo «Milione», che pure ispirò le imprese di Cristoforo Colombo, tutta l’epica di un personaggio che sembra uscito da un film d’avventura ma che, in realtà, incarna ante litteram la figura del viaggiatore e uomo d’affari dell’era della globalizzazione, dotato di spirito critico ma scevro da pregiudizi, mediatore culturale e uomo di pace. L’inizio della globalizzazione può essere davvero intestato a Marco Polo.
Quarant’anni dopo la sua morte, la figlia Fantina affrontò e vinse una disputa legale contro la famiglia del suo defunto marito, Marco Bragadin, che si era impossessata dell’eredità di Polo. Proprio in occasione del processo, Fantina presentò un inventario dei beni ereditati dal padre: merci, stoffe pregiate, ambre, muschio, profumi, peli di animali esotici, pietre rare che, con il testamento, confermano inequivocabilmente le imprese del mercante veneziano in Oriente.
Dopo le analisi chimico-fisiche e biomolecolari del testamento originale – una pergamena di pecora del 1324 – il documento è stato pubblicato, in copia, all’interno dell’opera dal titolo «Ego Marcus Paulo volo et ordino – i Segreti del Testamento di Marco Polo», realizzata da Ferdinando Santoro per Scrinium, in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia e il ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.
L’opera, destinata ad appassionati e studiosi, ma anche alle biblioteche di tutto il mondo, è stata curata da Tiziana Plebani, già responsabile del Dipartimento di Storia e Didattica della Marciana con i contributi, in particolare, dei professori Vito Bianchi e Attilio Bartoli Langeli, e di Zhang Xiping per quanto attiene alla Cina al tempo di Polo.
L’iniziativa si inscrive nell’«Anno del Turismo Unione Europea-Cina» inaugurato proprio a Venezia per promuovere e consolidare i rapporti tra il vecchio continente e il gigante asiatico. Adesso Marco Polo, attraverso questo progetto culturale, si appresta a ritornare virtualmente in Cina facendo tappa in varie capitali euro-asiatiche, tra le quali Roma, Atene, Istanbul e Mosca.