Pomposa: il calore di un «Mantello»

In visita all’associazione Buonincontro, ente gestore dell’emporio solidale «Il Mantello» di Pomposa. Qui, mettendo al centro persona e relazione, si restituisce dignità.
27 Marzo 2020 | di

Poco meno di due ore di viaggio dividono Pomposa da Padova. Sto percorrendo la tristemente nota «Romea», arteria fondamentale per il Nord est, ma altrettanto pericolosa per la gran mole di traffico, soprattutto pesante. Proprio lungo la Romea, quasi in prossimità dell’abbazia benedettina di Pomposa (in comune di Codigoro), una villetta rosa, di quelle così comuni nelle cittadine del Nord (scoprirò poi che si tratta di un ex asilo), fa capolino sulla sinistra. L’appuntamento con Giuliano è proprio lì davanti.
Giuliano Tomasi (64 anni) è il referente dell’associazione Buonincontro, per la quale oggi sono arrivata fin qui. «L’idea dell’associazione nasce nel 2012 – racconta –. L’anno precedente avevo avuto un brutto incidente automobilistico che mi aveva costretto a mesi di immobilità, durante i quali mi trovai a intessere un dialogo interiore con me stesso come da tempo non mi succedeva».

All’epoca Giuliano non è particolarmente credente, anzi, è proprio arrabbiato col “Padreterno” a causa della prematura morte di suo fratello. Ma quei lunghi mesi di sosta forzata lo convincono comunque ad accettare l’invito di alcuni amici a recarsi al santuario di Medjugorje. I pellegrinaggi, in realtà, diventeranno tre e l’ultimo sarà decisivo: «In quell’occasione andai al “Cenacolo” – confida Tomasi –, dove vivono persone con problemi di dipendenza. Lì incontrai un ragazzo in difficoltà che, nel salutarmi, mi disse: “Quando pensi a te, pensa anche a noi, e percepirai la vita in modo diverso”. In effetti, da quel momento la mia vita non fu più la stessa; cominciai a sentire il desiderio di fare qualcosa per gli altri. Parlai di quel desiderio con il parroco, don Stefano Gigli, e insieme decidemmo di fondare un’associazione di volontariato: la Buonincontro». L’associazione da subito si caratterizza per l’intensa operosità, frutto dell’unione del carisma dei religiosi a cui è affidata la parrocchia di Pomposa (I ricostruttori nella preghiera) e della professionalità di Giuliano (geometra).

«Un giorno la parrocchia ricevette in donazione questa casetta rosa e l’ampio terreno circostante – continua Tomasi –. Don Stefano ebbe un’idea: “Costruiremo qui la parrocchia che non abbiamo». Io, in realtà, stavo pensando a un incubatore di associazioni, ma decisi di seguire l’intuizione del parroco». 

Cominciano così mesi di duro lavoro tra progetti, permessi, pulizia del terreno coperto da una fitta boscaglia. A quel punto, però, accade l’imprevedibile. «Fui invitato a visitare un emporio solidale a Ferrara – insiste Giuliano –. Si chiamava “Il Mantello”. Con me venne anche don Stefano, il quale, davanti a quella realtà, sentì gli occhi inumidirsi e una chiara intuizione crescergli nell’animo: “È questa la Chiesa che il Signore vuole – disse –. Cambiamo destinazione d’uso”».

In quattro e quattr’otto Giuliano rimette mano al progetto: nel terreno strappato alla sterpaglia nascerà – con il supporto di Centro servizi per il volontariato «Agire sociale», di Ferrara, comune di Codigoro e Asp, servizi alla persona, oltre che naturalmente della parrocchia di Pomposa – un negozio solidale che verrà gestito dalla Buonincontro.

«Capimmo subito, però, che dovevamo formarci – aggiunge Giuliano –. Così, grazie all’Univol, l’Università del volontariato nata da un’idea di Anna Zonari di “Agire sociale”, ricevemmo sessanta ore di formazione da parte di alcuni psicologi che ci insegnarono a comunicare facendo rete tra di noi e rivolgendoci con empatia ai beneficiari. Al termine della formazione abbiamo suddiviso i volontari in base alle attitudini: chi si sarebbe occupato dell’accoglienza, chi dell’aspetto gestionale e chi della scaffalatura». A fine settembre 2018 viene finalmente inaugurata la struttura che, insieme con la sua omologa e ispiratrice ferrarese, rappresenta un fiore all’occhiello di questa comunità emiliana. 

Ma come funziona nel concreto «Il Mantello» di Pomposa? «È una sorta di mini-market – puntualizza Giuliano – che oggi garantisce alimenti e beni di prima necessità a sessantotto famiglie in difficoltà, con cinquantadue minori. I beneficiari, codificati da una commissione formata da Asp e Servizi sociali del Comune di Codigoro, possono venire a fare la spesa con la loro tessera personale a punti (punti caricati ogni mese, sulla base delle esigenze e del numero di componenti del nucleo familiare) e acquistare prodotti il cui valore è espresso in altrettanti punti invece che in euro. È importante per chi non ha nulla poter fare una spesa calibrata sulle proprie esigenze».

Ad accogliere i beneficiari ci sono una trentina di volontari. Sono “commessi”, ma anche persone che li accompagnano attraverso servizi centrati sulla persona: ascolto, relazione, orientamento al lavoro, attività ricreative per tutta la famiglia. Da qualche tempo vengono offerte pure cure dentistiche di base e un servizio di taglio e messa in piega per signore.

Siamo dinanzi a una forma di «welfare generativo», un welfare, cioè, che ha superato il concetto della mera assistenza, per favorire l’attivazione delle risorse interiori presenti in ciascuno e favorire così l’autonomia. E che ha a sua volta contagiato il territorio, spargendo attorno a sé buoni semi.

Tra questi, «Fra Galdino». A presentarlo è Gioia, una delle coordinatrici. «Il progetto prende il nome dall’omonima figura de I promessi sposi, un frate che faceva questua di noci. Allo stesso modo noi facciamo la nostra questua di beni di prima necessità per i beneficiari de “Il Mantello”. Chi decide di aderire lo fa in modo formale e, mensilmente o bimestralmente, si impegna a donare uno o più prodotti nella quantità desiderata». Nulla è lasciato al caso nemmeno qui, perché il bene va fatto bene. «Abbiamo suddiviso i sostenitori in gruppi, ciascuno coordinato da un volontario. Ogni mese costui invia un sms, segnalando il prodotto specifico di cui in quel periodo c’è carenza. Questo consente un’organizzazione efficiente ed efficace». «Il Mantello» può contare, oltre che sui privati che hanno aderito a «Fra Galdino», sull’aiuto di commercianti al dettaglio, grande distribuzione, Banco alimentare... 

L’iniziativa è feconda, ma per chi ha un cuore colmo di attenzioni da donare agli altri questo non basta. «A un certo punto – confida infatti Giuliano – ci siamo posti il problema di quanti, appena fuori dal comune di Codigoro, ma comunque in stato di bisogno, non potevano avere accesso all’emporio». Detto fatto. Nella famosa villetta rosa incontrata all’inizio del nostro viaggio, e ora divenuta sede permanente dell’associazione, è stato organizzato un centro di raccolta di vestiario e beni di prima necessità. In questo caso non servono certificazioni né tessere a punti: il concetto è quello della beneficenza pura e semplice, accanto alla quale, però, si situano sempre disponibilità all’ascolto e all’accoglienza, perché chi è povero di beni essenziali lo è sempre anche di relazioni buone». 

Quella Chiesa che il Signore vuole e che don Stefano aveva così ben immaginato solo pochi anni fa, è oggi una realtà in questo spicchio di Emilia. Una Chiesa nella quale chi è nel bisogno trova risposta, chi è solo trova una spalla amica ma, soprattutto, chi si sente sconfitto dalla vita può tornare a riappropriarsi di quella dignità che la povertà annulla. Una visione sociale, certo, ma ancor prima cristiana. «Con “Il Mantello” – chiosa a conclusione il parroco di Pomposa don Gigli – abbiamo cercato di azzerare le differenze tra le categorie di “povero” e di “volontario”, mettendo al centro la persona, la sua dignità, la relazione. Perché solo una relazione sana può essere elemento di crescita totale, crescita cioè umana e cristiana». E tutto questo grazie a un brutto incidente…

 

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Data di aggiornamento: 01 Aprile 2020
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