Questione di scarti

La persona disabile è una sorta di rifiuto per la società? A rispondere a tono la cooperativa «La città verde» con le sue iniziative di recupero e rivalorizzazione. Anche delle persone.
03 Settembre 2017 | di

Da qualche mese ormai abbiamo superato il Primo maggio, la festa dei lavoratori, come sempre una giornata fortemente sentita, simbolo di diritti raggiunti, ma anche di crisi, contraddizioni e precarietà che spesso portano, come si suol dire, i nodi al pettine davanti al mondo, dalla politica alla cultura, al sociale.

Il concetto di lavoro è senza dubbio cambiato e in futuro, com’è naturale che sia, continuerà a cambiare: i mestieri di un tempo verranno sostituiti da altri, oppure ne verranno di nuovi che ora ci sembrano inconcepibili.

Così come i mestieri, probabilmente anche i vocaboli muteranno forma e significato e anche ciò che chiamavamo «lavoro», forse, verrà inteso in altro modo.

In parte, a pensarci bene, accade già oggi. Disabilità e lavoro, per esempio, non sono due parole gemelle? Di solito, si sa, si fatica ad accostare questi due termini: la persona con disabilità, infatti, è spesso ancora associata all’inattività, all’improduttività; ella, di base, non può fare nulla né può essere qualcuno.

Stando così le cose, se ora facessi un gioco e dovessi disegnare su un foglio bianco una rappresentazione di tutte queste caratteristiche, probabilmente disegnerei una lattina di birra vuota, solitaria e a terra. Un rifiuto, uno scarto insomma, non di certo una persona. Non è una bella immagine.

Eppure, c’è qualcuno che tale immagine l’ha presa alla lettera e ne ha fatto addirittura un mestiere inclusivo. Sto parlando del gruppo «La città verde», cooperativa gestita anche da persone con disabilità, con sede a Pieve di Cento (BO), non lontano da casa mia.

Com’è nata l’idea di associare la disabilità a uno scarto? E in che modo, invece, essa può entrare a tutti gli effetti in un contesto lavorativo?

«La città verde» ha scelto di rispondere nella pratica, mettendo cioè in atto il principio secondo il quale rivalorizzare gli scarti vuol dire rivalorizzare la disabilità e che questo può inaspettatamente rendere il mondo più inclusivo e contemporaneamente, giusto per restare in tema, più pulito.

Quale migliore soluzione che offrire a persone con disabilità motoria e/o cognitiva la possibilità di lavorare per la cura del verde? La cooperativa si occupa di costruzione e sviluppo del bene comune, cura del verde, gestione e recupero dei rifiuti, creando opportunità di occupazione, socialità e integrazione in particolare per persone in crisi.

Le persone con disabilità sono state storicamente scartate, rifiutate e messe ai margini, specie in un mondo competitivo come quello del lavoro. Quelle stesse persone rifiutate e scartate, ora lavorano per le nostre comunità, andando proprio a trasformare questi rifiuti in altri elementi, differenziandoli e riciclandoli.

Creando inclusione ed evitando di sprecare, lontani dal foraggiare quella «cultura dello scarto» contro cui si scaglia papa Francesco. Gli scartati che raccolgono gli scarti. E li cambiano. Un bellissimo pensiero per celebrare il Primo maggio tutto l’anno. Perché non sempre i rifiuti sono quello che sembrano! Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.

 

Data di aggiornamento: 03 Settembre 2017

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