A scuola tra le sbarre

La scuola in carcere è occasione di riscatto e riparazione. Dona speranza e permette un nuovo inizio. Per questo Caritas sant’Antonio ha deciso di sostenerne una, in questi tempi di pandemia in cui ricominciare è davvero importante.
06 Giugno 2021 | di

Mettiamo subito in chiaro una cosa: la riabilitazione dei detenuti non è solo un dovere costituzionale (l’articolo 27 della nostra Costituzione recita infatti testualmente: «Le pene… devono tendere alla rieducazione del condannato») ma soprattutto una convenienza per lo Stato e quindi per noi. Lo dicono i dati: attualmente, il 68 per cento dei detenuti, una volta uscito dal carcere, torna a delinquere, percentuale che cala drasticamente al 19 per cento tra quanti nel periodo della reclusione hanno potuto usufruire di formazione e di opportunità lavorative. Lo hanno capito molto bene nella casa circondariale di Sollicciano, quartiere della periferia ovest di Firenze. Qui, da oltre vent’anni è infatti attiva una sezione del Russell-Newton, Istituto di istruzione superiore tecnica e liceale di Firenze Scandicci. «Fino qualche anno fa, le sezioni erano addirittura due – spiega la dirigente scolastica Anna Maria Addabbo –: amministrazione finanza e marketing, e costruzione ambiente e territorio. Ora c’è solo il secondo, perché più professionalizzante e più adeguato alle prospettive lavorative degli studenti». 

«Insegnare in carcere è un’esperienza molto intensa – continua la preside –: gli studenti, di varie nazionalità, provenienze geografiche ed età (numerosi i giovani), sono motivati, attenti, partecipano con entusiasmo alle lezioni e sono davvero rispettosi dei docenti. Parecchi sono coloro che non hanno mai frequentato prima una scuola superiore, ma non mancano nemmeno i laureati che ora seguono i corsi perché li considerano più professionalizzanti in vista del reinserimento lavorativo post-carcerario. Tutti chiedono ai docenti di poter studiare di più, di poter frequentare anche altri percorsi formativi oltre a quello nel quale sono inseriti. Così più volte abbiamo organizzato un corso sulla conservazione e il trattamento degli alimenti, obbligatorio per chiunque operi a vario titolo nelle cucine, garantendo così sin da subito ai nostri studenti la possibilità di lavorare nella mensa della casa circondariale, partecipando in tal modo più attivamente alla vita della comunità carceraria e ottenendo un sostentamento economico».

Qualche anno fa, gli studenti del carcere hanno partecipato anche a un concorso per giovani scrittori, che hanno vinto grazie alla capacità di dare voce con rara sensibilità alle loro storie di sofferenza, alla loro nostalgia, ai rimpianti e ai rimorsi per gli errori compiuti. «È stato un percorso empatico importante e arricchente per tutti, studenti e docenti» conclude la professoressa Addabbo. «Per i nostri allievi venire a scuola è davvero importante – riprende la preside –. Perché la scuola apre futuro, dona la possibilità di un riscatto dall’errore. Ma anche perché permette loro di trascorrere qualche ora fuori dalla cella, nell’area che la casa circondariale ha riservato allo scopo, dove, oltre alle aule, sono attive una biblioteca e una sala informatica. Le aule sono coloratissime: sulle pareti spiccano i murales dipinti dagli stessi studenti. Anche il solo passare dal grigio della cella a quei muri colorati può cambiare la giornata». 

Grazie ai Piani operativi nazionali, gli spazi scolastici sono stati dotati di una strumentazione tecnologica di base, costituita da alcuni tablet e un carrello per la loro ricarica. Materiali troppo esigui per garantire una formazione adeguata ai tempi. Anche durante il covid è stata molto dura. Se gli studenti di un normale indirizzo di scuola superiore, infatti, hanno faticato non poco con la didattica a distanza, tra le celle del carcere è stato drammatico. E ciò, nonostante i docenti abbiano garantito quasi sempre la loro presenza, vista l’impossibilità di operare in remoto per chi è detenuto, non potendo usufruire di collegamenti alla Rete. «Una delle necessità più impellenti per i nostri “ragazzi” è proprio l’incremento della digitalizzazione. Per tale motivo, il supporto offertoci da Caritas sant’Antonio in questo tempo di pandemia è particolarmente prezioso» sottolinea la professoressa Addabbo.

Caritas sant’Antonio, infatti, grazie all’aiuto dei nostri lettori donerà alla scuola del carcere alcune lavagne interattive multimediali, utilissime sia in caso di didattica a distanza sia per uno studio quotidiano al passo con le esigenze del mondo scolastico e lavorativo di oggi. Inoltre, verrà rinnovato il parco computer presente, abbastanza datato, implementandolo anche di software specifici per l’indirizzo carcerario, come autocad.

Quello del carcere è davvero un mondo a sé, duro ma anche ricco di un’insospettabile umanità dolente. «Tutte le volte che mi reco alla casa circondariale – conclude la dirigente – avverto un senso di colpa verso le persone ristrette che immagino siano giunte a compiere scelte sbagliate anche perché non hanno mai avuto in precedenza la possibilità di fare un’esperienza scolastica, di approcciarsi alla cultura, di sviluppare relazioni, di entrare anche nel mondo delle regole e del rispetto reciproco, del rispetto dei tempi. La mancanza di un’esperienza scolastica ha senz’altro contribuito a indirizzare la vita di queste persone lungo percorsi sbagliati. Per questo oggi la scuola per loro è fondamentale. È non solo occasione di riscatto, ma anche di ripensamento del proprio essere e di prospettiva di un futuro diverso».

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Data di aggiornamento: 06 Giugno 2021
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