“Tra tatto e contatto”, maestri san Francesco e la Parola
Un esercito di 930 insegnanti a riempire non una ma due capienti sale (per tacere della lunga lista d'attesa di persone che non hanno purtroppo potuto trovare sistemazione) per A ritmo di touch. Tra tatto e contatto, il terzo convegno interdisciplinare organizzato da Messaggero di sant’Antonio e Ufficio di Pastorale dell’Educazione e della Scuola della Diocesi di Padova, all'Opera della Provvidenza Sant’Antonio di Sarmeola di Rubano (PD).
Ad aprire la due giorni di formazione sui cambiamenti comunicativi, relazionali, intergenerazionali ed educativi portati dalle nuove tecnologie una mattinata in compagnia di fra Fabio Scarsato, direttore del “Messaggero”, e di Lidia Maggi, teologa e pastora battista. I due relatori hanno dato lo stile dell'incontro, che entrerà nel pomeriggio nelle sue sessioni più tecniche, fondando i propri interventi sulla Parola di Dio e sulla testimonianza viva di Francesco d'Assisi.
Nella sua relazione, dal titolo “La Parola senza copyright”, Lidia Maggi ha proposto in serie alcuni suggestivi punti di contatto tra la complessità del mondo biblico e la complessità del mondo di internet. “Anche nella Bibbia – ha affermato Lidia Maggi – corriamo il rischio di restare in superficie, sentendoci degli esiliati. Fatichiamo a capire la complessità del testo sacro, vorremmo restituirne il senso selezionando piccole perle, semplificate. Preferiamo immergerci nella Parola come dei minatori che cercano risposte puntuali e semplificate a domande frettolose. Ma non si può ridurre a poche perle preziose la miniera di senso della scrittura, facendo dei semplici copia incolla”. Una selezione però va fatta, ed ecco allora un altro punto saliente della relazione della teologa battista, che ha provocato l'assemblea con una lettura particolare della parabola di Matteo 13, dove il Regno di Dio è presentato come una rete piena di pesci, da portare a riva dove fare poi discernere tra pesci buoni e pesci velenosi. “Noi siamo nella rete internet, peschiamo nel web ma forse ci manca la capacità di discernere il buono dal cattivo. Non sappiamo farlo perché siamo giovani nella comprensione di questa realtà, mentre nello studio della Bibbia siamo un po' più attrezzati. Serve un discernimento personale, ma anche collettivo: la Parola di Dio è affidata a una comunità, non basta la lettura personale. Così a tutti noi è affidata la responsabilità del discernimento, che passa attraverso la necessità di distinguere tra frutti che nutrono e frutti che avvelenano”.
Una “Relazione neanche tanto virtuale. Francesco e il lupo” è stata invece affrontata da fra Fabio Scarsato, che ha introdotto nuove simbologie ben applicabili pure al “nuovo” che è ogni relazione con l'altro. Prendendo le mosse dal celebre episodio raccontato nei “Fioretti” di san Francesco, e da una sua interpretazione firmata da don Primo Mazzolari nel 1950, il direttore del Messaggero ha provocato i convegnisti a identificarsi nei veri protagonisti dell'episodio, e del miracolo di san Francesco: gli abitanti di Gubbio.
“É il racconto di una netta contrapposizione – ha detto fra Fabio –. Gubbio è città murata, con abitanti che sanno difendersi da ciò che è fuori. Ha porte pesanti da scardinare, una città sicura. Il contraltare per definizione della città è la foresta, luogo del selvaggio, delle paure, del buio, dell'ignoto, dove mi addentro con timore, con giochi di luce che mi angosciano, rumori indecifrabili... Ci abitano lupi. La foresta è altro da noi. Tutto ciò che mi dà sicurezza, non posso usarlo addentrandomi nella foresta. Incontrare l'altro è difficile, ho paura, rischio. L'incontro con l'altro è sotto la categoria del rischio. Altrimenti lo costringerei a rientrare nei miei parametri, diventa una mia fotocopia, non ne ho più paura. L'altro, se rimane altro, non è mai assimilabile fino in fondo. Francesco fa aprire la porta. Va incontro. Benedice il lupo e lo chiama fratello, aprendo prospettive. Lo tocca, entra in contatto, zampa e mano. Chiede agli abitanti di Gubbio di recuperare un modo diverso di stare insieme. Perché se voglio ammansire l'altro difficile, devo essere io il primo a convertirmi”.