Donne in rinascita
Sono tanti i motivi per cui una donna in Colombia può finire sulla strada. Perché resta vedova e con i figli piccoli da mantenere. Perché un genitore o un figlio si ammalano e lei è l’unica che può procurare un reddito significativo alla famiglia. Perché viene letteralmente «venduta» dai genitori a chi gestisce il giro della prostituzione. Perché incontra un uomo sbagliato che, promettendole amore, in realtà la getta sul marciapiede. O, ancora, perché, ritrovandosi sola, non ha altri mezzi per sopravvivere in un Paese aggredito dai morsi della crisi. Sulla strada, insomma, qui è facile finirci e, come sempre, è molto difficile uscirne.
Eppure la Colombia avrebbe tutti gli ingredienti per essere un «grande» Paese. Risorse naturali, potere economico, settori produttivi avanzati. Ma purtroppo questa nazione, dilaniata fino allo storico accordo di pochi mesi fa da una guerra intestina che ha visto contrapporsi forze governative e guerriglieri, appare oggi come uno dei Paesi sudamericani più a rischio. Dati certi sul fenomeno prostituzione, ovviamente, non ne esistono, ma la povertà diffusa, unita alla presenza dei potenti cartelli narcos che pare gestiscano in molti casi anche il giro delle prostitute (e della prostituzione infantile), ne ha fatto un Paese dove molte donne si ritrovano a dover vendere il proprio corpo.
Qui, in questa desolata «periferia esistenziale», proprio accanto a queste donne, vive un manipolo di coraggiose suore: sono le religiose oblate del Santissimo Redentore, una congregazione nata nell’Ottocento con il carisma di prendersi cura delle donne costrette a prostituirsi e dei loro figli. In Colombia le suore sono presenti da quarant’anni nelle periferie di Bogotà, Medellin, Bucaramanga e Ibagué, nella zona nord del Paese, dove, nel quartiere El Carmen, gestiscono il «Centro Madre Antonia».
Ed è da qui che è partita la prima lettera indirizzata a Caritas Antoniana. A scriverla, nei primi mesi del 2016, suor Anastasia. Il suo è davvero un accorato ma dignitoso grido di aiuto: lei e le consorelle vorrebbero togliere le donne dalla strada; vorrebbero restituire a loro e ai loro figli un futuro, ma per farlo devono aiutarle innanzitutto a ritrovare dignità e rispetto per se stesse. E poi devono supportarle nella ricerca di un lavoro vero. Il progetto per il quale suor Anastasia chiede aiuto ha lo scopo di «fornire a centoventi giovani donne costrette a prostituirsi e ai loro figli strumenti formativi validi, offrendo loro orientamento e formazione integrale capaci di garantire una crescita personale, famigliare e sociale». Supportate così a livello psicologico e sociale, le donne «verrebbero coinvolte in corsi di formazione professionale della durata di 20 mesi. Anche i figli parteciperanno a laboratori per la loro formazione personale».
A Caritas Antoniana viene chiesto un contributo di 14 mila euro, che va ad aggiungersi a quello che le stesse beneficiarie del progetto sono riuscite a raggranellare. D’altra parte, e Caritas Antoniana lo sa molto bene, è importante che i protagonisti dei progetti diano prova del loro fattivo impegno per cambiare la situazione: solo così sarà possibile innescare quel circolo virtuoso capace di generare altro bene. A questa prima richiesta di aiuto Caritas Antoniana risponde positivamente nel maggio 2016. Il progetto parte poco dopo e trova una positiva conclusione.
Ma il 31 gennaio 2017 ecco giungere un’altra accorata richiesta: «Caro padre Valentino – scrive stavolta suor Luz Elena – veniamo a chiedere a Caritas Antoniana di poterci assicurare ancora il suo sostegno per un progetto, grazie al quale vorremmo garantire un futuro diverso ad altre venti donne costrette a prostituirsi e ai loro venti figli adolescenti, tra i 9 e i 16 anni, che vivono in una situazione di povertà estrema umana e cristiana, che potrebbe favorire anche il loro sfruttamento sessuale». Oltre a dare sostegno psicologico e sociale e a promuovere corsi di formazione su violenza familiare, pedagogia sessuale, anatomia, il progetto delle suore è di organizzare cinque corsi di formazione professionale in informatica, manualità estetica e moda, della durata di 10 mesi. Anche in questo caso Caritas Antoniana dà il suo assenso e invia il contributo richiesto che ammonta a 9.500 euro.
A fine agosto giunge dalle suore un resoconto: «Grazie al contributo di Caritas Antoniana si sono potute impiegare 60 ore per la formazione in taglio e cucito di venti donne, che hanno così potuto beneficiare, oltre che dell’apprendimento di una professione, anche di una maggiore autostima». Accanto a questo corso, ne sono stati fatti altri, cui hanno partecipato trenta adolescenti, con lo scopo di educarli a una sessualità responsabile. È stato possibile anche impartire una formazione informatica a venti adolescenti e, inoltre, le suore hanno potuto seguire a domicilio una trentina di donne in difficoltà o ammalate. «Che Dio vi benedica!» conclude il suo scritto suor Luz Elena.
Ma ad attirare l’attenzione di Caritas Antoniana sono soprattutto le due lettere scritte con una grafia incerta, che lei ha allegato alla sua missiva: sono firmate da Maria Fernanda e Sebastian. Sono i figli delle ex prostitute, cui, anche grazie al vostro aiuto, Caritas Antoniana ha potuto riaprire un orizzonte di vita: «Grazie Caritas Antoniana per l’opportunità del corso di informatica – si legge in una di esse –, ma grazie anche perché con la formazione ricevuta nella casa Madre Antonia ho potuto imparare a rispettare la mia famiglia e tutte le persone che incontro». Un piccolo grazie, che vale una vita.
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