Scrivi che ti passa

La scrittura come esperienza, non solo di autocoscienza, ma addirittura di guarigione. È possibile? C’è chi lo sostiene…
03 Agosto 2017 | di

(…) «Parlare e scrivere sono per noi atti così naturali che nessuno, a prima vista, può concepirli come le invenzioni più complesse che mai il cervello umano abbia elaborato – scrive Henri-Jean Martin nel volume Storia e Potere della Scrittura (Laterza, 2009) –. La comparsa della scrittura non risale a più di 5.000 anni fa. Se pretendessimo di redigere qui gli annali dell’umanità destinando un uguale spazio a ciascun millennio, il periodo storico dell’homo scribens occuperebbe appena l’ultima pagina del libro».

Se dunque la scrittura, che occupa una parte così breve, in fin dei conti, dell’evoluzione umana, ha per noi oggi un’importanza così determinante, un motivo ci deve essere.

Fulvio Fiori (www.fulviofiori.com), autore di Curarsi con la scrittura (Tea, 2015) ha a riguardo un’originale opinione: la vita va scritta, pena il non viverla realmente. Secondo l’autore, ideatore dell’Healing writing, un metodo di scrittura creativa che utilizza la parola scritta per creare percorsi di autoconoscenza e crescita personale, scrivere aiuterebbe a focalizzare meglio i propri obiettivi, oltre che a «raddrizzare» una serie di situazioni esistenziali anche problematiche (i cosiddetti copioni di vita, eredità dell’infanzia che ognuno di noi tende a ripetere negli anni spesso senza esserne consapevole).

In un’università americana attorno agli anni ’80 del secolo scorso, venne infatti effettuata una ricerca: «A un gruppo di 200 ragazzi  del college – racconta Fiori – i ricercatori chiesero di esprimere verbalmente i propri sogni, desideri e progetti per il futuro; a un secondo gruppo di altri 200 ragazzi chiesero invece di scriverli, mettendoli ordinatamente nero su bianco». Gli studenti vennero monitorati nel tempo per valutare gli esiti dell’esperimento. «Molti anni dopo – prosegue Fiori – i ricercatori scoprirono che i ragazzi del secondo gruppo, quelli che avevano messo su carta i loro desideri, erano riusciti a realizzarli in una misura maggiore del 70 per cento rispetto a quelli del primo gruppo, che li avevano espressi solo a voce».

Analogo risultato è stato raggiunto anche dai ricercatori dell’Università di Stanford, i quali hanno verificato che «facendo scrivere ai propri studenti le difficoltà incontrate nell’apprendimento, si è abbassato del 75 per cento il tasso di abbandono. E in un altro esperimento hanno chiesto a 120 coppie sposate di scrivere l’esperienza del loro litigio, come se fossero osservatori esterni. Le coppie che l’hanno fatto hanno goduto di un netto miglioramento nella relazione, a differenza di quelle che non avevano scritto nulla».

Insomma, la scrittura aiuta a focalizzarsi meglio sui propri obiettivi, a chiarirsi le idee circa il proprio futuro, ad avere chiari i propri problemi e a individuare le strade migliori per uscirne. Certo, è necessario un metodo e una consapevolezza nel suo utilizzo. «Mi sono curato con la scrittura fin da ragazzo – confida ancora Fulvio Fiori –, senza avere coscienza di farlo. Semplicemente amavo le parole e provavo un ardente bisogno di scrivere. A quel tempo suonavo la chitarra piuttosto bene, e cantavo, dignitosamente, quindi ho cominciato a scrivere canzoni. Il risultato musicalmente era scarso e i testi insufficienti. Tuttavia, in questo modo riuscivo a “buttar fuori” in forma compiuta il magma ribollente dei miei turbinosi sentimenti di adolescente. Il che mi faceva bene. Poi sono arrivate le poesie, quelle dei vent’anni che scrivono tutti. Insieme a qualche timido racconto, apprezzato più di tutti dal cestino. E in seguito, accorate lettere alle ex fidanzate, con addii consolatori e psicoriflessioni sull’amore che finisce ma non termina e sul tempo che non sappiamo dove nasce e neppure dove va a morire. Spesso non spedivo quelle lettere, ma le tenevo per me, leggendo e rileggendo le parole più toccanti per ore, giorni, settimane. Finché la lettera diventava solo un foglio bianco, stropicciato e stanco, sporco qua e là d’inchiostro, ormai privo di rancori, rimorsi, dolori. La scrittura mi aveva guarito».

L’articolo completo è disponibile nel numero di luglio-agosto 2017 della rivista e nella versione digitale.

Data di aggiornamento: 03 Agosto 2017

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