Sant’Antonio lo «spostato»
Quante soglie ha dovuto attraversare sant’Antonio per arrivare a essere quello che è, lasciandosi alle spalle punti fermi, risultati raggiunti, appartenenze sicure, affetti imperdibili?
Quanti confini ha dovuto oltrepassare, forse talvolta anche violare, per giungere finalmente a casa, la sua casa?
Ma c’è poi arrivato, o è giunto fin lì solo per scoprire che davanti a lui si apriva l’ennesima porta, si srotolava l’ennesimo sentiero, si preannunciava l’ennesima avventura?
Cosa ha imparato a lasciarsi indietro, con rammarico e forse nostalgia, ma anche con fiducia, sempre più leggero e meno impacciato, e perciò spedito?
È questa allora la povertà che san Francesco gli ha testimoniato e insegnato?
E non è forse anche la libertà che ci ha promesso Gesù: «la verità vi farà liberi» (Gv 8,32)?
Ma come fa uno ad avere tutto il coraggio necessario a muovere il primo passo oltre?
Per Antonio, in quel momento ancora Ferdinando, ha comportato uscire di casa ed entrare nel monastero agostiniano di Lisbona. Da lì al monastero di Coimbra.
Dal monastero di Coimbra, e dall’Ordine degli agostiniani, alla chiesetta di S. Antonio dos Olivais, e all’Ordine dei frati minori. Per diventare Antonio. Dal… al…
Dove sta la fine, quando il bigliettaio che è Dio ti ha staccato un biglietto di viaggio in bianco?
La vita sta sempre altrove, o almeno un po’ più in là. A noi, come successe ad Antonio, il compito di vivere da… spostati.