Fare pace con il riposo
«Gentile direttore, sembra strano addirittura a me lo scriverle, quindi immagino potrà provare anche lei un po’ di disagio nel ricevere questa lettera. Mi ha spinto mia moglie a prendere carta e penna. Da quando sono in pensione… non trovo riposo. Nel senso: ho ricevuto talmente tante richieste di aiuto (figli, nipoti, associazioni, parrocchia) che ho meno tempo di prima! Ma questa attività mi permette di mettere tra parentesi il nodo più duro. Ho provato cioè a riposarmi, a rallentare, ma non ne sono capace. Ho sempre vissuto con fastidio anche le vacanze. Adesso è peggio. Se ha dei suggerimenti, li leggerò volentieri. Grazie». Lettera firmata
Gentile lettore, nessun imbarazzo! Ogni fase della vita ha le sue caratteristiche. Come per studiare, e per lavorare, ci vuole metodo, c’è bisogno di educarsi e di applicarsi anche al riposo. Per evitare che la giusta e sacrosanta attività diventi sterile e sfiancante attivismo mangia-tempo ed energie, non solo fisiche. Il nostro Dio ha inventato la domenica, giorno del riposo, certo non fine a se stesso, ma da dedicare al Signore di tutte le cose, del lavoro e del riposo compresi.
Leggendo la sua lettera mi è venuto in mente un luogo del tutto particolare, a circa quattro chilometri da Città di Castello. È l’eremo del Buonriposo, che deve il suo nome proprio al fatto che qui san Francesco vi avrebbe trovato tranquillità e pace.
Ci sorprende piacevolmente sapere che anche Francesco, per il resto descritto sempre occupato nella preghiera o nella predicazione, «a stento o quasi mai si era preoccupato di dare un po’ di riposo al suo corpo» (1Cel 97: FF 488), pure lui si riposò. E ne fu felice, se se ne portò via, appunto, un «buon» ricordo.
In realtà, Francesco non si era dimenticato di essere, lui e i suoi frati, uomini in carne e ossa. Per cui niente spiritualismi né eroismi disincarnati. Tant’è che da subito bisogna pensare a una situazione anche abitativa, seppur povera, «dove riposare e attendere a fare le cose necessarie» (FF 1575; cf. FF 397). È vero: Cristo è il «riposo» di Francesco (FF 2125), anche nel senso di quel «riposo eterno» che tante volte invochiamo nelle nostre preghiere per i morti (FF 1482). Ma sappiamo di tanti luoghi di riposo di Francesco: sotto l’ampia chioma di una quercia alla Verna, subito disturbato dall’accoglienza rumorosa degli uccelli (FF 1903); Satriano, in casa di un povero (FF 1705); Collestrada, presso un lebbrosario, con frate Masseo (FF 2706/10); una capanna nel giardino di San Damiano, dove l’atroce dolore agli occhi gli faceva trascorrere notti in bianco (FF 1614); Greccio, dove fu invece il diavolo a impedirgli il riposo con un cuscino «indemoniato» prontamente sfrattato dalla cella (FF 1673); la chiesa di Bovara, dove lo stesso diavolo avrebbe voluto impedirgli di riposare e dormire (inutilmente: alla fine «riposò in pace», FF 1593). Talmente il demonio ce l’aveva con il riposo di Francesco!
Ma Francesco stesso non si sarà sorpreso leggendo il Vangelo? «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» (Mc 6,31) disse Gesù. E non si sarà riconciliato con fratello corpo leggendo delle visite ristoratrici di Gesù agli amici Marta, Maria e Lazzaro? «Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (Gv 12,1-3). Quell’ebreo Gesù che pure doveva essere fedele alla legge dello shabbat: «Sarà per voi un sabato di riposo assoluto» (Lv 16,31).
Buon riposo, allora!