Il pensiero del nuovo Ministro Generale
Fra Carlos Trovarelli, argentino, nato a Cinco Saltos, Provincia di Río Negro, Argentina, il 22 giugno 1962, è stato eletto recentemente Ministro generale dell’ordine dei Frati minori conventuali (Ofmconv), diventando così il 120° successore di san Francesco. Abbiamo incontrato fra Carlos, con l’obiettivo di conoscere la sua visione dell’Ordine, il suo pensiero, i suoi progetti futuri su alcuni degli argomenti più importanti per la Chiesa e la famiglia francescana.
Msa. Fra Carlos, subito dopo l’elezione a Ministro generale, ti sei recato a pregare sulla tomba di san Francesco e a chi ti ha chiesto che cosa avevi detto al Poverello, hai risposto che gli avevi domandato di concederti il suo spirito. Che cosa significa «avere lo spirito di san Francesco»? Quale aspetto della sua vita hai sentito più importante per te in questi anni?
Trovarelli. Lo spirito di san Francesco è la docilità al Vangelo: è questo che l’ha reso una novità dirompente per il suo tempo. Mi riferisco a cose molto semplici: l’umiltà (minorità), la chiarezza evangelica, lo scoprire il fratello come soggetto teologico, l’essere persone in venerazione di fronte alla creazione. Francesco seppe vivere una lucidità evangelica «vigile», cioè riuscì a essere sempre così lucido da capire e da vivere ogni situazione alla luce del Vangelo. E fu questo che gli permise di vivere il Vangelo sine glossa, cioè in modo totale, radicale, con piena convinzione. Di lui mi ha colpito sempre anche quel suo sentirsi ospite del mondo, della casa comune: Francesco è l’uomo che chiede permesso alla creazione per attraversarla, per camminarci in mezzo, come fa il popolo quechua (eredi della tribù tra le più numerose ed evolute degli antichi Perù, Bolivia ed Ecuador, ndr), il quale, prima di celebrare il rito della Pachamama (la Madre Terra, ndr) chiede il permesso alla terra stessa. E se Francisco era capace di vivere con questo rispetto e questa venerazione verso la natura, figuriamoci il suo atteggiamento di fronte a un essere umano! Dio ci rivela tesori sorprendenti in persone che apparentemente hanno poco da dare. Sono questi, secondo me, alcuni degli elementi costitutivi più originali di Francesco d’Assisi.
Come si concilia l’esercizio della massima autorità dell’Ordine (seconda solo al Capitolo generale) con la vocazione alla minorità? Si può essere governante e minore al contempo! Francesco d’Assisi ne fu un esempio. Bisogna partire dal rispetto, dal dato concreto di quello che sono le altre persone, di quello che è l’altra cultura. Al rispetto va aggiunto poi il riferimento costante alla Verità. Ogni incontro va impregnato di verità. La verità è quello che abbiamo promesso di vivere, la responsabilità che abbiamo di fronte al mondo, di fronte alla società. Per questo rispetto verso l’altro significa accompagnarlo verso la verità. Partire dal rispetto significa non avere a priori una volontà di potere sull’altro, ma mettersi accanto a lui di fronte alla verità, di fronte al Vangelo, superando l’autoreferenzialità protagonista, l’autorità o l’auto-celebrazione del governante. Si tratta, in sintesi, di un potere di servizio alla verità!
Sostieni che continuerai a lavorare nella linea del rinnovamento dell’Ordine. Ma quali sono gli aspetti che necessitano di un rinnovamento? E quali, invece, vanno mantenuti saldi, affinché non si perdano? Credo che l’Ordine abbia bisogno di rinnovare la qualità del suo modo di vivere (che poi è il Vangelo) e il suo messaggio. La nostra sfida sarà migliorare la qualità della nostra vita, cioè la qualità della nostra sequela a Cristo; dobbiamo rinnovare la forza della speranza, senza mai perdere di vista la fedeltà al Vangelo. Il rinnovo deve essere qualitativo. Il nostro stile di vita deve essere in se stesso un messaggio. Dobbiamo rinnovare la nostra gioventù, dobbiamo donare ai giovani ali di aquila, tornando noi per primi a una libertà e freschezza evangeliche che non devono essere per niente ingenue. Dobbiamo sostenere e promuovere la creatività. Bisogna mantenere lo spirito e l’atteggiamento di servizio. Non ho intenzione di creare un Ordine nuovo, sia ben chiaro, perché ci sono tradizioni da curare, le Provincie più vecchie dell’Ordine hanno molto da dare, da trasmettere, da condividere.
In Europa, negli Stati Uniti e in genere nei Paesi del nord del mondo ricchi e considerati più evoluti in generale, la Chiesa ha mostrato molti limiti, ha visto svuotarsi sia i templi che i seminari… Al di là delle ragioni culturali, antropologiche, economiche di questo fenomeno, quali sono i motivi interni alla Chiesa e alla vita religiosa stessa che hanno condotto a questa situazione? Una delle ragioni credo sia il clericalismo. La Chiesa, in alcuni momenti, si è identificata troppo con la propria struttura, ha peccato di un certo «istituzionalismo» sterile, che non produce nulla, non genera vita. La sposa di Cristo ha corso il rischio di sclerotizzarsi. Ricordo quanto diceva un sacerdote argentino, padre Castellani: «Alcuni gruppi e movimenti della Chiesa cattolica si riuniscono soltanto per parlare di se stessi». Quando la struttura ecclesiale si occupa di se stessa, dimenticando lo spirito e la finalità per la quale è stata creata, in pratica smette di guardare al mondo, all’altro, all’umanità. Cessa di vedere, di ascoltare e di contemplare. In certi momenti la Chiesa ha scelto la comodità, si è fermata e ha smesso di sentirsi pellegrina nella storia e nel cammino spirituale. Ma questa dimensione era alla base della sua stessa vocazione.
In America Latina si parla di «multidiverso». Che idea è sottesa a questa espressione? E quale importanza ha il «multidiverso» nell’attualità della Chiesa, per la teologia, per la pastorale, per il francescanesimo? Il «multidiverso» pone la sua forza nel fatto di riuscire a esprimere più pienamente la realtà come tale. Perché la realtà è di per sé «multi diversa». Come categoria, allora, questo concetto esprime una maggiore fedeltà alla realtà. Nella teologia e nella pastorale il «multidiverso» permette di inglobare. E, siccome aiuta a esprimere meglio la realtà, aiuta anche a condurre meglio un’azione, in particolare pastorale. In sintesi si tratta di una percezione più ampia della realtà. È una categoria includente.
Che cosa può offrire il sud del mondo, l’Argentina, il Sudamerica in genere, alla grande famiglia francescana di tutto il mondo? Può offrire una flessibilità che ci avvicina di più alla vita concreta. La vita è anteriore alla sua stessa schematizzazione. L’atto del pensare in America Latina equivale al pensare nella vita, in modo cioè non astratto. Questo è il primo aspetto. Poi direi che in Sudamerica viviamo anche una certa «innocenza», uno stadio di purezza primigenia, che rende meno distante la vita come tale e la risposta che a essa diamo.
Nel 2015 sono stati beatificati e dichiarati martiri due frati polacchi missionari in Perù; in questo 2019, pochi giorni prima dell’inizio del Capitolo generale e della tua elezione, è stato beatificato e dichiarato martire, in Argentina, fra Carlos Murias. Sembrerebbe quasi un disegno divino che il nuovo Ministro generale provenga proprio dalla grande regione in cui sono stati beatificati questi martiri della famiglia francescana conventuale e da dove proviene anche papa Francesco. C’è un messaggio in questi fatti? La Chiesa dell’America Latina, intesa come regione ecclesiale, ha una grandissima capacità di dare frutti. Dalle prime ore della sua storia ha donato straordinari frutti di santità: santa Rosa da Lima, san Martín de Porres, san Juan Diego, san Roque González e tanti altri. Ma ha anche prodotto pensiero teologico, ecclesiale e pastorale. In questo senso alcune delle Conferenze generali dell’Episcopato latinoamericano (C.E.L.A.M.) hanno generato straordinarie riflessioni: basti pensare a Medellín (1968),a Puebla (1979) e più recentemente ad Aparecida (2007). La Chiesa sudamericana ha una maturità propria che ha qualcosa da dire al mondo e che il mondo ascolta volentieri. È una Chiesa che ha imparato a donare a partire dalla sua povertà e questa è una novità evangelica bellissima. Il riconoscimento del martirio è una condizione immensamente maggiore rispetto all’avere un Ministro generale o un Papa. Non c’è paragone! Il martirio parla di una convinzione coronata dal dono totale della vita, come fece Gesù sulla croce. Sia ben chiaro: non dobbiamo peccare di orgoglio perché abbiamo un martire, sarebbe stato preferibile che non fosse mai stato ucciso. Dobbiamo però apprezzare che qualcuno abbia creduto fino alla fine e abbia dato tutto per la sua fede in Cristo. Quello che unisce i fatti che hai citato, secondo me è il credere nel messaggio di Gesù. Il martire è un credente fino alle ultime conseguenze.
L’Ordine continuerà a promuovere le missioni? In che modo si può dare loro più forza e spinta? Si! Continueremo a sostenere le missioni. Il miglior modo di sostenerle è il lavorare insieme, unendo le forze. Non siamo un Ordine molto grande, però abbiamo una grande ricchezza storica, umana e spirituale. Cercheremo di rivitalizzare la missione unendo le forze, promovendo la creatività, valorizzando le esperienze e tutto ciò che già abbiamo. Cercheremo anche di far nascere realtà nuove.
Argomenti come maschilismo e clericalismo nella famiglia francescana: luci, ombre e sfide. Sono situazioni che esistono, sì, sono reali! Bisogna pertanto trasformarle. Noi francescani siamo una grande famiglia. E una signora francescana secolare, che magari vive in un piccolo paese in qualcuna delle tante nazioni povere del mondo, non è meno francescana di un Ministro generale del primo Ordine: entrambi sono ugualmente francescani e appartenenti alla stessa famiglia. Siamo tutti uguali nel carisma, anche se con legami istituzionali diversi. L’uguaglianza nel carisma, l’integrazione e la partecipazione sono aspetti da far crescere nella famiglia francescana. In alcune regioni del mondo le cose vanno meglio. Ma bisogna trovare spazi nei quali essere alla pari, trattandoci da uguale a uguale. Ci sono distinzioni che non sono costruttive, che non arricchiscono il carisma.
Che ammonizione farebbe san Francesco ai suoi frati oggi? O, per dirla in altro modo, quale delle ammonizioni di san Francesco è la più attuale? L’ammonizione XVI, quella che parla della purezza del cuore: «Veramente puri di cuore sono coloro che disdegnano le cose terrene e cercano le cose celesti, e non cessano mai di adorare e vedere il Signore Dio, vivo e vero, con cuore e animo puro». È un’esortazione a essere trasparenti e puliti di cuore in tutto, ossia a lasciarci «abitare» nei modi e nei criteri dal Signore Gesù. E penso che l’ammonizione che oggi Francesco pronuncerebbe è la stessa che fece a lui un contadino: «Spero che tu sia come la gente dice che sei». Un invito cioè a essere autentici. A dire il vero lo siamo, in buona misura, ma l’esortazione andrebbe letta nel senso di non avere paura di ritornare all’originalità del Vangelo, perché quanto più lo facciamo tanto più francescani saremo.
E ora qualche domanda «secca», qualche curiosità che ci dica ancora di più chi sei. Tua mamma Juana sarà molto felice e orgogliosa, guardandoti dal cielo. Sì! Ma sicuramente la prima cosa che avrebbe fatto se fosse qui sarebbe stata rimproverarmi. Mi avrebbe detto: «Uhhh, continuerai a viaggiare e a stancarti!».
Che musica ti piace? La melodica più che la ritmica: può essere classica, tango o folkloristica. Melodia semplice.
La tua squadra di calcio? Boca Juniors.
Il tuo piatto preferito? La pasta.
Il miglior libro che hai letto in vita tua? Escludendo la Bibbia, il Martín Fierro, senza dubbio: saggezza come frutto della contemplazione dell’essere umano, della storia, dell’ambiente…
Il miglior film? Un classico: Tempi moderni.
Uno scrittore che ti piace molto? Gabriel García Márquez.
Il tuo pittore preferito? Caravaggio!
L’intervista è giunta al termine. Ma prima di salutarci vogliamo condividere con fra Carlos, con tutti i francescani e con tutti i lettori una benedizione:
Benedizione
Dio ti benedica Faccia percepire la sua grazia nella tua vita
Conceda luce trasparente al tuo sguardo Gioia di cristallo al tuo sorriso Armonia ai tuoi passi Umore ai tuoi giorni Pace al tuo sonno Serenità nei confronti del tuo passato Pienezza al tuo presente Speranza verso il tuo futuro
Il Signore ti doni il rispetto del tuo nome da parte degli altri E quando non ce l’avrai doni fortezza e saggezza al tuo cuore
Ti doni pure di vedere la fecondità del tuo camminare sulla terra
Il Signore t’illumini con la libertà di frate Francesco Con la ferma convinzione di sorella Chiara Con la lucida intelligenza di frate Antonio
Dio ti benedica Con la bellezza del suo amore paterno Con l’amicizia del suo Figlio Con l’assistenza del suo Spirito E anche con la povertà della mia preghiera e con la tremante fragilità delle mie mani.
Amen