Ricominciare dai libri
Con una zazzera di un biondo che rasenta il bianco e un trucco perfetto, la bellezza di Francesca ha un fascino sartoriale, quasi tecnologico: se dovessi immaginare una ragazza venuta dal futuro sarebbe come lei. Francesca, però, non viene dal futuro, ma dal presente difficile delle Marche, come la sua compagna Silvia: una di Matelica e l’altra di Visso (MC), sanno cos’è il terremoto sulla pelle propria e dei loro cari, molti dei quali ancora sfollati lungo la costa in attesa che l’agibilità delle loro case venga ripristinata. Le ho incontrate alla Fiera della piccola e media editoria di Roma, un appuntamento che ogni anno raduna i lettori e gli addetti ai lavori intorno alle piccole etichette editoriali indipendenti. Ma non sono arrivata a loro per caso; da settimane sentivo raccontare la storia di queste due ragazze che si sono messe in testa, a dispetto delle lentezze burocratiche delle istituzioni, di ricostruire qualcosa delle loro comunità ferite. Non è facile, perché lo sradicamento dalle case pericolanti porta con sé una destabilizzazione dei rapporti che è difficile immaginare, se non ci si è passati. «Il vero terremoto comincia quando la terra smette di tremare – ripete instancabile la scrittrice marchigiana Loredana Lipperini – perché i media raccontano volentieri le macerie, specie se clamorose, ma molto meno volentieri le vite spezzate delle persone, specie nel loro quotidiano».
Passate le scosse forti, noi che il terremoto lo abbiamo visto solo in tv possiamo avere la percezione che in luoghi come Visso, quasi completamente distrutti dal sisma, sia passato anche il pericolo e che si possa tornare a parlare di normalità. Ma quale normalità è possibile, se hai lasciato le tue cose e i tuoi ricordi sotto i frantumi della storia del tuo paese e dormi da parenti o in una pensione a centinaia di chilometri da quella che chiamavi casa tua? Se è vero che gli spazi generano comportamenti, i luoghi feriti generano ferite anche tra le persone, che non si incontrano più negli spazi comuni e familiari delle piazze in cui sono cresciute e perdono pian piano anche la forza di pensarsi come una comunità, con le sue appartenenze e i suoi piccoli riti ciclici. Non c’è più la festa del patrono, perché è venuta giù la chiesa. Non c’è più la scuola né il bar all’angolo, non ci sono più la strada principale che avresti rifatto a occhi chiusi tanto bene la conoscevi, né le case familiari del centro storico. Nessuno è più lì a guardare il modo in cui la luce in inverno taglia le ombre nel giardino comunale, perché l’architrave che reggeva il senso di appartenenza è spezzato in modo più radicale delle pur preziose mura ora pericolanti. La paura del terremoto viene sostituita da quella di non tornare mai a casa, di non rivedere i propri luoghi ricostruiti.
Le frasi in bocca ai marchigiani sfollati sono sempre le stesse, in bilico tra rabbia e sconforto: «La ricostruzione costa troppo», «Ci stanno lasciando soli», «Non gliene importa niente se non torniamo, anzi stanno aspettando che ci auto-organizziamo altrove per dire che ormai di ricostruire non vale più la pena». Anche Francesca e Silvia, che ha i genitori fuori dalla sua casa natale, queste frasi le hanno sentite e forse qualche volta le hanno anche pensate. Poi, però, hanno deciso di cominciare a fare qualcosa, a partire dal loro mestiere e dal loro vissuto. Sono due donne di libri – nelle Marche hanno una libreria ed è loro anche il piccolo marchio editoriale Hacca – e per questo è stato naturale provare a ripartire dai libri, immaginando una biblioteca itinerante per gli sfollati che tenesse insieme un minimo di relazioni tra gli abitanti di Visso grazie al gioco dei prestiti e delle restituzioni. Partendo da una condizione di sfollamento e delocalizzazione, il sogno è però quello di tornare a leggere storie in un paese nuovamente abitato, nella cui biblioteca venuta giù erano custoditi i Sonetti autografi di Leopardi.
Proprio prendendo spunto dalla poesia L’infinito, Francesca e Silvia hanno chiamato il loro progetto «Futuro Infinito» e hanno lanciato un appello dai microfoni di «Fahrenheit», la trasmissione di Radio3, chiedendo a chiunque volesse contribuire, l’invio di volumi in dono, per cominciare a farli circolare. La risposta è stata insperata. In poche settimane sono arrivati più di mille libri da ogni parte d’Italia: case editrici, classi scolastiche con i loro insegnanti e semplici lettori hanno scelto storie dedicate al tema dell’utopia, delle favole e dei sogni e le hanno spedite con una dedica. «C’è stata una generosità fantastica e molte persone vorrebbero spedirne ancora – mi racconta Francesca –, ma per ora non servono altri libri: quel che servirebbe è un vecchio camper o un pulmino di seconda mano per farli circolare lungo la costa, perché gli abitanti sono sparsi anche a molti chilometri di distanza. Per ora ci spostiamo con le auto e chiediamo alle persone di ospitare i libri a turno in casa propria, ma una vera biblioteca ambulante sarebbe ideale e consentirebbe di fare anche l’animazione alla lettura per i più piccoli». Nella speranza che una fondazione o un generoso privato decidano di finanziare il mantenimento di un mezzo adeguato a questo piccolo sogno, Francesca e Silvia non smettono di credere che la storia di Visso possa ripartire da quei mille libri, mille storie di utopia passate di mano in mano per non dimenticare di avere una storia in comune.